Ron
Woodroof (Matthew McConaughey) è un elettricista che vive le sue
giornate affaccendato tra rodei e scommesse, cercando di far cadere
le donne nel suo letto ed ingurgitando droghe, assieme a generose
sorsate di alcool.
Poi
un bel giorno crolla in terra e i medici dell'ospedale
gli dicono che, per esser ancora vivo, il numero dei suoi
linfociti è sorprendentemente poco nutrito, che ha contratto il
virus dell' “H.I.V.” ed ha “trenta giorni al massimo per
sistemare le sue cose”.
E'
il 1985 e le cure ufficiali a disposizione sono poco più che un
placebo; in alternativa è possibile sottoporsi a sperimentazioni
rischiose (se non addirittura dannose, come quella con l’antivirale’
“AZT”).
Ron
però è quel tipo di uomo che ritiene sia meglio “morire con gli
stivali” addosso piuttosto che andarsene un po' alla volta,
attaccato ad una flebo di morfina; così comincia ad erodere
velocemente il terreno della sua scarsa conoscenza e con grande
ingegno e forza d'animo lotta per guadagnarsi anni “supplementari”
di vita (vivrà fino al settembre del 1992), trovando il modo
di procacciarsi per proprio conto delle medicine in grado di
garantirgli la sopravvivenza e cure efficaci.
“Dallas
Buyers Club” di Jean-Marc Vallèe è tratto da una storia vera
ed ha come protagonista un Matthew McConaughey talmente innamorato e
“devoto” alla sceneggiatura (di Craig Borten e Melisa Wallack) da
essersi sottoposto per mesi ad una dieta ferrea, dimagrendo oltre
venti chili per divenire estremamente credibile nel suo ruolo.
La
gestazione del film non è stata esente da grandi difficoltà:
prima di trovare qualcuno disposto a metter a disposizione i cinque
milioni di dollari necessari a produrre la pellicola si sono
succeduti oltre un centinaio di rifiuti, dovuti forse alla scomodità
della tematica, che racconta gli inizi del dilagare dell’ A.I.D.S.
come “paura di massa” (il 1985 è l’anno in cui morì Rock
Hudson) ed i loschi interessi delle case farmaceutiche connessi
all'estendersi del virus.
L'
“angelo salvatore” di Woodroof vive in messico e veste i panni
di un medico radiato dall'albo tre anni prima. Contemporaneamente
negli U.S.A., a far da sfondo alla storia, vediamo prodursi in un
“balletto mortale” - sulla pelle di pazienti valutati “diecimila
dollari l'anno” - la “Food and Drug Administration” e le grandi
aziende in competizione nell'accaparrarsi i profitti derivanti dall'
enorme “business della cura”.
Viaggiando
tra Giappone ed Israele, dalla Cina ad Amsterdam e seguendo l'esempio
di altri che l'hanno preceduto in Florida ed a New York, Ron
metterà in piedi, tra varie difficoltà, un “club di compratori”
(cittadini-malati si iscrivono e diventano soci, conseguendo il
diritto a ricevere un kit di farmaci pro-capite)
Diventerà
di fatto uno “spacciatore illegale di medicine”, ovvero
guadagnerà denaro salvando al tempo stesso vite umane – numerosi
saranno coloro che verificheranno l'efficacia delle cure –
muovendosi al limitare di una legge commista a troppi interessi,
semplicemente priva di buon senso o del più elementare rispetto
verso i suoi cittadini.
Assieme
a Rayon (Jared Leto), un travestito conosciuto in ospedale, Ron
supererà di gran lunga la soglia dei “trenta giorni” (ed anche
gran parte dei suoi pregiudizi omofobi da bullo maschilista) e
riuscirà ancora una volta a cavalcare un toro, a bere una birra o
portare una donna a cena davanti ad un buon bicchiere di vino,
conquistando preziosi scampoli di vita e felicità che sembravano
essergli preclusi per sempre.
“Dallas
Buyers Club ha una sua forza viva anzitutto nella prova di Ron e
Rayon, i suoi emaciati e consunti protagonisti , che sprizzano
piccole scintille di buon cinema fin dal loro incontro tra i letti
dell'ospedale.
Con
buon senso d'equilibrio Vallèe riesce a tenere a bada gli eccessi
del prorompente e rinato McConaughey (una vera e propria seconda
carriera dopo il “Killer Joe” di Friedkin) ed anche a non
enfatizzare troppo la parte del racconto che riguarda i grandi
interessi di denaro, puntando più sulle sfumature umane che non
sulle invettive accusatorie, politiche ed economiche.
Poggiando
molto sulla figura di un “santo e truffatore” come quella di
Woodroof - e senza tentare di volerne smussare i lati meno
edificanti - il risultato finale risulta “sporco” al punto giusto
e privo di “facili lacrime” e sdolcinature.
“Dallas
Buyers Club” è un film che usa il cinema anche come veicolo
d'informazione e di denuncia, ponendo efficacemente l’accento
su come, irresponsabilmente, “piccoli e grandi avvoltoi” di varia
stazza releghino in secondo piano la vita delle persone al fine di
raggiungere i propri interessi.
Valleè
non disdegna di regalarci una “carezza” in mezzo a tanta
spregiudicatezza e sofferenza: occupa lo spazio di appena pochi
secondi ma è piacevolmente evocativa un'immagine che vede stringere
il campo su McConaughey, esitante nella penombra di luci artificiali
e soffuse, mentre annusa la vita ed è circondato dal battito
d'ali di mille farfalle.