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giovedì 2 gennaio 2014

AMERICAN HUSTLE di David O.Russel


Irving Rosenfeld (Christian Bale) gestisce una catena di lavanderie tra il Bronx e Manhattan e di tanto in tanto piazza qualche quadro falso o di contrabbando; Sidney Prosser (Amy Adams) non vede l'ora di fuggire dalla sordida ribalta degli squallidi locali di strep-tease nei quali è costretta a mostrar le sue grazie.

La musica di Duke Ellington li unisce e ben presto la nuova coppia scoprirà la sua particolare attitudine: tendere agguati a chi naviga in cattive per annegarlo in abissi ancora più profondi, ovvero truffare il prossimo offrendogli false speranze e fregargli fino all'ultima banconota. D'altro canto, è davvero sorprendente la facilità con la quale si possono ottenere soldi da chi è disperato!

Un bel giorno però a Sidney ed Irving capita di raggirare il cliente sbagliato e si imbattono in Richie Di Maso (Bradley Cooper), in realtà un incorruttibile agente dell'F.B.I., petto in fuori e distintivo in bella mostra (nel “pedigree” persino una nonna che in novantatrè anni non ha mai mentito una volta!).

L'intrepido paladino della giustizia non vede l'ora di arrestare chiunque si muova un solo centimetro al di fuori del perimetro della legge e pretenderà che ad aiutarlo a tradurre in pratica le sue intenzioni siano proprio i due criminali “disgraziatamente” caduti nelle sue mani, pena il carcere se rifiuteranno, “prendere o scappare”.

Sidney pensa che sarebbe meglio rischiare la galera e tentare la fuga viaggiando via lontano mille miglia ma Irving non è dello stesso parere ed ogni volta che sente la gamba allungarglisi più del suo solito passo stenta a prendere il volo; del resto - nonostante non stiano più insieme - ha ancora una moglie seducente dalla quale non ha mai divorziato, viziata ed in grado di abbindolarlo (Rosalyn/Jennifer Lawrence), un tipetto catastroficamente sconclusionato e pericolosamente irascibile, le cui mani esalano aromi di fiori e spazzatura e con la quale condivide la responsabilità di un figlio.

Il bislacco ed esplosivo connubio di criminali affiancati alla giustizia si imbatterà casualmente nel bel mezzo di affari colossali tra mafia e politica dove girano quantità di banconote incalcolabili, fino a che all'orizzonte balugineranno improvvisamente ipotesi di retate fantasmagoriche, ovvero di un bottino talmente grosso da metter una irresistibile acquolina in bocca ad un ordinario agente in cerca di gloria.

Strizzando l'occhio a “La Stangata” ed a Martin Scorsese, vestendo di piccole buffonerie le ambientazioni classiche del genere e regalandogli il tocco caratteristico del suo stile vagamente stralunato, O.Russel sfodera una deliziosa commedia, sottilmente divertente ed a momenti persino rocambolesca.

American Hustle” però ha il suo piatto forte non solo in un' oliatissimo meccanismo ma nel saper mettere in risalto – senza dar troppo nell'occhio – le frustrazioni e le fragilità dei suoi protagonisti, gli umanissimi difetti, le loro ridicole e presuntuose ambizioni, le tragiche e commoventi incertezze.

I dialoghi – scanditi con il metronomo – sono beffardi ed ironici ma sempre saldamente piantati nella mestizia di realtà complicate e afflittive, a tratti lievemente “allucinati” giusto quel tanto che basta da riverberare alla lontanta Tarantino (“Jackie Brown”).

A dar man forte al cast già citato ci sono altri due protagonisti d'eccezione: nella parte del sindaco Carmine Polito c'è Jeremy Renner (con ciuffo abbondante calato sulla fronte), poi ancora un cameo da boss mafioso per Robert De Niro alias Victor Telleggio: per il bene della comunità - ed affermarlo non è proprio del tutto falso - si emendano leggi e si fa “quel che si deve”, ognuno porta avanti i suoi affari e tutti guadagnano “qualcosa”.

The fighter”, successivamente “Il lato positivo” ed oggi “American Hustle”: un sottile filo rosso unisce i tre lavori del regista NewYorkese che sono tutti imperniati - declinando il discorso in maniera ogni volta differente – sulle esistenze deluse in cerca di riscatto, sull'ottimismo e la serendipità, sulla volontà o meglio sul “potere dell'intenzione”. A sottolineare ancor di più la conclusione di una sorta di invisibile trilogia la riunione di molte delle stelle dei film precedenti (Cooper/Lawrence/Bale/De Niro)

Partendo dal “caso Abscam”, uno scandalo vero di favori, mazzette e mafia della fine degli anni settanta - smascherato dai Federali Americani con l'aiuto dell'ambiguo truffatore/informatore Malvin Weinberg (oggi ha 89 anni e vive in Florida) - O.Russel sceneggia assieme ad Eric Warren Singer il suo lavoro e - spadroneggiando con destrezza un film corale che con grande facilità potrebbe sfuggirgli di mano – disegna eccessi di simpatia e di disperazione dei suoi protagonisti, riveste di fantasia ed umorismo le loro tristezze, donando infine a quelli più umili e meno avidi la chance di giocarsi ancora la partita della vita e magari vincerla proprio al limitare della disfatta.


Come tratta da un “Vangelo dei criminali non incalliti”, “American Hustle” in controluce può leggersi anche come una sorta di “parabola sporca e divertente”, costruita su piccole e grandi nefandezze, dove i fatti vengono visti anche attraverso una lente che rifugge il benpensante conformismo e culminano in una morale che non premia i “soliti buoni” e sparge generosi aloni di umanità sui cattivi, non mostrando nessuna pietà solamente per l'ingordigia e la boriosa presunzione.    

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