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mercoledì 4 novembre 2009

LEBANON di Samuel Maoz


Le “guerre infinite” del nostro tempo  generano reduci in cerca di “catartico conforto”…
Il cinema, terra accogliente per tutti ed anche per questi “profughi di se stessi, disperati e senza pace”, mette a disposizione quello “che puo’ “ assieme a quello “che deve”…

Dopo “Valzer con Bashir”,  il capolavoro di Ari Folman, l’Israeliano Samuel Maoz ed il suo “Lebanon” sono gli ultimi di questi “figli in fuga” che molti fratelli ancora saranno costretti amaramente a salutare e conoscere…

La pellicola è quasi interamente confinata all’interno di un carro armato dentro il  quale quattro inesperti soldati dell’esercito Sionista (Hassi, Hertzel, Shmulik e Yigal) vivono il loro incontro con la realtà feroce del primo giorno di guerra…..

1982….Libano….una delle ineasauribili pagine del conflitto Israelo-Palestinese….
Ma qui non è dell’odio che si racconta ma dell’assurda ed infernale condizione che è un “teatro di guerra”…

Traballanti cigolii….rumori di ferraglia….movimenti bruschi del puntatore…si procede per “ripulire gli avanzi” (…!!!...) che l’aviazione ha “lasciato” in città….
…..sarà un terrorista imbottito di esplosivo o un innocuo allevatore di polli quello che si materializza nell’incertezza dell’orizzonte?.... Impossibile rispondere anticipatamente all’aver “compiuto” il proprio “dovere” (….)…..  la coscienza andrà comunque in frantumi consequenzialmente alle  azioni eseguite o mancate, ai  bersagli colpiti o “graziati”… Gli indugi, i dubbi  e le  ansie potranno in ogni caso generare morte e distruzione tra le fila “amiche o nemiche”…è l’interdipendenza ineluttabile dei fatti di un  conflitto a fuoco….

Vomito, paura, morte…

Un lenzuolo copre il corpo nudo di una donna che cerca la sua bambina ma non il suo volto perduto e disperato…impossibile nascondere il dolore e la miseria tra gli spari,  i bagliori e i fuochi della guerra che si “clonano” rapidamente e senza sosta…

Piani e tempi precisi da rispettare…. Se ne fa beffe la mutevolezza imperfetta delle “cose” che alberga dentro lo scorrere del tempo e nel destino”….dritti verso l’hotel “St.Tropez”….e “non” sarà una passeggiata…

“…improvvisate nei momenti di difficoltà, liberate la vostra creatività…”

Se dall’inferno non si puo’ evacuare si evade allora nei ricordi…si torna indietro, si “invade” e ci si accampa con disperazione nell’unico residuo spazio della mente che ancora offre un qualche riparo… odore di “sesso e capelli” (ma anche dolore, però stavolta “familiare”…) per sopravvivere al presente senza luce di una cabina sporca e puzzolente, una maleodorante prigione viaggiante… forse è la maledizione di Dio per gli uomini in terra…

“Angeli”…”Uccelli predatori”….”Rinoceronti”…

Musica nel buio della notte dove a tentoni si procede verso un ignoto da incubo che ben presto si materializzerà in angosciante realtà…
Si piange come bambini disperati….si, certo: si invoca  mamma…

Anche aiutare a pisciare dentro una lurida cassetta di metallo un prigioniero Siriano è uno sconfinato atto di umanità in alcuni frangenti…. Un attimo prima era abbandonato  alla sua angoscia ed alle sue urla in una lingua indecifrabile, al  terrore generato dalle spietate promesse di tortura  di un Arabo Falangista Cristiano che “odora” la sua preda….un pugno allo stomaco terribile…un incubo che per noi, “solo per noi” durerà meno di un minuto…

Per noi è cinema e non guerra…Racconto e non vita tangibile….

“L’uomo è d’acciaio, il carro armato è solo ferraglia”….E’ questa la verità?...

…eppure i “passeggeri” lo vorrebbero vedere esanime il loro “compagno cingolato”, ma lui “sbuffa” ed emette ancora un respiro… o forse un rantolio sinistro e malefico che annuncia disgrazie ancora peggiori….e si prosegue!...
Verso la morte con sapone, rasoio e pennello: via la barba….rimane la follia…

Film toccante e per lunghi tratti claustrofobico questo “Lebanon” di Samuel Maoz, degno Leone d’Oro all’ultimo Festival di Venezia.
Il “reduce/regista” (all’esordio…) costringe la pellicola nel buio e ristretto spazio dell’abitacolo di un carro armato, lasciando alla soggettiva  del mirino il compito di indagare l’allucinante esterno, eppure, nonostante il “confino” angusto e limitato, Maoz trova la maniera di illuminare il procedere del suo lavoro anche con qualche guizzo di eleganza e di stile, non “solo” sostanza…
Gocce d’acqua e sangue…fumo e sigarette…ravvicinate panoramiche delle sudice pareti del carro armato…

Non c’è cameratismo in primo piano e neppure niente altro delle assi portanti dell’ideologia militare….solo panico, nervosismo distruttivo, terrore…mai un attimo di distensione….e d’altro canto non si troverebbe uno spazio plausibile dove inserirlo…

C’è la pietà ma nessun colore dell’universo in questi fotogrammi….

….”Dai girasoli fino ai girasoli” niente di “assolutorio”… nessuna giustificazione…solo tanta desolazione, incomprensibile distruzione….

L’essere umano è una figura minore e di poco conto, relegata in secondo piano tra le rovine della lucida pazzia verso la quale, purtroppo, continuiamo ciechi a procedere incontro….

lunedì 26 ottobre 2009

UP di Pete Docter e Bob Peterson


Assolutamente non perdete questa nuova “meraviglia” dello studio Pixar , artisti che sanno fondere con maestria, unica ad oggi, digitale e pixel assieme alle  umane carni, le gioie e i dolori…..

Carl, il bambino, guarda rapito le avventure dell’ambiguo esploratore Charles Mans al CineGiornale e seguendo “il filo invisibile” dello spirito d’avventura (e del cuore…) “trova” Ellie… il loro primo incontro sarà esilarante e finirà in breve interrotto dalla sirena urlante dell’ambulanza. Ma il destino li ha oramai “uniti”, da grandi si sposeranno e passeranno tutta una vita assieme….

Prestate la massima attenzione agli “straordinari cinque minuti” con i quali viene passato in rassegna tutto il percorso della loro vita, che stiano stesi trasognati a guardar nuvole multiformi o tra le “diverse” pene degli ospedali, il tutto descritto sempre  con un tocco davvero magico ed una leggerezza incantevole, addirittura commovente… senza neanche l’aiuto di una sola parola!

….Rimane poi solo Carl, ed ora è un povero vecchio, ovvero il signor Fredricksen: la sua casa è accerchiata dalla speculazione edilizia, la televisione gli parla di una tecnologia lontana e senz’anima e qualcuno vorrebbe rinchiuderlo in un centro per anziani, ma prima che la minaccia dell’ospizio anneghi l’ultima residua  voglia di vivere, una vibrante “esplosione di palloncini” multicolore solleva in volo la sua esistenza e “libera” la strada maestra dei sogni ….

Qui comincia “l’avventura” e la pellicola spicca il salto verso il cuore del racconto…
…e qui mi fermo perché “UP” lo dovete assolutamente scoprire per vostro conto, senza che nessuna “sorpresa” vi venga svelata in anticipo…
Sappiate ancora solo che ad accompagnare Carl ci sarà Russel, un giovane bambino scout dagli occhi a mandorla, simpatico e cicciotello, formando così una coppia che ricorda di molto la “matrice” del recente “Gran Torino” di Eastwood: vecchio scorbutico, divario generazionale, rapporto multi-etnico, il tutto sciolto pian piano da un  denso calore umano…

“UP” emoziona maggiormente con la “verità della vita” piuttosto che con le esplosioni di fantasia, viene a rimarcare una volta di piu’ ad una “platea universale”, grandi e piccini, che basta aver la forza di partire per trovarsi giusto “dritti” a destinazione…certo, magari bisogna metterci un pochino di fatica, di coraggio, passione…impegno e trasporto…
Tutto nel film è strutturato a base di “solida realtà ed emozione”, anche se presentato in una forma avvincente e che rapisce l’occhio (…e per fortuna!!!...) …l’avversione alla modernità e la tecnologia (latente ma ben visibile nel film…) potrebbe sembrare contraddittoria ma in realtà e solo consequenziale…

Si punta sulla natura e la sua bellezza  selvaggia, “pericolosa ma affascinante e prodiga di sorprese”, come pure su quella dell’istinto di “cani costretti a parlare e ad innaturali missioni” ma che appena vedono una palletta da tennis schizzano a raccoglierla per riportarla indietro a chi l’ha lanciata.
C’è pure  un “beccaccino gigante” ovvero “uno struzzo in technicolor” (…Kevin…) e duelli a colpi di spada, bastone e dentiera, insomma un “tripudio di vitalità geriatrica”, ed un “insolito ingombro volante” da portare a spasso appeso al polso, come fosse un palloncino….
Ma se lo spirito d’avventura si libra leggero nell’aria lo si deve non agli spettacolari inseguimenti tra rocce, fiumi e centinaia di cani (…”pilota”...) da “caccia” (!!!) che braccano i fuggitivi, ma soprattutto all’emozione che solo il cuore e lui soltanto, ancora, dopo una storia secolare, puo’ permettersi di dettare agli uomini sempre piu’ offuscati da opprimenti sub-strati di superfluo….

“Croce sul cuore”….croce sul cuore…

Amore e rispetto, gioia e dolore, ego ed avidità umana, figli cresciuti senza genitori, anziani persi nella solitudine che d’incanto tornano a vivere inaspettate avventure…tutta “concretissima” sostanza appena grattate sotto il velo della fantasia…

Ed una morale che fa un “giro doppio di ritorno”….. dapprima sembra raccontarci “semplicemente” che dobbiamo sempre credere ai nostri sogni,  che non è mai troppo tardi per tentare di realizzarli, fosse anche solo per dedicarli a qualcuno che non c’è piu’….poi, quando i “miti” si sbriciolano e si rivelano per quel che sono e non per quel che sembrano, nel momento in cui il peso dell’egoismo si fa troppo pesante per esser sopportabile, allora si comprende che solo sacrificando con trasporto tutto il nostro essere, compresi i ricordi, si puo’ esser liberi e felici, gettandosi alle spalle la zavorra del passato per tuffarsi nell’unico sogno che non sia fatto di “materia impalpabile” ma di un vissuto vero ed emozionante: la vita…il presente…l’adesso e subito!...

….ovvero gettare “tutto” (…o niente?...) alle ortiche per salvare un “pollo sovrappeso” e l’affetto di un cane ed un bambino…perché è inutile piantare “la bandierina” in cima alla montagna se il viaggio termina tristemente e per sempre su quella cima desolata…

…I sogni aiutano a vivere ma è la vita stessa che alimenta i sogni….

Si, certo….ora verrete tutti a dirmi che lo sapevate e che niente c’è di piu’ banale e scontato….ma se aveste voglia di “ripassare la lezione” che non potremo mai “assimilare a sufficienza”, questa è una delle occasioni migliori per farlo…..correte….correte….….

lunedì 21 settembre 2009

CORALINE E LA PORTA MAGICA (3D) di Henry Selick

Se la Disney da almeno vent’anni a questa parte (se si esclude  qualche felice eccezione….) ha “consapevolmente” sacrificato bellezza “vera”, divertimento e fantasia visiva (della quale un tempo fu “caposcuola”…) sull’altare degli strabordanti incassi delle sale cinematografiche, delle videoteche e del merchandising, riuscendo così nell’impresa di suicidare  il proprio stesso magnifico potenziale mortificandolo in forme di serializzazioni sedicentemente artistiche e buone, al massimo, per lo svago di grandi e piccini, esiste ancora al mondo (e, udite udite, proprio nel cuore della tanto vituperata America sede anche del “diavolo Hollywoodiano”….) qualcuno che rema in direzione ostinata e “maestosamente” contraria…



Il suo nome è Henry Selick, ed alle grandi masse dirà poco, ma i cinefili piu’ attenti,  rimestando fugacemente nei propri ricordi, potrebbero vedere accendersi il lumicino che permetterebbe loro di associare questo “signore” allo splendido “Nightmare before Christmas”, capolavoro partorito a quattro mani diversi anni fa con il genio “infido e sfrenatamente  impavido” di Tim Burton.



Ed allora, pubblico “famelico” ed ansiosamente alla ricerca di piccole gemme da incastonare nella sempre piu’ spinosa “corona del cinema”, non perdete l’occasione che vi si presenta con  questo “Coraline e la porta magica”, geniale ed appassionante favola dallo strutturato sfondo morale, deliziosa quanto angosciante, ma davvero per nulla banale ed anzi incessantemente protesa ad arricchire ogni suo piccolo dettaglio che possa al meglio metaforizzare il piano reale (…da incubo….) del quale è palesemente figlia…



Il sottotitolo “adottato” dalla locandina italiana, “Attenti a quello che desiderate”, già molto sottintende ed al tempo stesso esplicita di quanto troveremo davanti ai nostri occhi dopo, ma è ovviamente ben altra faccenda godere davvero di questa storia semplice, ma tramutata con la bacchetta magica che solo i veri artisti possiedono, attraverso  un generoso insieme di forme, colori ed inesistenti mondi e personaggi paralleli…



Ed è proprio “l’ennesima ma diversissima ed assai originale” dimensione fotocopia il fulcro-campo d’azione che ospita il divenire delle “avventure/disavventure” di questa simpatica bambina, per l’appunto “Coraline” (il suo nome si pronuncia “Coralain” ed è il frutto di un errore di stampa che l’autore del libro dal quale prende le mosse il film, Neil Gaiman, non ha voluto correggere…), la quale  annoiata dal suo quotidiano, carente delle attenzioni di genitori distratti e troppo presi dal lavoro (e dalla “dura vita di tutti i giorni”….) ed illimitatamente curiosa come ben si conviene ad ogni ragazzina della sua tenera età, finisce per cacciarsi tra le braccia di seducenti “altri genitori” in molto simili ai suoi veri, ma, a differenza loro, pronti ad esaudire ogni suo (effimero?...) desiderio, in apparenza assai piu’ fascinosi e reattivi degli originali ma con due inquietanti bottoni al posto degli occhi, e che saranno offerti anche a lei, in cambio delle sue “umanissime pupille”, ben presto e con pericolosa quanto sospetta  insistenza…



Sarebbe deleterio e “cinematograficamente sadico” rovinare la sorpresa a quanti volessero approfittare di questo “dono/pellicola” e continuare a rivelare il procedere del racconto che ognuno provvederà, nel caso, a disvelare per proprio conto…



Ci limiteremo a “segnalare” in maniera magari disordinata, quanto in questo lavoro ci pare degno di attenzione e “potrebbe” titillare i ricettori del vostro gusto, e ad esempio il “solito” (..??..) profluvio di “geniali invenzioni tonificanti per anima ed occhi”, al quale i vari “Anti-Disney” di hanno fortunatamente reso avvezzi,  ovvero, tra le altre cose,  “lampadari che erogano bibite fresche, trenini che trasportano salse dalla tavola verso i piatti dei commensali, cani pipistrello, cani imbalsamati come angioletti e con annessa aureola, cannoni che sparano zucchero filato, finte galline che beccano mais e simultaneamente sparano pop-corn, giardini incantati dove i fiori possono animarsi e giocarti accanto come tentare di divorarti, giochini e piccoli animali teneri ed inoffensivi che si trasformano di colpo in pericolose minacce…. e molto, ma davvero moltissimo altro”….



Animato con “certosina fatica” in tecnica “Stop-motion”, integrata ed “espansa” durante la lavorazione ed anche a posteriori con l’ausilio di moderne ed avanzate tecnologie, e, per chi gradisse l’esperienza, con la possibilità di esser fruita anche in una versione tridimensionale, “Coraline e la porta magica”  è una “metafora tutto sommato parecchio esplicita” del nostro mondo reale (o piuttosto di quello di continuo “virtualmente offerto” a mezzo media tambureggianti…) convenzionalmente comodo, confortevole ed infinitamente ricco di “apparenti” occasioni di felicità per chiunque, e che Selick con “leggerezza assassina e tetra” critica,  smantellandone  “con apparente svagatezza” parecchi dei presunti punti cardine e di attrazione…. Insomma, come si puo’ intuire dalla sintetica enunciazione di  poc’anzi, un racconto fantastico ma con le radici bene affondate nella melma menzognera che invade fin dal mattino ogni giornata che si trastulli nella distorta opulenza che una gran fetta di mondo ha oramai supinamente accettato, in grado senza ombra di dubbio di poter stendere con diversi “ganci” bene assestati qualunque “adulto” che voglia accettare il confronto con se stesso e le contraddizioni che lo accompagnano, ma probabilmente capace anche di intercettare la piu’ candida, prodigiosa e ricettiva sensibilità dei bambini, specie quelli di oggi che, gioco-forza (…e non piu’ “giocando solamente”….), dell’assurdo che inconsapevolmente li circonda, alcune “piccole e scomposte ragioni” sono stati costretti a farsele, a prescindere dai film ed i cartoni alla T.V….



Il messaggio di sintesi del “non tutto è come sembra”, quando questo “tutto” repentinamente muta da “incantevole delizia” a gelido e subdolo territorio “confinato e confinante”, pauroso e fitto di insidie, puo’ presumibilmente insinuarsi anche attraverso lo “strato protettivo” della ingenuità e della mancanza di riferimenti consolidati che spesso difende i piu’ piccoli, e se questo sia salvifico o l’ennesima cattiveria gratuita sbattuta in faccia ai nostri “cuccioli d’uomo” è una domanda che a mio parere è tutto sommato poco ragionevole porsi nel contesto di un disordine perenne e generale quale di fatto è la nostra e la “loro” esistenza…



Insomma, lo avrete di certo “intuito” che “Coraline”  non è una pellicola di quelle da lasciarsi sfuggire, che la libertà espressiva “sfrontata quanto creativa e difforme” che è in grado di offrire sono merce rara e preziosa al tempo d’oggi, così come tutto quel corollario di “buoni bruttini e diversi” (tanto cari anche a Tim Burton, dal quale Selick, nel momento in cui “l’aria si fa cattiva”, mutua anche forme e scenari tetri e sghimbesci, che furono anche di avi del muto come Murnau…) e che sono il pazzerellone Mr. Bobinsky, le grassocce e fuori di testa “Miriam ed April” o il goffo ed impacciato compagno di giochi “Wybie”….e ancora “gatti parlanti (ed audaci e tempestivi quanto dotati di “arguzia e ragione”….), eclissi di luna dietro lo scuro di un bottone, ragnatele che in un attimo si materializzano e divorano tutto, dentro e fuori lo schermo…



Cosa è la felicità e cosa è lecito fare per ottenerla?...

Il mondo dovrebbe esser solo divertimento oppure privato della sua parte di “sofferenza” diverrebbe un vuoto privo di senso e del quale non vorremmo noi stessi per primi il suo protrarsi all’infinito?....

  

Mentre per mano accompagnamo al cinema  i nostri figli, cerchiamo di predisporre noi stessi all’abbandono della presunzione di adulti e tentiamo di recuperare quel poco di innocenza e capacità di evadere che ci resta… riflettiamo pure poi, “magari con leggerezza ma senza sosta”, su quanto sia “cariato dall’interno” il nostro modo di agire e rappresentarci la realtà di ogni giorno, sul sinistro scricchiolio che di tanto in tanto avvertiamo provenire dalle fondamenta del rilucente edificio del nostro vivere, alto ed elegante finchè si vuole ma davvero assai vulnerabile… e pronto a venir giu’ alla prima scossa tellurica che il sismografo del nostro cuore riesca a registrare…

FRANCO – 21 LUGLIO 2009


lunedì 7 settembre 2009

VIDEOCRACY di Erik Gandini


Possono i protagonisti di un esperimento lungo trent’ani riconoscere se stessi nel loro ruolo di “cavie da laboratorio”?... E possono anche riconoscere nello “Stato-paese Italia” il luogo (il “locale” adibito alla ricerca…), vasto ma anche circoscritto, dove procede e non “in vitro”, mutando  forma e sostanza (…) questa aberrante e subdola indagine  circa “il dominio dell’uomo sull’uomo” a mezzo mediatico…??...

Probabilmente (ancora…) no!...

Ed allora, nonostante lo sforzo lucido di Gandini e del suo “Videocracy” il procedere del progetto di imbarbarimento “politico-culturale” televisivamente indottrinato, a casa nostra (ma anche molto piu lontano, purtroppo…) ed all’ombra del ghigno di Silvio Berlusconi puo’ dormire sonni tranquilli.

“Videocracy” rimane  però un documento comunque significativo, importante, interessante,  un tentativo di “spiegare”, partendo da un presunto punto d’origine “zero” individuato in un bar del Nord Italia ridotto a studio televisivo, che decide un giorno di “provare” una diretta a metà  tra “quiz e streap tease casalingo”, come si sia giunti fino alla deriva del “velinismo” dilagante d’oggi e di come questo “sentire” assieme ad altro (molto altro….) si sia trasformato in una fenomenologia complessa, di come questa si sia insinuata talmente sottopelle tramite l’etere ed il tubo catodico da aver subito poi un processo di “normalizzazione” che neanche fa piu’ distinguere il prima dal dopo, ed anzi, il desiderio “imposto” è via via divenuto il “desiderio che si crede di desiderare”….

C’è parecchio  di piu’ in questa “indagine” che prende le mosse da tre prototipi esemplari  quanto imbarazzanti e che sullo sfondo ha sempre il telo scuro del potere (sappiamo bene noi, in Italia, oggi, incarnato e raffigurato da chi…)

Gandini segue come un “filo di Arianna” un ragazzotto del nord, Ricky (…”era”, sarebbe  Riccardo…), un operaio frustrato perché “indotto” (sedotto) in tentazione da un inesistente “pianeta dei desideri” dove lui ambirebbe ad affermarsi come “inquietante” ma molto televisivo incrocio tra Bruce Lee e Ricky Martin e dove invece deve accontentarsi di esser pubblico, spettatore, “claque” che boccheggia tra le sedie di uno studio televisivo ad un passo dai divi che scimmiotta ed ai quali  aspirerebbe quantomeno somigliare ..…da “uomo umano” vorrebbe mutarsi, sempre e per sempre, in “personaggio”….ed allora ecco arrivare il “secondo prototipo” da seguire, l’uomo piu’ “di grido” che in questo campo  di “orripilanti trasformazioni e ufficializzazione dei favori” opera  ed ha successo, Lele Mora, l’agente, colui che coltiva “proto-personaggi” in embrione, ex-UOMINI (…E DONNE, ovviamente…) stanchi di esser tali, e di questi ne “sviluppa le caratteristiche” (le peggiori…) e dalla “corte” della sua residenza in Sardegna dove sono a lui prostrati, in attesa di un segno, li spedisce, carne da denaro e da macello, dove c’è “bisogno”: i “suoi uomini”….li “programma”…li “veste”….li (dis)educa…

Staremmo parlando dell’orrore in terra, a saperlo riconoscere e vedere…

Ma c’è sempre la “degenerazione” e chiude allora questa “trilogia comparativa” Fabrizio Corona, cellula tumorale impazzita di un sistema perfetto, di passaggio in carcere per completare la sua evoluzione da bruco a farfalla e trasformarsi da cacciatore in “felicemente braccato” e che neanche per trenta secondi fuori dall’istituto di pena riesce a stare al di sopra del suo “stile” becero… nel suo studio, dietro alla scrivania, il quadro raffigurante il deposito di Zio Paperone… Ma ha davvero calcolato tutto??...o comunque questo è un mondo che “travolge, si travolge e rinasce e muta di continuo” fagocitando ogni ostacolo, tramutandolo, inglobandolo, asservendo ogni cosa a suo piacimento, mistificando, spandendo nuova luce e nuova tristezza ad ogni passo e dove, giusti o sbagliati che siano gli avvenimenti ed il corso delle cose, tutto diventa denaro e poi poltiglia…liquidità impalpabile…

Video, televisione, donne…..Corpi, muscoli, nudità, potere, soldi e sopra tutto, i “regnanti” che dominano i sudditi….”VIDEOCRAZIA”….

A far di conto infine ed a volerne evidenziare le eventuali pecche o muovere le nostre critiche, Il film di Gandini difetta di una linea guida vera e propria, che dal principio ci conduca sino ad una fine concreta, una conclusione identificabile, il bandolo che sciolga la matassa…. non c’è una vera e propria analisi con dei risultati da esibire, ma probabilmente per una precisa scelta stilistica viene lasciato a  galleggiare ma soprattutto  “emergere” da se tutto un universo di gaglioffi, brutti e ridicoli quanto prepotenti che, compiacente, non vede l’ora di esporsi ed inconsapevolmente mettersi alla berlina in piena autonomia… felicemente “sputtanandosi”…

Lele Mora, “l’omino di burro” nella sua camera bianca e rilucente, tranquillamente gioca con il suo telefonino sul quale scorrono i simboli del Duce e del Fascimo e partono canti nostalgici del ventennio…. Fabrizio Corona sul letto conta le banconote da “500 pezzi”, liscia il suo ego, vanesio come non mai parla di se come di un novello Robin Hood che ruba ai ricchi ed anziché restituire ai poveri tiene la “refurtiva” per se stesso…Ricky trova il suo spazio da “bestia da circo” alfine, nell’ambito di un palinsesto tritacarne (umana) che non disdegna di trasmettere anche ridicoli “talenti incompresi”, incapaci di “comprendere” quanto l’ingranaggio li stia spremendo, succo di limone buono per una botta d’acidità di stomaco e poi via, nel cesso con tutto il resto…

In fila, uno dopo l’altro, si sovrappongono “frame” che raccontano orde di zoom famelici, tetti saturi di antenne, eserciti di telefonini che accompagnano i loro “padroni” nel loro patetico pellegrinaggio da “nuovi schiavi” in Costa Smeralda, a cercare di catturare briciole di fama e autografi stantii o nel tentativo di penetrare impossibili (perché blindati…) varchi verso la notorietà…
120.000 copie l’anno vendute di giornali di Gossip sono oppure no la cifra dello stato politico e culturale di un paese?...

Certo ci sarebbe a mio parere da indagare ben oltre la televisione e l’intrattenimento soporifero, si dovrebbero affondare le mani nel fango non tanto su personaggi estremi, altamente simbolici come quelli sui quali punta l’attenzione Gandini ma forse su quelle altre migliaia che sono convinti di vivere una “presunta” normalità, che aspirare ad un mondo “olografico ed intangibile” sia la via migliore, l’unica addirittura, per raggiungere la felicità, e che mediante la riproposizione di massa continua ed instancabile di questo “modus vivendi”, di questo “sciatto desiderare” che mai arriva a soddisfazione, hanno sottratto campo alla “realtà reale” fino a dare luogo a questa  virtuale… Ma “Videocracy” non ricama, non indaga piu’ di tanto….l’abbiamo già detto…lascia affiorare…molto materiale interessante montato con perizia e dedizione e diversi frammenti che potrebbero ad un occhio acuto ed attento  svelare le ragioni di un “corto circuito senza fine”, nel quale siamo tutti dentro ed a rischio di scossa mortale…. poteva essere di piu’ ma perché pretenderlo?...

Sempre, comunque, costi quel che costi….Sempre APPARIRE…come dire, virtualmente COMPARIRE e in un battito di ciglia, poi, quasi sempre SCOMPARIRE…