L’occhio
scintillante del drago Smaug ci aveva già fatto intuire, lo scorso
Natale, che ci sarebbe toccato di andare a svegliarlo dal suo sonno,
giusto di questi tempi.
Ritroviamo
quindi la bislacca comitiva composta da tredici nani, un Hobbit ed
uno stregone sempre più vicina alla “montagna solitaria” dove
dorme il “tiranno alato”. Per arrivarci dovranno ancora
attraversare un bosco “malato” che divora le menti e nasconde
agli occhi il suo sentiero (Bosco Atro) e poi trovare il modo di
attraversare un lago (…”Lungo”…), non potendo esimersi, nel
frattempo, anche dall’infilarsi dentro botti di legno per
cavalcare fluttuanti rapide di fiume, simili a quelle di un luna
park.
Ovviamente
a sbarrargli la strada ancora i temibili Orchi - è sempre Azog il
profanatore a comandarne le schiere - ed inizialmente anche gli Elfi
Silvani li ostacoleranno, trattenendoli per qualche tempo presso il
“Reame Boscoso”: torna Legolas/Orlando Bloom mentre
Tauriel/Evangeline Lilly è una “Ragazza di fuoco” creata “ad
hoc” per l’occasione. Sarà invece d’aiuto alla “compagnia”,
offrendogli protezione per una notte, lo strano “mutatore di
pelle” chiamato “Beorn”.
Arrivati
a destinazione - mentre altrove le fiamme della guerra stanno
“oscuramente” divampando, mettendo in grave difficoltà Gandalf
“il Grigio” – i nostri si troveranno ad aspettare l’ultimo
raggio di luce del giorno di “Durin”, al fine di scoprire dove si
trova la porta nascosta che conduce ad Ereborn.
Eccolo
il capitolo “di mezzo” della saga cinematografica de “Lo
Hobbit”! Nel regno fantastico di J.R.R. Tolkien oramai Peter
Jackson si muove con una sicurezza invidiabile, al punto di
concedersi stavolta qualche libertà in più, senza particolari
timori per le inevitabili proteste degli “adepti più puristi”
del genere.
Certamente,
alla assurda distanza di un anno, gli spettatori dell’episodio
precedente tra i meno “devoti” e coinvolti in questi racconti
incontreranno difficoltà a ritrovare il filo della storia, ma
non avranno probabilmente del tutto dimenticato il leggero tedio
delle prolungate gozzoviglie e dei vari tentennamenti della prima
parte. Buone notizie: “La desolazione di Smaug” li aiuterà ad
archiviare i cattivi ricordi ed a passare oltre!
Stavolta
la marcia è differente in quanto ad azione e fantasia ed i
motivi di attrazione non si limiteranno ad alcuni divertenti e
funambolici combattimenti. Denso di fascino è l’approdo alla città
di “PonteLagolungo/Esgaroth” a bordo dell’imbarcazione messa a
disposizione da un chiattaiolo/arciere (Bard/Luke Evans), erede di
colui che con le sue “frecce nere” mancò anni addietro di
colpire il Drago, aprendo così la porta ad un destino di sciagure e
carestia per tutto il paese (ma non temete… c’è una “freccia”
che Bard tiene ben nascosta e probabilmente non mancherà di usare
il prossimo anno…).
Sono
incantevoli i paesaggi nebbiosi della città di legno sospesa
sull’acqua e ci soggiogano con la loro quiete apparente;
curioso ed accattivante, subito dopo, il confronto tra Bilbo e Smaug
appena risvegliatosi, con “l’Hobbit cavalca-barili” a muovere
i suoi passi maldestri mentre sprofonda in un mare di monete,
nel tentativo di circuire con le sue belle maniere la “massima
delle calamità”.
Sono
questi alcuni dei momenti dove Jackson riesce a tradurre
cinematograficamente al meglio il racconto, mantenendo grande
aderenza alle atmosfere e, tutto sommato, anche ai testi originali.
In quanto a spettacolarità visiva pure il regno degli Elfi Silvani e
poi le maestose fornaci che torneranno a brillare sotto la montagna
sono cibo buono per gli occhi e sale del divertimento.
Comunque sono gli incantesimi oscuri e le magie, assieme all’avvincente
sforzo del bene che lotta strenuamente contro il male, il fascino ed
il cuore sempre vivo del racconto ed ovviamente non è di minore
importanza l'incarnazione di tutto questo nel protagonista, “l’eroe
comune”, “Mastro Baggins” ovvero l’hobbit reclutato come
scassinatore e continuamente “in cerca del suo coraggio”, che non
cessa mai di sorprendere noi ed i suoi compagni di viaggio per il
grande trasporto alla causa, per la sua astuzia e la sua audacia.
Cosa
altro dire che già non vi aspettiate o non sappiate su questo film:
indiscutibilmente Jackson, pur ispirandosene in libertà,
riesce a non tradire mai l’universo di Tolkien: non
spettacolarizza ma sa bene che deve adeguatamente esaltare
l’avventura perché è colonna portante e anima del racconto
originale; poi appena può prende fiato, rallenta e lascia
esalare “fragranze” vagamente filosofiche.
Il
tempo di buttare un occhio all’orologio ed ecco che già son
passate anche queste “due ore e quaranta”: il re appena
spodestato dalla sua montagna minaccia fuoco, vendetta e morte!
No,
non è un guasto o una temporanea interruzione della pellicola ma
sono proprio i titoli di coda quelli che partono adesso sul più
bello e “la prossima puntata” non sarà tra una settimana ma tra
un anno! A chi non resistesse a conoscer la fine della vicenda
consigliamo una sortita in libreria per frugare tra le pagine
scritte e scoprire dove si sta andando a parare.
Chi
invece fosse già avvezzo al mondo degli “Hobbit” e non ne avesse
bisogno faccia ricorso a tutta la pazienza della quale dispone,
confidando nella certezza che per l’ultimo appuntamento – assieme
alla gioia di veder ancora sul grande schermo i meravigliosi mondi
fantastici ai quali è affezionato – terminerà alfine il lungo
viaggio e sarà garantita davvero la definitiva conclusione.