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lunedì 27 maggio 2013

NO - I GIORNI DELL'ARCOBALENO di Pablo Larrain


1988: dopo 15 anni di feroce dittatura e torture, repressioni  e di  un  liberismo al quale seguirono per la nazione significativi successi economici -  anche se il quaranta per cento della popolazione rimase ad affondare nella palude melmosa dell’indigenza - il Generale Pinochet, messo sotto pressione dall’opinione pubblica internazionale, fu costretto ad indire un referendum attraverso il quale i cittadini furono chiamati a votare il loro “Si” oppure il “No” al  prolungamento del suo governo per altri otto anni.
Nelle sue intenzioni doveva esser niente di più che una commedia tesa a legittimarlo definitivamente ed a rinsaldarlo in sella; comunque, per ulteriore sicurezza e rischiare il meno possibile, concesse alle opposizioni  – frazionate e divise -  appena quindici minuti di televisione in tarda serata come spazio per esprimere le loro ragioni.
Grande sfiducia aleggiava dunque nelle file dei partiti allineati contro la destra al governo e non senza qualche ragione –  mettendo però in risalto anche  una incapacità degli schieramenti di sinistra di andare oltre  un “vittimismo preventivo”, evidentemente  comune ad ogni latitudine del mondo – e si riteneva di dover puntare soltanto ad una onorevole sconfitta, sfruttando nel contempo l’occasione per informare il popolo dei tanti soprusi subiti.
Ma la storia ci dice che le cose andarono in maniera sorprendentemente diversa da quanto ci si potesse aspettare, soprattutto per l’apporto di una campagna pubblicitaria effervescente, molto poco ideologica e  politica, che vide tra i suoi principali ideatori il creativo Renè Saavedra (Gabriel Garcia Benal).
Basandosi anche sulla piece di Antonio Skármeta (quello de “Il postino di Neruda”) dal titolo   “Los dias del arcoiris”   -  pubblicata anche in Italia per  Einaudi - Pablo Larrain chiude la sua trilogia Cilena con un'altra variazione di stile e l’ennesimo  film da non perdere.
Girato in 4/3 e con immagini sgranate per poter meglio amalgamare il materiale di oggi con il repertorio di ieri, “No – I giorni dell’arcobaleno”, sembra davvero un viaggio attualissimo in quella sfida campale che si giocò giorno per giorno - e poi nella sua fase finale per un mese, tutte le sere alla televisione - e che pose “pacificamente” fine al regime di Pinochet.
Proprio sul come questo avvenne è incentrata la pellicola “militante e disincantata” di Larrain (incredibile: è figlio di due esponenti politici dell “ UDI”, partito conservatore di destra!) che coglie in pieno, sottolineandoli con la sua sceneggiatura e messa in scena, i motivi del successo di una campagna di opposizione a base di “spot stile Coca Cola e formato famiglia”, di “jingle” accattivanti (“Cile, la alegria ya viene” - “Cile, l’allegria sta arrivando”, questo lo slogan!) che relegarono in secondo piano la prospettiva del dolore, della sofferenza e degli abusi, trasformando la democrazia da concetto profondo a proposta accattivante da vendere come qualsiasi altra merce, con buona pace della memoria dei desaparecidos e dei pestaggi, degli esili e delle mille denunce perse per anni nel vuoto.
Il linguaggio schietto ed ottimista risultò evidentemente attraente ancor più di quello  pomposo, affidato allo slogan “Pais Ganador”, utilizzato dal governo - che in corso d’opera di affidò anch’esso ad un esperto del settore pubblicitario ovvero Lucho Guzman, il capo ufficio di Renè (ancora una volta il bravissimo Alfredo Castro come attore: è lui il “filo rosso” della trilogia cominciata con “Tony Manero” e proseguita con “Post mortem”).  
Saavedra riuscì ad attirare i giovani scettici a digiuno di cultura da “bandiere rosse” ed a catalizzare l’attenzione delle signore avanti con gli anni, facendogli accantonare la paura (ingiustificata)  di tornare nuovamente a fare terribili code per mangiare e procacciarsi altri beni materiali, anche se in favore della promessa di una maggiore libertà ed uguaglianza.
Oltre all’accurata e credibilissima ricostruzione con la quale Larrain ci riporta al clima dell’epoca - mostrando anche le intimidazioni ai “nemici del golpe”, fatte di minacce velate e talvolta anche più esplicite - il vero pregio di “No” è proprio quello di evidenziare l’ambiguità  derivante del successo di una campagna pubblicitaria in sostituzione di una “campagna politica” e che difatti molti esponenti ortodossi di partito rifiutarono a prescindere, bollandola come una pagliacciata.
Pinochet  venne “deposto” ed abbandonato dai suoi generali – complice anche  una crisi economica che lo aveva cominciato a delegittimare anni prima -  ma al suo posto non venne certo ad insediarsi “una nuova ideologia”: uscire da una “dittatura di fatto” sicuramente mutò radicalmente molte situazioni ed alleggerì in misura notevole il carico di violenza, repressione e censura, ma “la sostanza politica e concettuale” delle cose cambiò  davvero?
Poco dopo il “compagno pubblicitario” Saavedra riprese il suo mestiere senza colpo ferire, presentando al pubblico - anziché al popolo - la nuova telenovela in arrivo dall’America!

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