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mercoledì 13 marzo 2013

ANNA KARENINA DI Joe Wright


Anna (Keira Knightley) ed il suo cuore in tempesta: travolto da passione per il Conte Vronsky (Aaron Johnson) e nonostante questo ancora colmo di rispetto per il marito Aleksej Karenin (Jude Law).
Una donna stretta nella morsa del suo amore di donna e di madre, pronta in nome dei suoi sentimenti a sfidare la società ipocrita che  non perdona chi infrange le sue regole.
Finirà in tragedia, come è noto, così Joe Wright prova a suscitare nuovi motivi di attenzione ed interesse per questa storia dai connotati eterni  con una rivisitazione cinematografica tutta visivamente confinata tra le pareti – ricostruite sul set - di un teatro.
Risulta una felice intuizione quella di immortalare questo racconto struggente in un ambiente per sua natura sospeso a metà tra la vita e la finzione, in grado di regalargli ancora di piu’ una dimensione senza tempo ed universale, arricchita peraltro da una  gioiosa inventiva ed interessanti trovate sceniche e coreografiche:  fondali finti,  attori che si muovono dappertutto invadendo  persino le quinte oppure spostandosi  in alto, nello spazio riservato agli attrezzisti, camminando tra corde ed utensili mentre simulano  d’esser  all’aperto in una grande piazza, nel suo brulicare di gente. 
E’ avvolgente il ballo dove Vronsky e Karenina incrociano i loro destini e crudeli  gli sguardi che, quasi fossero pugnali,  si conficcano addosso alla dama peccatrice, insolito e divertente l’esercito di uomini che dai banchi ritma i movimenti a colpi di scartoffie e timbri; infine anche  una corsa di cavalli viene ricreata senza  bisogno di allontanarsi nemmeno  un millimetro da palco e platea, con il frusciare frenetico di un ventaglio che diviene via via un palpitante rumore di zoccoli in corsa: di colpo, la caduta di un fantino rivelerà agli occhi di tutti una condotta sconveniente.
Di tanto in tanto Wright si prende licenza di “evadere” e va oltre il confine delle scene e del sipario, perdendosi per un attimo le tra distese innevate o in un mare di fili d’erba agitati dal vento: almeno un paio di inquadrature esterne – gli amanti stesi sul prato e la donna con l’ombrello – riportano alla memoria i quadri impressionisti di Manet e Monet, ma numerose sono le soluzioni originali adottate per regalare a questa storia una nuova veste, persino uno scambio di pensieri a tavola tramite cubi di lettere, come se si stesse giocando una partita di  “Scarabeo”.
Funziona molto bene la costruzione dell’immagine quando abbinata alla fantasia, molto meno quando si concede alle inquadrature un pochino troppo manierate oppure dall’eccessivo tocco glamour: Konstantin Dmitrič Levin tra i covoni di fieno con il sole alle spalle risulta quasi stucchevole,  Anna riversa sul binario è una istantanea inerte e priva di forza.
La vera lacuna di “Anna Karenina” sembra però risiedere  nella sua impossibilità di adattare questo romanzo comprimendolo in  circa due ore (centotrenta minuti), insufficienti a far si che possa sprigionare la sua anima. 
Ci sarebbe bisogno di un generoso dispendio di tempo, al quale sono certamente più  versate le illimitate pagine di un libro – o di una “fiction” televisiva di buona fattura - che non le esigenze (soprattutto di produzione e distribuzione!) del grande schermo.
Volendo invece abbracciare tutto l’arco dell’opera - senza scegliere magari di mettere a fuoco solo alcuni personaggi o particolari passaggi -  davvero poco si riesce ad avvertire della magnanimità impagabile di Karenin e dei suoi crucci, molto superficialmente ci arrivano i dolori e le gioie dei cuori agitati dalla tormenta e percepiamo  appena gli umori ostili  dell’alta società che assedia crudelmente una donna accusata di aver perduto la sua onorabilità.
“L’amore romantico sarà l’ultima illusione del vecchio ordine” sentenzia il fratello ribelle di Kostantin: eppure a smentirlo ci sarà proprio  la grande forza di Anna Karenina – che la Knightley per quanto puo’ prova ad irradiare con una prova onesta –  forte solo del suo coraggio e della sua passione, che arremba  contro tutto e tutti incendiando ogni cosa al suo passaggio prima di cedere, infine, stremata dai fantasmi della gelosia e della solitudine.
Alla resa dei conti il film di Wright - per quanto gradevole  - risulta molto  levigato e freddo, vaporoso e “rassettato”: se il regista fosse riuscito a far emergere con più forza il groviglio di pena e disperazione delle quali ogni singolo protagonista è potenzialmente   intriso – una vera miniera letteraria pronta a consegnarsi a chi la voglia scavare – avremmo probabilmente lasciato la sala con un adeguato senso di “prostrazione” che, unito alla buona  ricerca estetica, ci avrebbe donato la commisurata soddisfazione.
Questo “Anna Karenina” invece sembra troppo spesso inseguire solo la perfezione formale e poco assecondare quanto di  davvero vibrante risiede nel racconto di Tolstoj; ovviamente  è davvero un “peccato” e -  proprio come  questa storia più di altre  ci insegna -  “il peccato ha il suo  prezzo”, quello stesso che il film di Wright non puo’ esimersi di pagare alla fine per essersi concesso – magari senza troppo “dolo” – ripetuti indugi tra gli orpelli in bella vista e lo sfarzo degli abiti colorati della Russia Imperiale, a scapito di un vero approfondimento della sfera intima dei protagonisti ed inevitabilmente finendo per sottrarre ossigeno al fuoco vitale del pathos.

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