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giovedì 16 gennaio 2014

THE UNKNOWN KNOWN di Errol Morris


Per Donald Rumsfeld “l’unico modo per sapere è immaginare”!

Secondo il suo modo di pensare il motivo principale per il quale gli Stati Uniti subirono le devastanti perdite di “Perl Harbour” - durante il secondo conflitto mondiale - sarebbe da ricercarsi addirittura nella mancanza di immaginazione!

Ed è quindi chiaro, consequenzialmente, arrivare a comprendere come ci siano “cose che credi di sapere ed invece non conoscevi”, ovvero “The Unknown known”. Si tratterebbe di tutte quelle informazioni che ti eri immaginato come vere ed inoppugnabili ed invece con il tempo hanno mostrato la loro inconsistenza, forse le stesse che ti hanno fatto credere all’inevitabilità di un conflitto o di una guerra al punto da arrivare a scatenarla.

Probabilmente a suo modo questo personaggio è “candido ed onesto” e ci invita senza reticenze ad affacciarci al davanzale dal quale osserva il mondo con i suoi occhi; ci spiega quali, secondo lui, siano le coordinate imprescindibili per decifrare l’orizzonte.

Errol Morris, con il suo film documentario lo intervista non con lo scopo di metterlo all’angolo (impresa forse impossibile contro un marpione di tal fatta), semmai di farlo uscire allo scoperto, senza infastidirlo o incalzarlo troppo ma dandogli tutta la corda necessaria e, alla resa dei conti, l’ex Segretario della Difesa Americana, non si fa certamente pregare troppo.

Partendo dai suoi “snowflakes” (i “fiocchi di neve”, ovvero migliaia o forse milioni di promemoria scritti dallo stesso Rumsfeld) il regista costruisce un lungo film/intervista.

Chi si aspetta fendenti e colpi bassi rimarrà deluso: la tattica è quella di cercare di evidenziare i punti deboli e le contraddizioni senza sfociare in vero e proprio atto d’accusa, ad esempio sottolineando la manipolazione nell’uso dei vocaboli e nel travisamento del loro significato allo scopo di “giustificare l’ingiustificabile”, come se poi si potessero coprire gli “errori o gli orrori” - o attenuare le loro conseguenze - semplicemente usando nella maniera più congeniale il dizionario o da questo traendo i possibili artifici.

Ma siamo nella “tana del lupo”, un antro di machiavelliche architetture e nebbie, doppiezze e battute ad effetto, come le conferenze stampa tenute da Rumsfeld ai tempi dei conflitti in Afghanistan ed Iraq, dove le sue qualità di showman e di affabulatore emergono con chiarezza, come la sua abilità nel porsi domande e darsi le risposte al tempo stesso, comunque strappando applausi e risate, giocando sempre d’anticipo ed entrando a gamba tesa, senza dimenticare di sfoggiare davanti agli interlocutori il suo sorrisetto ironico e sicuro.

Colpire e sbalordire” o comunque render le acqua torbide, i significati e le evidenze confuse: forse Saddam Hussein aveva davvero le armi di massa e le ha distrutte per non esser scoperto; certamente l’assenza di prove non è una prova della loro assenza!

Questi ed altri giochini con frasi e terminologie sembrerebbero la barriera invalicabile del “giovane/vecchio” dell’establishment Americano, da sempre al potere, prima con Nixon, poi con Ford, Reagan, Bush, dal Vietnam alla Guerra Fredda fino al Medio Oriente.

Un oratore capace ed a suo modo affascinante ma anche un prevaricatore, comunque un politico indisponibile ad assumersi qualsiasi responsabilità, come se gli eventi fossero ogni volta ineluttabili, un qualcosa nel quale gli uomini non hanno nessuna voce in capitolo.

E’ la storia a controllare noi o siamo noi a controllare la storia?” Nemmeno a questa domanda – per la quale ovviamente è meno facile trovare una risposta - Rumsfeld offre una sua versione, anzi ne offre svariate, sempre più di una.

Ma è solo un “mare di parole”: proprio questa l'evocativa l’immagine usata da Morris, così come sono azzeccate le sovrimpressioni con le dettagliate definizioni del vocabolario, il tutto sottolineato dalle musiche di Danny Elfman che cementano ogni cosa in un film, oppure un incubo, scegliete voi.

Quel che appare inequivocabile è la volontà di coprire o mistificare piu’ che mentire spudoratamente: la chiara tendenza a volersi appropriare del presente cercando di ricreare una personale versione del passato, senza passare per gli elementi di fatto.


Ma concedere o meno questa possibilità alle persone - specie agli esponenti di spicco che hanno deciso della nostra storia antica o recente - spetta soprattutto a coloro che li osservano e poi ne giudicano le gesta alla luce degli eventi trascorsi, ovvero a noi, gli unici che possano provare ad impedire in futuro il ripetersi di nuove nefandezze o che altri individui, simili o uguali, godano ancora una volta della stessa libertà d'azione, urlando prima possibile, ovunque ed in ogni modo, il nostro disgusto e la nostra disapprovazione.

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