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giovedì 9 maggio 2013

EFFETTI COLLATERALI di Steven Soderbergh


“L'ultimo” film di Steven Soderbergh - dopo il quale il regista, con nostro grande rammarico,  avrebbe annunciato la sua volontà di smettere – pone inizialmente al centro dell'attenzione il  disinvolto uso di farmaci antidepressivi nella società Americana ed in parallelo si propone come un generico atto d'accusa nei confronti dell'industria del settore che, senza troppi scrupoli, si arricchisce lucrando sulla salute della gente.
Nella seconda parte la pellicola diviene invece uno psico-thriller dalle tinte noir, molto accattivante e ben congegnato anche se non certamente  nuovo nel suo schema.
Emily (Rooney Mara) è la protagonista principale e la gran mattatrice:  travolta da una inguaribile disperazione ed apparentemente incapace di camminare verso il suo futuro, senza resistenza si lascia sottoporre a massicce cure a base di  pasticche per combattere il sonnambulismo combinate con abbondanti dosi di beta-bloccanti.
Arriverà presto a farne addirittura lei stessa richiesta dopo essersi imbattuta nella suadente pubblicità di un nuovo prodotto appena immesso sul mercato, l' “Ablixa” - un nome questo di pura fantasia mentre altri come lo “Zoloft” o lo “Xanax” sono reali – e che il suo medico, il dottor Jonathan Banks (Jude Law), non avrà alcun problema a prescriverle.
D'altro canto, dice Banks, “li prendono proprio tutti: avvocati, musicisti, molte persone prima di un colloquio importante”, mentre allunga una compressa persino a sua moglie che lo sta ascoltando.
Ma per Emily gli “Effetti collaterali” delle cure saranno davvero molto spiacevoli e pericolosi. Scopriremo  però più avanti che le cose non erano esattamente come sembravano essere, nel  momento in cui il racconto mostrerà molte delle sue carte coperte, cambiando  decisamente registro e, conseguentemente, la sua destinazione finale.
Per dire addio alla settima arte Soderbergh mette a punto - con la collaborazione dello sceneggiatore Scott Z.Burns, già suo collaboratore in “Contagion” e “The informant” - “una storia buona per  palati differenti”, quali spesso il suo cinema è stato capace di coniugare.
A sorreggere le sue ambizioni - sospese tra informazione, pura estetica cinematografica e divertimento – c’è ancora una volta  Channing Tatum (come in “Magic Mike) nel ruolo di Martin, il  marito di Emily,  un uomo condannato a quattro anni di prigione per insider trading e che, introducendo il tema, permette ai dialoghi di divagare verso una fugace allusione sui misteriosi crolli di valore - ed i successivi acquisti in borsa - relativi alle azioni delle compagnie aeree nei giorni vicini agli attentati terroristici dell' 11 settembre 2001.
Altra protagonista - stavolta  femminile - è la dottoressa Victoria Siebert (Catherine Zeta-Jones), uno squalo che nuota disinvolto nella vasca dei pesci rossi e non pare farsi troppi problemi con le vite degli altri: certo non è  l'unica nel panorama generale di società qui proposto, a dirla tutta niente affatto confortante.
I farmaci sedano la sofferenza ed agendo sulla serotonina possono evitare di farci sapere quanto siamo infelici; i  grandi interessi economici invece sembrano poter addormentare le coscienze o quantomeno tranquillizzarne un numero elevato depistandole con l’insufficiente o la falsa informazione e, quando necessario,  con il denaro.
Particolarmente acuto ed interessante un breve passaggio del film dove viene evidenziata una basilare differenza e sarebbe a dire quella che sottolinea come  in Europa gli antidepressivi vengano somministrati solamente ai malati mentre in America questi possano tranquillamente esser prescritti anche a chi desidera semplicemente “stare meglio”.
In “Effetti Collaterali” - film apparentemente più ordinario di quel che è realmente - verità e finzione si sovrappongono e si rincorrono continuamente ed in fondo anche Soderbergh fa il suo “doppio gioco”, prima denunciando in maniera esplicita o sibillina alcune gravi devianze, patologie e crimini presenti nella società in cui vive e poi allontanandosi da questi temi alla volta di tutto un altro tipo di finale per la sua pellicola, la qual cosa però non implica affatto che lo spettatore dimentichi quanto ha appena osservato ed ascoltato in precedenza.

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