Dai
cassetti di Hayao Miyazaki, colmi di preziosi lavori d'animazione,
ecco rispolverato per le nostre sale questo “Laputa – Il Castello
nel cielo”, prima produzione indipendente del maestro nipponico
con il suo studio Ghibli e che pare non risentire affatto di esser
datata un quarto di secolo addietro (1986).
Fin
da prima dei titoli iniziali veniamo immersi immediatamente
nell'avventura piu' pura e fantasiosa, vediamo gigantesche
aeronavi prese d'assalto da meccanici “coleotteri volanti” per
poi proseguire con il più classico degli inseguimenti tra treni su
rotaia ed automobili di filato nella scia del suo vapore, e se questo
non vi bastasse sappiate che coinvolti in tutto questo “bailamme”
ci sono “golem/robot”, pirati, esercito e persino servizi
segreti e speciali agli ordini del governo!
Il
centro della storia però, neanche a dirlo, è dominato da due
bambini, una principessa inizialmente poco consapevole
dell'importanza del suo ruolo di nome Sheeta ed un piccolo minatore
di nome Pazo.
Con
l'aiuto di una bislacca nonnina (mammina...o capitano! Una femmina
piuttosto audace dalle treccine rosa...) e della strampalata ciurma
ai suoi ordini, i due protagonisti partiranno alla scoperta della
città volante e misteriosa di Laputa.
Le
coordinate da seguire, oltre ad una speciale “luce sacrale” che
scaturisce da un preziosissimo cristallo di “aeropietra” verranno
fornite dal sole, dalle stagioni della falciatura e dai venti
alisei.
E
qui Miyazaki rivelava già molto del suo modo di intendere la vita e
di ricrearne i punti chiave negli universi di fantasia da lui
partoriti.
“Laputa
– Il castello nel cielo” è già colmo di tutto quanto sarà
fondamenta irrinunciabile in quasi tutti i lavori che seguiranno, a
partire da un evidente interesse, peraltro molto in anticipo sui
tempi generali, per le questioni ecologiche:
i paesaggi grigi dei minatori all'ombra di ciminiere sporche di
fuliggine contrastano con il “paradiso volante” scrigno di una
natura perduta e costantemente minacciata dall'uomo e che si protegge
con simboliche e gigantesche radici oltre che misteriosi e
“metallici custodi giardinieri” che sulle spalle hanno muschio,
erba e buffi animaletti scodinzolanti.
In
questa “Atlantide” nascosta tra le nuvole, una volta che vi fa la
sua comparsa, l'unica forma vivente fuori posto sembra essere proprio
l'uomo, sempre proteso verso la distruzione o il saccheggio,
stolto a dismisura da ignorare il miracoloso ritrovamento di una
bellezza inestimabile ed impegnato solo nell'avido accaparramento di
metalli preziosi quanto inutili.
Miyazaki
ne sottolinea la sua rozzezza, la incarna soprattutto nelle divise
dell'esercito in un chiaro messaggio antimilitarista per quanto puo'
veicolarlo un cartone animato e lascia invece che si possa
biasimare la brama smisurata del potere e la cecità dell'essere
umano nell'antagonista principale di questa avventura, un personaggio
indecifrabile chiamato Musko.
Non
è necessario sapere molto altro e corre l'obbligo senz'altro di
terminare la conoscenza con questa storia affascinante e fantastica
al cinema, passeggiando a piedi nudi tra nuvole e stelle ed a
stretto contatto con i suoi protagonisti.
Miyazaki
saprà ammaliarvi non solo con le sue incantevoli “matite
sognanti” all'apice della creatività e capaci di lasciare di
stucco gli innumerevoli studi digitali privi di vera “libera
immaginazione”, ma addirittura vi rapirà con piccoli fascinosi
intervalli silenziosi o solamente con il sibilo del vento in
sottofondo.
La
natura riuscirà – come anche strenuamente fa nella realtà – a
difendere la devastazione della sua immortale bellezza e respingerà
la furia distruttrice ed insensata dell'uomo.
Riscoprirete,
se lo avete dimenticato, che per volare basta un aquilone (che quando
atterra poggia delicatamente al suolo giusto su un nido di uova...) e
per rendere piu' armoniosa la vita è sufficiente una figura
femminile in cucina, così che anche pelar patate torni ad essere
una festa, e troverete conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno,
che solo l'innocenza può esser degna di qualunque tipo di
paradiso...
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