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domenica 1 aprile 2012

MAGNIFICA PRESENZA di Ferzan Ozpetek



Il siciliano Pietro (Elio Germano) abita a Roma assieme alla cugina Maria (Paola Minaccioni) ma trova una casa d'occasione nel quartiere di Monteverde vecchio dove trasferirsi da solo, un appartamento buono perrisvegliarsi, crescere e sognareed eventualmente aspettare che venga a farti visita qualcuno con cui consumare una buona cena a lume di candela; peccato che il prezzo abbordabile nasconda un gruppo di fantasmi (la compagnia teatrale “Apollonio”) costretto inspiegabilmente tra quelle mura fin dal lontano 1943 e con cui Pietro non solo finirà per parlare e passare del tempo ma dai quali accetterà, presto e di buon grado, persino consigli e suggerimenti...

Magnifica presenzaci apre allincontro con un Ferzan Ozpetek particolarmente libero ed ispirato e pure molto ardito, al punto di metter letteralmente a convivere sotto lo stesso tettoil passato ed il presente”, adottando una soluzione di sceneggiatura davvero singolare ed affidandosi per la messa in opera di questa ad un ottimo Elio Germano ed un insieme di “strane presenze” interpretate tra gli altri da Beppe Fiorello e Margherita Buy.

Da sempre molto personale nei suoi film, Ozpetek piùdi altre volte in questa occasione pare non preoccuparsi affatto di esser prudente e corre consapevolmente il pericolo di perder le redini del suo lavoro, che difatti, specie nella prima parte, pare mostrare una attitudine congenita aldepistaggioo tendere a smarrire la strada, fino a farci temere di finire nella vasta schiera dei lavori irrisolti.

In realtà la scelta a monte sarebbe quella di provare agiocare la partitaprivilegiando il versante emozionale anziché preoccupandosi davvero dei dettagli sulla plausibilità o meno del procedere narrativo; difatti, non per caso ma per una riuscita ed originale costruzione strategica del racconto, lo spettatore è spesso portato ad assumere quasi il ruolo di unpartner empatico”, rimane invischiato tra strane sensazioni di vecchie confidenze con cose e personaggi che gli si insinuano accanto e, andando avanti, comincia a percepire anche situazioni davvero assurde sempre più come incredibilmente familiari, mentre tuttintorno una inspiegabile vena di ottimismo carsico sembra pacificamente farsi strada.

Per chi provasse a lasciare andare un pochino il freno, “Magnifica presenza” potrebbe a tratti quasi assumere i connotati di un gioco che chiama in causa la sua interazione, quasi invitandolo ad abbandonare il ruolo passivo e cercando di coinvolgerlo in una sorta diemulazione cerebralecon il/i protagonista/i.

Nel contesto appena descritto diviene difficile distinguere al riparo dei dubbi quali siano i messaggi in chiaroscuro che si possano ascrivere a questa pellicola; altrettanto complicato ricomporre ogni frammento del racconto avendo la pretesa di intendere perfettamente ogni particolare, ma questo è il classico dazio che, ben volentieri, si trovano a pagare certe storie che decidono di spingere sul terreno ondivago delle suggestioni piuche sulla mera sostanza del racconto.

Comunque in “Magnifica presenza” ci pare brilli limpido almeno il tema del superamento delle preoccupazioni della vita donandosi con fiducia agli altri e sembrano evidenti le sottolineature al riguardo del passato che imbriglia il presente, almeno fino al momento in cui il primo non trovi una soluzione definitiva ai suoi sospesi, tematica questa rappresentata piuttosto chiaramente in chiave di metafora attraverso la figura dei fantasmi bloccati e prigionieri.

Si avverte una grande dedizione da parte di Ozpetek per questo film assai difficile da incasellare, meravigliosamente distante da abusati stereotipi e convenzioni narrative ed in grado di realizzare un connubio di assurdo ed autentico, dove ad ogni passo lincrocio di realtà e FINZIONE diviene inestricabile.

Anche gli istinti più irreali o surreali che albergano la storia vengonodomatitrovando per loro uno spazio che abbia la misura adatta ad ospitarli (ne è un esempio il mondo parallelo dei travestiti dove regna la misteriosabadessaPlatinette/Mauro Coruzzi); altrettanto accade per le solite figure “minori e diversealle quali il regista turco adora concedere il primo piano, desiderando forse preparargli, con la rappresentazione impressa ogni volta da un suo nuovo lavoro, un posto accogliente in una futuribile realtà.

Si arriva così al finale, dove non tutto chiude come dovrebbe e forse c’è un briciolo di velleità di troppo nel cercare di risolvere le questioni sospese con troppa fretta e affidando il compito alle sole parole, cosa che in un racconto dalle sfumature soprattutto viscerali sembra assumere il tono di una imperfezione.

Labbracciolargo di Ozpetek rimane però lodevole e generoso, così come lo sforzo di provare - e tutto sommato riuscire - a tenere insieme nella stessa storia situazioni e personaggi davvero eterogenei comeladulto-bambinoche gioca alle figurine (del Risorgimento!) eladulto-travestito”, di notte a passeggio per le strade e di giorno distinto gioielliere; brillano in un teatro di ieri “riverberi” di tradimenti, divise naziste ed eroismi partigiani che vengono direttamente dalla Seconda Guerra Mondiale mentre è invece oggi lomaggio tra le righe al teatro Valle (occupato) di Roma; c'è una finestra in internet che getta un ponte dal passato fino alla lontana Turchia dei giorni nostri ed un pizzico di orgoglio patriottico allombra di Garibaldi per esortare al coraggio ed alla dignità nel nostro presente: tutti elementi che appartengono ad un film che profuma diumano, d'amore ed amare in senso universale ma che potrebbero procurare allo spettatore disorientamento, magari dolcemente o violentemente sorprenderlo così come metterlo in ambasce mentre a fatica tenta di tenere assieme i vari filoni narrativi del film.

Ma alla fine, se si accettano le trascurabili sbavature, limpresa sembra riuscire e, tanto i sogni quanto la realtà, ne escono rinvigoriti... anzi: “immortalati e sorpresinel naturale crogiuolo del cinema ed al loro perfetto stato di fusione.

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