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lunedì 10 ottobre 2011

IL VILLAGGIO DI CARTONE di Ermanno Olmi

Una chiesa in dismissione.
Operai irrompono e smontano panche e crocifissi, incartano le statue; con la loro stessa rumorosa presenza decretano la fine di quel posto come luogo di cultoUfficiale”.
A nulla vale la strenua resistenza di un anziano prete anchesso accantonato dalle gerarchie di Santa Romana Chiesa, spinto verso ilriposo di fine carriera”.

Poi nella notteil miracolo”, ovvero un nutrito gruppo di clandestini si insedia tra le quattro mura, spoglie di ornamenti e simboli sacri ma ancora buone per accogliere i fratelli in difficoltà, e lanziano sacerdote assiste, inizialmente quasi da spettatore, a questo inaspettato arrivo: forse quella che aveva immaginato come una dolorosa fine non è stata altro che un nuovo e meraviglioso inizio, un diverso modo di servirelaltro”, distante dalle preghiere e dai riti ed invece piuvicino alle necessità del bisogno pratico ed immediato

In fondo, la riflessione di Olmi sul ruolo della chiesa (e dei suoi fedeli), stretta tra le problematiche odierne di una realtà sempre piucomplicata e indecifrabile, tanto dai suoi uomini direttamente coinvolti quanto da chi le sta intorno, è esattamente la stessa del suo alter ego con labito talare ed il suo film in sostanza è poco altro se non un coacervo ordinato e diligente di immagini simboliche, di situazioni emblematiche, di volti ed espressioni che possano rappresentare da soli la sofferenza e lo sgomento di un mondo che sempre di piuintreccia le strade di uomini e civiltà diverse

Come già nel recente “Terrafermadi Crialese anche qui cè una sorta di cambio di pelle della iconografia evangelica nella quale i volti della sofferenza si colorano di un nero africano, fiero nellaffrontare il suo presente drammatico e comunque dallo sguardo colmo di un consapevole perdono nel momento in cui precipita la disperazione.
Cè persino unaMaddalenache scioglie coltelli minacciosi nel palmo della sua mano e pure unGiudacon i capelli biondi sopra il suo viso scuro.

Questo trasferire sugliultimi della terrae quindi, in Italia, senza dubbio sui clandestini che arrembano verso la nostra penisola in cerca di cibo, lavoro e dignità è una lettura attinente alla realtà e che poco ha di discutibile, così come sono assolutamente vere la tensione e le incertezze che attraversano il credente della chiesa cattolica, che si trova a dover affrontare un quotidiano vivere sempre piudifficile e confuso nel rapporto con i suoifratelliin difficoltà

Quello che peròIl villaggio di cartonenon riesce davvero a trovare è una adeguataincarnazione in celluloidedi questo quadro generale, limitandosi ad assolvere ad una troppo semplice sorta di compito dispicciola catechesi cinematografica dautore”, assemblando, come già si accennava pocanzi, un insieme di immagini simboliche (la fonte battesimale che raccoglie lacqua piovana e che torna di nuovo ad essere dono del cielo, la stessa chiesa che solo una volta occupata dallareligione nemicarinasce a nuova vita….) assieme ad un vasto campionario di luoghi comuni e brevi frasi ricchedi sensoma comunque inutile compendio senza altro accanto, esattamente come queste sembrano vuote nella realtà quando nessun seguito pratico si accoda alla lorourgente letturadelle cose (in questo caso si tratta, come espressamente citato nei titoli di coda, diconsiderazionidi Monsignor Ravasi e del giornalista Claudio Magris, piuqualcosa dello stesso Olmi…..).

Senza alcuna vera asprezza o impurità, nel suo procedere assolutamente ordinato e molto scontato, “Il villaggio di cartonevorrebbe forse limitarsi a (re)suscitare la perdutapietas cristianama il suo contributo non va minimamente oltre quello che già si è spesso ascoltato e pochissimo aggiunge a quello che si è già visto; rimane prigioniero didialoghi non evolutivima che sembrano essere solo un fuoco di fila di frasi lapidarie atte abruciarelascoltatore o con larma della riflessione di superficie o con quella del senso di colpa, sempre latente in ognuno di noi così come puntualmente ignorato e disatteso….

Non basta una pioggia costante ed i colori plumbei tra le quattro mura di una chiesa per consegnarci la vera sensazione di un presente raggelante ed al quale dovremmo porre rimedio, ed alla fine quello che pare arrivarci è soltanto lo svolgimentomolto curatodi un temino semplice, recitato con molto garbo ma di poca efficacia, distantissimo da una lettura personale e dautore che avrebbe potuto, quella invece si, contribuire ad arricchire il significato di una realtà poco compresa nella sua interezza come nella sua pericolosità e che potrebbe trascinarci chissà dove se non vi si pone rimedio o contrasto….

Come una sorta difunzione religiosa”, forse unrequiem”, il film di Olmi mette in fila rumori di elicotteri e sirene, porte serrate e vetri infranti, frasi didattiche ma molto ingessate e banali..... vengono tirate in ballo persino le rondini che non tornano piua primavera...... non che nelle intenzioni si manchi di onestà, ovvero dibuona fede”, ma il risultato che ne consegue, val la pena ripeterlo con chiarezza, è piuttosto scolastico, adatto forse ad un pubblico al massimo adolescente

….perché che il bene sia molto piudella devozione religiosa non è certo una novità dirompente....... E' di certo una verità che non va dimenticata!....
Man on basta tirar sul tavolo qualche volto sofferente, “quattro concetti” (...per quanto giusti...) e molte frasi candide per fare di questo un film...... e comunque, per lunghi tratti, “Il villaggio di cartonesi incanala persino su un binario noioso….

Vogliamo concedere tutte le attenuanti alle buone intenzioni di Olmi ed è scontato il rispetto per un regista della sua portata, solo non è possibile fare a meno di notare come questa sua pellicola sia decisamenteleggera ed a ben valutare anche inconsistente”...

Visto il corposo retroterra artistico e culturale degli autori si tratta di una occasione gettata in maniera sconsiderata, una riduzionedidascalicaforse inutile e destinata a perdersi in un mare sterminato, assieme ad altre persino meno oneste, opportunistiche e senza nessun buon proposito ad animarle….

Tutto il rispetto alle sincere intenzioni di Olmi ma la sua pellicola nulla aggiunge alla galleria del cinema d’autore, l’unico che possa esser a volte capace di indurci ad un vero esercizio contemplativo, a stimolare un nuovo ragionare ed a giungere ad una vera presa d’atto della nostra coscienza….

Un grido di dolore sicuramente autentico ma che purtroppo giace da subito dimenticato nel deserto del suo stesso grigio anonimato.

FRANCO - 10 OTTOBRE 2011



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