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martedì 18 ottobre 2011

THIS MUST BE THE PLACE di Paolo Sorrentino

Cheyenne è una rockstarin pensioneo forse renderebbe meglio direin disarmo”, “parcheggiatalontano dallesistenza e dalvibraredel suo stessosentire”…
La sua voce sembra quella di una vecchia radio sempre sul punto di spegnersi, le palpebre sempre pronte ad abbassarsi davanti ai suoi occhi che paiono assieme stanchi, disgustati...... disorientati
I soldi non gli mancano e neanche una moglie che gli vuole benecerto intorno a lui parecchi non capiscono affatto quanto la sua noia confini (…spietatamente…) con la depressione, langosciante ospite che lui tenta di depistare giocando a pelota nella piscina vuota della sua villa
E perché diavolo fino ad oggi non si è mai acceso una sigaretta oppure per quale motivo ha una paura fottuta di salire su un aereo?...
E soprattutto, come va la sua vita?....
Già….a che punto è la sua vita?...E come deve andare avanti?...

Ora suo padre sta morendo ma non è facile correre al suo capezzale quando già dalletà di quindici anni hai deciso che lui non ti amava….
Eppure Cheyenne sale su una nave e da Dublino fa rotta verso New York, e la novità è che il suo viaggio non si fermerà una volta giunto alNuovo Mondoma proseguirà ancora piudistante, in luoghi lontani e che nessuna carta geografica sia mai riuscita amappare”…

Sorrentino si trovafra le maniSean Penn e davvero decide disfruttare loccasione”…
Costruisce addosso allattore americano un personaggio memorabile o quantomeno assai singolare: un adulto rimasto bambino ma che al tempo stesso ha fortemente impattato con la vita e che si è schiantato forse proprio perché non l'ha saputa affrontare davvero a viso aperto….. ed ora si nasconde dietro i suoi occhi contornati di nero, il suo ombretto ed il rossetto che però nulla possono contro i suoi sensi di colpa o di insoddisfazione

Per unora buona (ma forse anche oltre….), come un pittore di fronte alla musa che ispirerà la tela agognata a lungo pennellata solo nei territori del sogno, il regista sembra esser letteralmente rapito dal volto di Cheyenne/Penn e dai suoi occhi talmente profondi e tristi da poterci affondare dentro, ed in ogni inquadratura o primo piano lo lascia straripare (…affianca la sua sagoma persino ad un bisonte…)…
Echeggia di continuo la voce sommessa e la risatina fuori luogo di questo spaesatodark surreale”, a tratti simile ad uno stralunatoEdward/Deppdi Burtoniana memoria, comunque chiaramente unaibridazionetra un Curt Smith dei Cure che cammina al passo stanco di un vecchio Ozzie Osbourne, alieno da ogni contesto ma con una sensibilitàsorprendente per quanto dimessaed in grado di varcare ogni confine……

Poi, attorno al fulcro del suo film, scena dopo scena, comincia a far emergere piccoli indizi e rivelazioni delle quali per lungo tempo non si rintraccia la logica che possa ricomporre i connotati del quadro generale, ci porta per mano al buio nel suo labirinto cinematografico

Ed alla fineinventauna chiusura del cerchio plausibile per questoThis must be the place”, dopo aver percorso le grandi strade americane dal Michigan al New Mexico e poi fino allo Utah, dopo esser passato per comunità di ebrei ed avendo proseguito poi alla ricerca divecchi criminali nazisti”, lungo il camminovisitandotutti i piccoli incontri, ognuno importante e qualcuno decisivo (un tatuatore, una maestra, un broker….), toccando o forse solo sfiorando temi importanti qualiil tempo”, la perseveranza che è anche grandezza, lumiliazione e la vendetta, magari porgendoceli lungo un cammino anche troppo lineare dove ognuno mette a disposizione la sua riflessione o il suo piccoloaforisma da asportoe però comunque di questo parlando ed organizzando un mosaico dianima, cinema e parole”..….

Sorrentino non lascia vuote le affascinanti geometrie della sua composizione fotografica, sempre in grado di render soddisfazione allo spettatore già soltanto con la sua offerta di estetica, ma cerca di unire a questa anche unsenso veroed unanobiltà filosofica”, pur volendo fortemente spiazzare come gli è congeniale con un personaggio totalmente fuori dagli schemi (in passato lo aiutarono le moltevitedi Toni Servillo e poi anche unsordidoGiacomo Rizzo neLamico di famiglia”, ma da ora in avanti bisognerà prestare massima attenzione allabuso dellaformula”….), e qualcuno vorrà imputargli un finaleforzosoe qualche altro unapredisposizione troppo assolutoriaper il carnefice, così confondendo però la pietà con il perdono, il barlume di umanità che ci porta ben oltre listinto della belva e che tramuta in una foto un colpo di pistola….

This must be the placeè un road movie dove il percorso si sviluppa anziché in strada nel bosco interiore di una persona, atipica ma a ben guardare di una semplicità ed una normalità persino sorprendenti, che ci destabilizza con le sue risposte: dove tutti elargirebbero certamente un si lui oppone un diniego (“Vuoi sapere come è andata?” “No….”), uno che non puofar lamore con unaltra donna….semplicemente perché è sposato!....UnRe mida dellanimache sembra impotente nei confronti di se stesso ma al cui fianco chiunque si avvicini prova un senso di benessere o di rilassatezza….

Lungo il cammino si troverà davanti al pistacchio piugrande del mondo oppure con una pallina di ping pong dentro al bicchiere (ed allora avrà trovato anche chi gli pagherà il cheeseburger….)...... Non lavora da tempo (...non ne ha bisogno....) ma si impegna per render felice una ragazza….
….fino a che tutto diventerà bianco come le neve, e dentro la neve qualcuno per lui pagherà un debito antico...
Ecco allora sbloccarsi una vita arenata tra le spire di dilemmi numerosi quanto mai del tutto decifrabili, parallelo che conduce in qualche misura alle piccole schegge della vita di ognuno di noi, consentendoci una immedesimazione ed una possibile empatia nei confronti del protagonista che senza dubbio sono una delle carte vincenti del film….….

Soffia sul ricciolo che gli scende sulla fronte Cheyenne e forse si rivelano in lui linutilità del trucco e degli orpelli, prorompe definitivamente lindispensabile necessità, sola ed unica, della tenerezza e della comprensione

In fondo Sorrentino giralargo e pure elegante”, costruisce cinema dautore con frasi dense e fotografia mirabile ma volendo stringere in una sintesi di pochissime parole, mira soprattutto a sostenere la piusemplice delle ipotesi sulla nostra esistenza e sarebbe che tutti, indistintamente, abbiamo un disperato bisogno dipiù umanità”…

O forse non è neanche così, e magari nemmeno è del tutto vero
…………Ma, nella vita così come anche al cinema, è carino davvero che qualcuno ce lo dica

FRANCO - 18 OTTOBRE 2011

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