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martedì 5 marzo 2013

EDUCAZIONE SIBERIANA di Gabriele Salvatores




Gli orgogliosi ed indomiti Urka: prima fuggiti verso la Siberia per sottrarsi alle persecuzioni degli Zar, poi deportati da Stalin per ragioni di “sicurezza” in Transnistria (grosso modo la zona dove si trova l’attuale Moldavia).

Onesti criminali” rifiutati da tutti fuorchè dalla loro comunità, uniti da regole ferree tramandate di padre in figlio: non c’è posto per droga ed alcool nella loro vita, tenere denaro in casa è un sacrilegio persino se – come è concesso! – è stato rubato a persone spregevoli come gli usurai. Dal muro la “Madre Santissima” li osserva stringendo due pistole tra le mani, da lontano tempra i loro coltelli e dirige i loro proiettili.

Pellicola Ispirata dal libro omonimo di Nicolai Lilin, “Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores racconta del cammino di crescita e formazione di Kolyma (Arnas Fedaravicius) - cresciuto all’ombra della figura ombrosa e rilevante di Nonno Kuzja (John Malkovich) - e del suo amico Yuri detto “Gagarin” (Vilius Tumalavicius).

La storia di questi due adolescenti che diventano uomini viene incrociata con i loro stessi ricordi e le suggestioni di un mondo denso e lontano, frapponendo alla narrazione che evolve visioni di lupi che si muovono nel candore della neve e tenebre d’acqua scura e torrenziale che straripano dal fiume; ogni passo è accompagnato dalle parole - dal sapore arcaico e quasi religioso - di Nonno Kuzja, che indirizzano le scelte e circoscrivono i confini della morale.

Invece Xenja (Eleanor Tomlinson) - ragazza attraente e figlia del medico del paese - è l’anomala scintilla che dividerà per sempre il cammino di Kolyma e Gagarin: la sua mente vagheggia tra le fantasie ed accoglie serenamente la follia, ma il suo corpo sta diventando adulto e “sente” cose che non riesce a decifrare. Nel “Clan dei Siberiani” chiamano “voluti da Dio” i cosiddetti pazzi ed è un obbligo doverli rispettare e proteggere: non andrà così e - senza una precisa ragione - accadrà quello che non sarebbe mai dovuto accadere.

Nel mentre la “Grande Russia” sta disgregandosi ed a breve arriverà la caduta del muro (l’arco temporale della pellicola è compreso nel decennio 1988/1998).

Quindi la “modernità” occuperà ogni spazio rendendo tutto informe e picconando le regole rigorose: da ora in poi le nuove generazioni saranno alberi fragili, pronti a piegarsi al vento forte dell’occidente, quello stesso “soffio demoniaco” che fa nascere palazzi come funghi ed assieme alle merci nei negozi reca con se perdizione e corruzione, disorientando e spazzando via ogni riferimento e certezza.

Salvatores, oltre a metter in primo piano i due ragazzi mentre “combattono la vita” - muovendosi nel mondo aspro ed inospitale che li circonda - sembra interessarsi a tratteggiare qualcosa dell’avvento di questa nuova “liquidità assassina” che cambia la società pre-esistente e spazza via le figure maestre, del “seme nero” che germoglia e profana quello che nei secoli sembrava esser divenuto impenetrabile; poi anche delle incredibili strade che percorrono la fratellanza ed il castigo, liberando gradualmente l’altra linea del suo racconto, quella che ci conduce al nuovo presente che bussa alle porte del duemila, ambientato adesso nello scenario delle terre Caucasiche martoriate dalla guerra e dove avrà luogo anche l’inevitabile epilogo, forse già scritto dal destino come si incide indelebilmente un tatuaggio sulla pelle di un uomo.

Tutto questo viene fotografato da un cinema professionale, pulito e ricercato, molto attento a non sporcarsi le mani con discese agli inferi troppo violente ed introspettive tra le atmosfere che sembra di sentir ansimare ai margini della scena.

Non si forza oltre la mano e così, a conti fatti, la maggior qualità della pellicola resta la sua pregevole confezione estetica oltre all'ottima fruibilità del racconto, lasciando però i più profondi interrogativi sulle regole inesplicabili o al riguardo delle sedimentate tradizioni avvolti nel loro affascinante mistero.

L’affresco generale comunque funziona, talvolta lasciandosi un pochino andare con le colombe bianche (molte…troppe?...) che volano al “rallenty” nell’azzurro del cielo, altre volte cogliendo dettagli migliori come la cacciata dei soldati Russi presi a sputi nella notte dai figli di “Mama Sibirj” o ancora seducendoci con un semplice e simbolico pugnale (la “picca”) che serve tanto a recidere un cordone ombelicale quanto a predire un “incontro di destini” se piantato sulla porta di casa.

Ed alla fine non assisteremo ad una vera e propria resa dei conti ma, più semplicemente, sarà arrivato il tempo per chi si è allontanato di tornare indietro dall’unica strada possibile: quel che la vita ha separato si riunirà nel giorno del giudizio e, solo allora, la lama del coltello tornerà a poter esser impugnata dal suo manico.

3 commenti:

Unknown ha detto...

Ottima recensione, condivido pienamente

EFFEMME ha detto...

Grazie...e un caro saluto alla mia piu' affezionata "cliente"...

FRANCO

Ale ha detto...

Ciao Franco, mi sono incuriosita...
andrò a vederlo . I film di Salvatores mi piacciono. Baci Ale