Irving
Rosenfeld (Christian Bale) gestisce una catena di lavanderie tra il
Bronx e Manhattan e di tanto in tanto piazza qualche quadro falso o
di contrabbando; Sidney Prosser (Amy Adams) non vede l'ora di
fuggire dalla sordida ribalta degli squallidi locali di strep-tease
nei quali è costretta a mostrar le sue grazie.
La
musica di Duke Ellington li unisce e ben presto la nuova coppia
scoprirà la sua particolare attitudine: tendere agguati a chi
naviga in cattive per annegarlo in abissi ancora più profondi,
ovvero truffare il prossimo offrendogli false speranze e fregargli
fino all'ultima banconota. D'altro canto, è davvero sorprendente la
facilità con la quale si possono ottenere soldi da chi è disperato!
Un
bel giorno però a Sidney ed Irving capita di raggirare il cliente
sbagliato e si imbattono in Richie Di Maso (Bradley Cooper), in
realtà un incorruttibile agente dell'F.B.I., petto in fuori e
distintivo in bella mostra (nel “pedigree” persino una nonna che
in novantatrè anni non ha mai mentito una volta!).
L'intrepido
paladino della giustizia non vede l'ora di arrestare chiunque si
muova un solo centimetro al di fuori del perimetro della legge e
pretenderà che ad aiutarlo a tradurre in pratica le sue intenzioni
siano proprio i due criminali “disgraziatamente” caduti nelle sue
mani, pena il carcere se rifiuteranno, “prendere o scappare”.
Sidney
pensa che sarebbe meglio rischiare la galera e tentare la fuga
viaggiando via lontano mille miglia ma Irving non è dello stesso
parere ed ogni volta che sente la gamba allungarglisi più del suo
solito passo stenta a prendere il volo; del resto - nonostante non
stiano più insieme - ha ancora una moglie seducente dalla quale non
ha mai divorziato, viziata ed in grado di abbindolarlo
(Rosalyn/Jennifer Lawrence), un tipetto catastroficamente
sconclusionato e pericolosamente irascibile, le cui mani esalano
aromi di fiori e spazzatura e con la quale condivide la
responsabilità di un figlio.
Il
bislacco ed esplosivo connubio di criminali affiancati alla
giustizia si imbatterà casualmente nel bel mezzo di affari colossali
tra mafia e politica dove girano quantità di banconote
incalcolabili, fino a che all'orizzonte balugineranno improvvisamente
ipotesi di retate fantasmagoriche, ovvero di un bottino talmente
grosso da metter una irresistibile acquolina in bocca ad un ordinario
agente in cerca di gloria.
Strizzando
l'occhio a “La Stangata” ed a Martin Scorsese, vestendo di
piccole buffonerie le ambientazioni classiche del genere e
regalandogli il tocco caratteristico del suo stile vagamente
stralunato, O.Russel sfodera una deliziosa commedia, sottilmente
divertente ed a momenti persino rocambolesca.
“American
Hustle” però ha il suo piatto forte non solo in un'
oliatissimo meccanismo ma nel saper mettere in risalto –
senza dar troppo nell'occhio – le frustrazioni e le fragilità
dei suoi protagonisti, gli umanissimi difetti, le loro ridicole e
presuntuose ambizioni, le tragiche e commoventi incertezze.
I
dialoghi – scanditi con il metronomo – sono beffardi ed ironici
ma sempre saldamente piantati nella mestizia di realtà complicate e
afflittive, a tratti lievemente “allucinati” giusto quel
tanto che basta da riverberare alla lontanta Tarantino (“Jackie
Brown”).
A
dar man forte al cast già citato ci sono altri due protagonisti
d'eccezione: nella parte del sindaco Carmine Polito c'è Jeremy
Renner (con ciuffo abbondante calato sulla fronte), poi ancora un
cameo da boss mafioso per Robert De Niro alias Victor Telleggio: per
il bene della comunità - ed affermarlo non è proprio del tutto
falso - si emendano leggi e si fa “quel che si deve”, ognuno
porta avanti i suoi affari e tutti guadagnano “qualcosa”.
“The
fighter”, successivamente “Il lato positivo” ed oggi “American
Hustle”: un sottile filo rosso unisce i tre lavori del regista
NewYorkese che sono tutti imperniati - declinando il discorso in
maniera ogni volta differente – sulle esistenze deluse in cerca di
riscatto, sull'ottimismo e la serendipità, sulla volontà o
meglio sul “potere dell'intenzione”. A sottolineare
ancor di più la conclusione di una sorta di invisibile trilogia
la riunione di molte delle stelle dei film precedenti
(Cooper/Lawrence/Bale/De Niro)
Partendo
dal “caso Abscam”, uno scandalo vero di favori, mazzette e mafia
della fine degli anni settanta - smascherato dai Federali Americani
con l'aiuto dell'ambiguo truffatore/informatore Malvin Weinberg (oggi
ha 89 anni e vive in Florida) - O.Russel sceneggia assieme ad
Eric Warren Singer il suo lavoro e - spadroneggiando con
destrezza un film corale che con grande facilità potrebbe sfuggirgli
di mano – disegna eccessi di simpatia e di disperazione dei
suoi protagonisti, riveste di fantasia ed umorismo le loro tristezze,
donando infine a quelli più umili e meno avidi la chance di
giocarsi ancora la partita della vita e magari vincerla proprio al
limitare della disfatta.
Come
tratta da un “Vangelo dei criminali non incalliti”, “American
Hustle” in controluce può leggersi anche come una sorta di
“parabola sporca e divertente”,
costruita su piccole e grandi nefandezze, dove
i fatti vengono visti anche attraverso una lente che rifugge il
benpensante conformismo e
culminano in una morale che non premia i “soliti buoni” e
sparge generosi aloni di umanità sui cattivi, non
mostrando nessuna pietà solamente per l'ingordigia e la boriosa
presunzione.
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