VISITATORI

sabato 7 luglio 2012

LA GUERRA E' DICHIARATA di Valerie Donzelli



L'inizio della storia è musica, baci ed abbracci.
Ed ancora alcool e risate con gli amici, palloncini colorati e lunghe corse in bici.

Ma, come già si riusciva nettamente a presagire dal veloce prologo del film, qualcosa non girerà per il verso giusto e così, molto presto, “Romeo e Juliette”, come nel destino scritto una volta e per sempre dall'eterna penna del “Bardo”, conosceranno la tragedia che gli è consueta e che stavolta si presenterà sotto le sembianze di ostili corridoi d'ospedale ed un tumore nel cervello di un bambino da poco venuto al mondo.

Difatti c’è poco da girarci attorno: “La guerra è dichiarata” è il racconto/resoconto di un dramma pesante, peraltro vero e vissuto in prima persona dalla regista e dagli sceneggiatori della pellicola, ovvero dai protagonisti Valèrie Donzelli e Jèrème Elkaim, che ancora portano addosso i segni di quel che ora tramutano in cinema di bella fattura.

Ma da una traversia di tale entità i due non si sono lasciati spazzar via ed ora per raccontarcela tracciano una linea ben definita da farci seguire, in modo da evitarci possibili fraintendimenti: in forma di cinema “dichiarano” quindi convinti che pure se è vero che l’amore da solo non basta per aggirare gli ostacoli e raggiungere gli obiettivi, altrettanto lo è che l’esistenza è prodiga di speranze ed arrendersi o ingrigire i giorni che scorrono tallonati dal dolore non aiuta né la rende migliore.

Suggella un silenzioso “patto per la vita” il mare blu di Marsiglia che si infrange sulle onde.

Così il film della Donzelli, forte anche della patente di credibilità che possono aver conseguito solo coloro che quel calvario lo hanno camminato per davvero, procede risoluto per addentrarsi lungo il suo tortuoso cammino.

La strada che ci mostra non è certo quella dove poter volare sulle ali di un ottimismo a prescindere, che sarebbe assurdo e fuori luogo, né quella dove tutto viene indiscriminatamente colorato di tinte allegre per sovrastare il buio che avanza.

Semplicemente, nel riportarci gli avvenimenti, viene messa in campo una grande attenzione al non disunire le circostanze: la malattia non viene isolata dalla vita che va avanti, non ci si concentra solo sulla mestizia e sul dramma ma si lasciano aperte le finestre che sconfinano su tutti gli altri numerosi elementi e dettagli significativi del quadro.

Non che intorno la situazione non precipiti: il conto in banca è in rosso, la casa andrà venduta, i giorni sono sfregiati dall'umore nero ed addirittura giungerà poi il tempo dello sconforto, della prostrazione e della separazione ma, non solo per esorcizzare quanto per rendere al meglio il complesso degli avvenimenti, la Donzelli mostra ogni cosa solo connessa con il suo insieme.

Non elide le piccole normali magie che aiutano a restare a galla quando l'esistenza ti scivola via fra le dita: un semplice bacio, piccole battute di spirito e stupidaggini con la persona amata, la figura (importante) di quegli amici che continuano a condividere con te le giornate facendo finta di niente, non con questo volendo ignorare la disgrazia ma così comportandosi cercando di non moltiplicarla, creando ulteriore sconforto e depressione.

Ne viene fuori una pellicola anomala ed anche una lezione buona per tutte le occasioni dove la vita dovesse voltarci le spalle e, sotto il profilo squisitamente narrativo, non soltanto libera, ispirata ed inevitabilmente sincera ma anche per niente intrisa di pietà e lontana da ogni lacrimoso ricatto.

Sul piano prettamente cinematografico la Donzelli lascia ardere il fuoco sacro della sua regia senza tirar le briglie, pescando nella “novelle vague Francese” ma lontana dallo stagnare nei suoi stereotipi; spazia senza remore tra le pareti ampie della sua creatività artistica e della sua dimensione umana, concedendo spazio tanto alle parole cantate che alle musiche di Bach e Vivaldi.

Lascia correr via alcune situazioni al limite o verso toni di una irrituale ilarità per la tematica trattata; monta anche misteriose forme magmatiche che sembrano un piccolo mistero per immagini conficcato giusto tra la morte e la vita: ma sono solo cristalli di zucchero!

Perchè è capitato a noi?” chiede Romeo e la sua Juliette prontamente gli risponde:”Perchè ce la possiamo fare!”

E forse ce la potrebbe fare davvero chiunque, questo è il grande messaggio, purchè affronti con dedizione e coraggiosa consapevolezza ogni cosa, a patto di esser disposto a passare dalla distruzione alla eventuale resurrezione e pur concedendo questo senza aver nessuna sicurezza che gli sforzi profusi saranno premiati.

Si tratta dell’adottare un punto di vista, ovviamente, come i tanti che inevitabilmente siamo costretti a scegliere nella vita e magari, proprio quello proposto stavolta potrebbe esser quello buono per riuscire ad attraversare il tunnel buio della malattia.

Ognuno infatti, al termine della storia, potrà vedere un finale diverso: alcuni un lieto fine, altri una conclusione sofferta e indecifrabile; chi addirittura, di quel sole che splende ancora sulla spiaggia nonostante sia arrivato il tramonto, non sarà capace di veder brillare nemmeno uno dei suoi raggi.

Nessun commento: