Per
risvegliare il pubblico italiano dal torpore in cui l’ha
precipitato l’afa estiva, Hollywood decide di dare una bella
rinfrescata ad uno dei Super Eroi “Marvel” che ne avrebbe forse
meno bisogno e tra quelli più refrattari all'invecchiamento: il
sempreverde Spider Man.
Via Tobey
Maguire ed al suo posto ecco il bel faccino di Andrew Garfield,
sempre imbranato e problematico ma nelle intenzioni forse considerato
maggiormente in grado di fare presa su un pubblico adolescenziale e
così anche Emma Stone (Gwen) in luogo di Kirsten Dust (May Jane):
sarebbe sembrato un volto davvero ultra-depressivo il suo dopo le
recenti avventure “Melancholico-Danesi”.
In cabina di
regia Marc Webb, quello del carino e ben riuscito “500 giorni
insieme”, classe 1974 e qui al suo secondo lungometraggio.
Al restyling
non sfuggono nemmeno le origini del nostro arrampicamuri, che viene
sempre punto da un ragno radioattivo ma in circostanze differenti,
così come si ritrova sempre affidato alle cure della zia May (per
l’occasione molto ringiovanita!) e dello zio Ben, il quale morirà
in frangenti diversi anche se simili a quelli già conosciuti; la
vendetta però stavolta è un piatto freddo non solo per modo di dire
e verrà consumata, con tutta probabilità, nei prossimi sequel.
Altra
novità: Peter Parker oltre ad esser un provetto fotografo stavolta
se la cava piuttosto bene con strani “algoritmi del tasso di
decadimento”; inoltre l’Uomo Ragno parla al cellulare ed è
visibile anche via internet (forse su YouTube), ma chissà perché la
sua macchina fotografica è un modello antidiluviano anziché una
modernissima digitale.
Il nemico di
turno è il dottor Curtis Connors ovvero “Lizard” (Rhys Ifans),
vecchio amico e collega di Richard Parker, padre di Peter: frustrato
e mutilato, perde il senno invidiando i topini bianchi che gli fanno
da cavia e corre dietro a balzani sogni di uomini perfetti e senza
debolezze, bramando nel contempo di poter far ricrescere un giorno il
suo braccio amputato.
Il
“nuovo inizio” cinematografico dell’ “Amazing Spider Man”
rischia di scontentare molti: i cultori
della saga o del divertimento sul grande schermo per il suo scarso
apporto di spettacolo e novità quanto quelli del pubblico che, se
può fare a meno dei grandi “fuochi d'artificio”, è invece un
pochino più esigente nei confronti dello script e della sua messa in
scena, per non parlare poi di tutti quelli che dogmaticamente
ancorati alle pagine del fumetto vedranno sconvolti i loro capisaldi
ed urleranno al sacrilegio.
Ma
effettivamente, chi si dovrebbe giovare davvero tutto questo
ricominciare, cambiare ed aggiornare una storia ed un personaggio
che, perlomeno in questa maniera, non ne
aveva nessun vero bisogno?
Davvero
vedere Peter Parker sullo skateboard, che fa canestri spettacolari o
si allena come “vigilante in embrione”, appeso alle catene prima
di inventare la sua ragnatela, aggiunge qualcosa? Dovrebbe
solleticarci il fatto che, franato da un tetto sopra il ring di una
palestra, prenda ispirazione per il suo costume da “El cruzado de
la noche”?.
Oppure
dovremmo applaudire alla “novità” circa l'attenzione dedicata a
quel vago sentimento, misto a solidarietà e riconoscenza, che
porterà la gente comune a partecipare attivamente contro la minaccia
che incombe su tutta la città a causa del terribile dispositivo
“Ganali”?
Un punto a
favore però il film di Webb lo mette a segno nel confronto con i
precedenti e bisogna ammettere che il “sense of humor” dell’
arrampicamuri durante i combattimenti a tratti è decisamente
somigliante a quello che trovavamo nelle prime strisce di Stan Lee
(piccolo cameo e “benedizione ufficiale alla pellicola” per lui
in biblioteca, cuffie e musica nelle orecchie mentre tutto gli
crolla intorno) ed è assolutamente calzante che se ne stia appeso a
giocare con il cellulare prima di affrontare il “lucertolone”
che, nel mentre, ha trasferito il suo laboratorio nelle fogne.
Molto in
questo film odora di operazione commerciale e si predispone, con fin
troppa furbizia ed anticipo, ad accogliere le puntate che verranno;
l’Uomo Ragno, e soprattutto il suo “logo”, sono buoni per
dipingere un murales oppure per creare il mito di un personaggio alla
moda il cui “marchio” è adattissimo ad una T-Shirt.
Più
palesemente troveremo, incastrato appena dopo i principali titoli di
coda, un colloquio misterioso e tetro che null’altro è se non un
preludio indefinito ad un appuntamento in sala per l'anno 2013:
qualora per le date italiane si dovesse trattare ancora del torrido
luglio estivo inutile dirvi del mio consiglio “ondeggiante” tra
mare e spiaggia o, se proprio non poteste farne a meno, in qualche
fresca arena, con alle spalle il proiettore e in mano un “preventivo”
e consolante gelato con panna.
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