Avevamo
lasciato Bruce Wayne/Batman in crisi d’identità mentre veniva
additato come un pericoloso criminale dalla stessa gente che si
sforzava di difendere e lo ritroviamo oggi rinchiuso nel suo “eremo”,
claudicante, mentre anziché vivere passa incerto i suoi giorni in
attesa di riprendere a farlo davvero; tutto questo fino al momento in
cui, succederà di lì a breve, una città intera si ritroverà ad
aspettare con il fiato sospeso che ricompaia sul tetto dei
grattacieli la sua rassicurante sagoma con costume e mantello.
Perché
dalla “setta della ombre” è arrivato chi nelle tenebre ci è
nato ed oggi è venuto a portare la sua minaccia e la sua rabbia non
solo contro Gotham City ma verso tutta la civiltà occidentale: è il
“male necessario” che irrompe e in
un attimo tutto diventa un inferno che letteralmente deflagra dal
sottosuolo – dove da tempo covava - verso la superficie;
la polizia dimentica in un istante la sicurezza ottenuta (solo)
grazie al “Decreto Harvey Dent” e certo adesso non puo’
continuare a trastullarsi dando la caccia a coloro che non
restituiscono i libri alle biblioteche!
Ora
che il futuro è nerissimo si spera soltanto che dal cielo
arrivi, prima possibile, il segno che il Cavaliere Oscuro è tornato
a combattere...
Capitolo
conclusivo della trilogia di Christopher Nolan su Batman, questo “The
Dark Knight Rises” è innanzitutto un film d’azione da bere
tutto d’un fiato: quasi tre
ore di pellicola durante le quali è difficile produrre anche un
solo sbadiglio: ci sono gran gusto del divertimento ed una fantasia
visiva che molto ben si attagliano al tipo di racconto, ancora una
volta scelte assolutamente centrate per “vestire di cinema”
l’eroe dei “DC Comics” creato da Bob Kane.
Ma
uno dei punti di forza è certamente un sottotesto con importanti
riferimenti all’attualità che
va dagli sconquassi prodotti dalla speculazione finanziaria fino alla
rilevanza delle questioni energetiche, passando per il tema della
sicurezza ed i carcerati in tuta rossa stile Guantanamo.
Estremamente
simbolici sono l’attacco al cuore pulsante della finanza ed i
processi sommari che seguono ad una sorta di moderna “presa della
Bastiglia”: nuovi cittadini vessati, aggiornati ai giorni nostri,
arrembano contro il potere che li opprime.
Il
tempio del denaro (e dell’ingiustizia sociale) che viene preso
d’assalto è di fatto un simulacro di Wall Street – ed in questo
caso Gotham City si presta ad esser lo specchio di New York o, se
volete, del mondo intero – e quando il terribile criminale “Bane”
vi farà irruzione più di qualcuno proverà un sottile brivido di
piacere, salvo poi riconoscere più avanti la differenza tra rabbia e
crudeltà.
E’
un sintomatico specchio dei nostri tempi questo “nuovo sentire”,
dove è difficile distinguere e schematizzare la lotta tra il bene ed
il male perchè tutto è molto più complesso e sfaccettato;
non deve destare stupore il sorprenderci a provar simpatia per chi
si muove fuori dai confini di leggi ingiuste, intento a cercare di
colpire al cuore un sistema sempre più minaccioso soprattutto nei
confronti di chi è inerme e non ha possibilità alcuna di reagire,
un meccanismo diabolico ed irrefrenabile a piè sospinto proteso a
fagocitare ogni cosa, vivente o inanimata.
Nolan
riesce a rendere tutto questo non solamente con alcuni - fin troppo -
lampanti richiami nei dialoghi ma anche con una capacità visionaria
sufficientemente suggestiva ed evocativa
– il fiume nero di poliziotti che cammina nelle strade della città
e si prepara allo scontro con il nemico, il bambino che canta l’inno
nazionale nello stadio e l’apocalittico fuoco di fila di esplosioni
visto dall’alto – riuscendo
tra l’altro, senza alcun problema, a fare a meno del suo
eroe/protagonista per quasi una buona metà del suo film.
Il
regista Londinese difatti trattiene anche in questo terzo episodio
il filone spirituale della sua narrazione
e rinchiude nuovamente Wayne/Il Cavaliere oscuro - come nel suo nuovo
inizio cinematografico ovvero “Batman begins”- a confrontarsi
prima ancora che con i suoi nemici in carne ed ossa - e badate bene,
a mani nude - con i demoni che albergano nella sua anima e nella sua
mente: per rivedere la luce non avrà bisogno solamente della sua
furia ma gli sarà necessario finanche dimenticare di esser nato nel
privilegio anziché nell’innocenza (o nel dolore), sarà
fondamentale che affianchi al coraggio la paura, compresa quella
della morte, fino ad affrontarla a viso aperto e senza rete.
Cast
nutritissimo: oltre a Christian
Bale anche
Anne
Hathaway (una Cat Girl “diversa” e mai chiamata con questo nome),
Joseph Gordon-Levitt (arruolato dopo “Inception”), Michael Caine,
Gary Oldman, Marion Cotillard, Tom Hardy e Morgan Freeman.
Cosa
manca a questo “The Dark Knight Rises” per essere un film
perfetto? Probabilmente nulla gli si dovrebbe aggiungere, semmai
qualcosa si potrebbe togliere.
Perché
quel che sminuisce in qualche misura le sue ambizioni è quanto c’è
di superfluo e di “troppo acceso”, ovvero tutta la solita
manfrina di inneschi di bombe e mezzi speciali da combattimento,
oppure il fatto che ogni situazione sia spinta forzatamente fino al
cardiopalma, anche oltre il necessario, e risolta sempre
rigorosamente solo allo scadere del tempo, giusto un attimo prima
della catastrofe totale: ma non si potrebbe, per una volta, “salvare
il mondo” il giorno prima anziché sempre all’ultimo secondo?
Certo,
in un racconto che tramuta in celluloide un super eroe dei fumetti
tutto questo non possiamo derubricarlo come un mero compiacimento
dello spettacolo ed anzi, ci può stare senza problemi, perché
attinente all’universo che vuole ricreare; ma provate ad
immaginare, solo per un istante, quale meraviglia sarebbe riuscire a
“ripulire” la scena dalle inutili abbondanze, sovrapponendoci
l’equilibrio di un regista e di uno sceneggiatore che sapessero
raccordare alla perfezione il mondo di invenzione alla realtà,
sfrondandolo di ogni inefficace esagerazione o troppo luccicante
abbaglio, fino ad operare una fusione ineccepibilmente sublime.
Intimamente
crediamo che potrebbe essere già Nolan l'uomo adatto ad incarnare
entrambi i ruoli, così come sappiamo che probabilmente non se lo
concederà mai, forse perché non lo desidera lui stesso o forse
perché non vogliono coloro che pagano profumatamente il suo lavoro.
Ma
questo magari è solo un rimpianto personale: forse è anzi da
considerare un grandissimo risultato già l’aver coniugato il
cinema d’azione con argomenti di discreto impegno e riflessione,
connettendovi conseguentemente l’ampia platea di riferimento.
Contrordine
dunque: lasciatevi tranquillamente cadere tra le braccia di questo
episodio conclusivo della saga senza timore alcuno di rimanere delusi
ed evitate, per il bene del vostro godimento, di esser troppo
pretenziosi.