Come fosse una costola post-adolescenziale di "Gomorra" di Matteo Garrone, defilato e in sordina se confrontato con quegli spargimenti di sangue ed i rumori forti della grande criminalità, ecco il riquadro di una Napoli silenziosa e nascosta ma non per questo meno atroce, toccante e crudele.
"L'intervallo" di Leonardo di Costanzo ha per protagonisti Salvatore (Alessio Gallo) e Veronica (Francesca Riso), due ragazzi giovani che non hanno nemmeno vent'anni: lui per la precisione ne ha diciassette, vende granite al limone e da grande vorrebbe fare lo chef; lei è carina ed ha un carattere vitale e difficile da domare e quando l’estate è alle porte si arruffiana i professori per ottenere una promozione a scuola.
Ma sopra di loro non c’è solamente il cielo ma anche Bernardino (Carmine Paternoster), il boss del quartiere, che fa sequestrare a Salvatore il carretto con il quale lavora e lo costringe a far da guardiano a Veronica, colpevole di un qualche “sgarro” che scoprirete per conto vostro seguendo la storia: confinati entrambi in un luogo abbandonato e dalle mura fatiscenti, dove il verde sta lentamente riconquistando la sua supremazia sul cemento, nel tempo di una giornata ecco emergere tante piccole timidezze e struggenti tenerezze, strozzate da una cappa di angoscia latente.
In un posto sudicio e squallido che se non fosse così sporco potrebbe esser la Grotta azzurra, mentre i cardellini gonfiano le piume per annunciare la tempesta, due ragazzi nel mezzo di una guerra che non è la loro che ma non possono esimersi dal combattere, guadano la giornata uno sulle spalle dell'altro, evadono dalla loro prigione quotidiana e dalle loro vite forse già irrimediabilmente segnate, scimmiottando i naufraghi dell' "Isola dei famosi".
Esistenze al laccio, anime in gabbia, che per proteggersi da coloro che li minacciano e salvarsi da ogni cosa li opprime avrebbero bisogno che scoppiasse un'epidemia o arrivasse un terremoto che si portasse via tutto, compresi i creditori che reclamano i loro pochi soldi.
Da un progetto nato con il laboratorio di recitazione teatrale del "Teatro Stabile di Napoli", Leonardo di Costanzo ci offre un film molto bello, di una purezza tetra ed incisiva e dai dialoghi così lisci e perfetti da non perdere aderenza dalla realtà nemmeno per lo spazio di un millimetro.
A supporto la bella fotografia di Luca Bigazzi, ma anche fosse stato girato con un telefonino "L'intervallo" sarebbe stata una pellicola degna di nota, intrisa di una autenticità talmente forte da poter prescindere dalla gradazione dei suoi colori.
Un piccolo spaccato di una Italia adiacente e nascosta, tinta di un nero asfittico che secca il fiato in gola: eppure lo sguardo, osservando una gioventù ancora non del tutto corrotta, lo scolora a fatica in un grigio che non significa speranza ma che ancora non certifica la resa.
Le barche galleggiano nell'acqua stantia di un sottoscala e dai tetti il panorama è arido e desolante; il Vesuvio langue sbiadito dietro la monotonia dei palazzi ed ogni tanto il silenzio è rotto dal rumore degli aerei che solcano il cielo, troppo veloci e distanti per salirci sopra e fuggire via lontano.
1 commento:
questo mi è piaciuto,FINALMENTE
Posta un commento