Arriva dall’Iran il film che non ti aspetti, (….vista la distribuzione piuttosto omologata….) non quello di lotta dura ed intransigente contro il regime repressivo e nemmeno quello di speranza con i fotogrammi gremiti di giovani “verdi” o ribelli: “Una separazione” è invece semplicemente “una storia”, che partendo da un nucleo familiare in crisi allarga velocemente il suo orizzonte verso molteplici aspetti della cultura e dello stato attuale di una nazione, ma, badate bene, con una bravura nel dipingere le sfumature ed una levità nell’affrontare ad ogni passo una nuova situazione davvero rare ed in grado di ben significare cosa voglia dire “saper raccontare”.
Come in un ottimo libro (…e nondimeno in due ore di cinema…) la narrazione è affollata di personaggi, nessuno inutile ed anzi in qualche modo tutti collegati o interdipendenti: una moglie decide di abbandonare il tetto coniugale preoccupata soprattutto per il futuro della figlia undicenne che vorrebbe portar via da un paese che versa “in queste condizioni” (unico accenno esplicito per quanto fugace alle difficoltà dell’Iran…) ma il marito non è affatto favorevole ad espatriare e poi suo padre è in costante peggioramento con l’alzheimer al punto che una volta rimasto solo in casa dovrà assumere una donna che possa badargli nelle ore di assenza per lavoro; quest’ultima però non svolgerà il suo lavoro in maniera inappuntabile, per motivi che non vi spieghiamo in questa sede ed in conseguenza di questo gli accadimenti prenderanno una piega drammatica nella quale verrà coinvolto anche il marito di lei, disoccupato ed assediato dai creditori….
…Ed ecco che per dirimere le questioni ci sarà allora bisogno anche di un giudice, di qualcuno che testimoni sui fatti, di accordi piu’ o meno limpidi tra le persone…, entreranno in gioco dinamiche religiose, etiche…poi anche di ceto sociale ed infine anche economiche….
Farhadi ci offre una sceneggiatura a dir poco esemplare e che la sua “orchestra di attori” esegue impeccabilmente, ma il vero punto di forza risiede davvero nella costruzione delle situazioni e dei dialoghi: ad ogni parola lo spettatore si trova costretto a dover rielaborare le idee che cominciavano a formarsi nella sua mente da un piccolo capovolgimento di fronte e, proprio mentre si sta convincendo di aver compreso “dove si sta dirigendo la pellicola”, ecco che interviene nuovamente “qualche nuova frase o situazione” a rimettere tutto in discussione.
La grandezza di “Una separazione” trova il suo perchè esattamente in questa sua caratteristica peculiare e niente affatto semplice da realizzare che sarebbe quella di far emergere con estrema naturalezza “parole e circostanze” l’una dopo l’altra riuscendo a porre l’accento, come nella vita accade realmente, sulle ragioni di tutti così come sulle loro piccole bassezze o nefandezze; partendo da cose semplici ed apparentemente non troppo rilevanti lascia venire in superficie i tornaconti personali ed i barlumi di coscienza, le spinte irrefrenabili della dignità ed il peso della religione, del timore del “peccato” piu’ che del rispetto vero per le persone…
Non ci sono giudizi e nemmeno prese di parte, né deboli né forti, ma al tempo stesso niente è piatto e nessuna cosa è uguale ad un’altra….ogni gesto o parola hanno un peso ed una rilevanza….tutto viene mostrato ma nulla si incaglia nelle trappole della convenzione e degli stereotipi…
Sullo sfondo c’è una panoramica vasta niente affatto trascurata di differenze di classe, leggi cieche e giudici piuttosto asettici, la condizione della donna rispetto all’uomo ma senza alcun pietismo o caricatura….Farhadi non cincischia sui chador o su un universo sociale saturo di valori religiosi, nemmeno li nega ma preferisce con la forza di un racconto asciutto, bello ed intenso andare dritto al cuore delle cose ed incastra alla perfezione ogni gesto e qualunque sottigliezza ci porga davanti agli occhi, cesellando un’opera davvero notevole che pare voler rimanere inconsapevole di esserlo e sembra riluttante a voler abbandonare la sua veste di estrema semplicità.
La verità non è mai una sola e “Una separazione”, così come la realtà anziché la messinscena, è capace di darcene conto senza puntare alcun riflettore sulle responsabilità disattese o la meschinità della menzogna, con i meriti o la disperazione e le miserie non crea effetti di ridondanza e non copre l’essenza vera di quel che accade…
Secco, preciso…senza orpelli…invidiabilmente lontano da qualunque trappola narrativa….
Come solo i grandi romanzieri o l’equilibrata mano di un pittore mosso dalla grazia sanno fare, questo film è una dimostrazione di come la finzione possa incredibilmente avvicinarsi al vero rimanendo al tempo stesso fedele ai suoi intenti di “bellezza e stimolo della riflessione”…
Sul finire i genitori mettono fuori dalla stanza i figli quando debbono “parlare” ed i giudici da par loro mettono fuori i genitori quando debbono interrogare o avere risposte dai loro figli…
….delle risposte inequivocabili questo film non ne vuol sapere di fornircele e noi, mentre continuiamo a cogitare sui densi intrecci che agitano la nostra sensibilità e rivoltano le nostre presunte sicurezze, quasi non ce ne accorgiamo e comunque non ne avvertiamo alcun bisogno…
FRANCO - 24 OTTOBRE 2011
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