Le Haway: un nome che evoca solo scenari paradisiaci nell’immaginario collettivo...
....eppure gli abitanti di questo famoso arcipelago Americano non sono di certo in vacanza permanente, i loro “tumori” di sicuro non sono meno mortali dei nostri e nessuno è “immune alla vita” ma anzi, come tutti noi, devono affrontarla ogni giorno con le sue delizie ed asperità....
E così Matt (George Clooney) un giorno si trova con sua moglie in coma stesa sul letto di un ospedale dopo un brutto incidente e mille cose in sospeso che avrebbe voluto dirle per pacificare il loro rapporto un pochino “burrascoso” negli ultimi tempi ma, proprio mentre sta riordinando i suoi pensieri agitati dalla tempesta del dramma, ecco che in pochi istanti apprenderà che il cammino della sua compagna probabilmente avrà un finale senza ritorno e questa ferale notizia andrà a fare il paio con quella che la figlia piu’ grande, Alexandra, gli sta rivelando, ovvero che “mamma lo tradiva” con un altro uomo...
Proprio assieme alle due figlie (con lui anche la piccola Scottie) ed al fidanzato della maggiore (Sid) Matt comincerà una specie di “giro iniziatico molto sui generis” che gli farà dividere il suo tempo tra vicini di casa, parenti ed amici ai quali porterà notizie sulla salute di Elizabeth (oppure cercherà di carpire informazioni sul conto del suo misterioso amante....) e mentre “navigando a vista” prenderà coscienza della nuova situazione, nella sua vita riaffioreranno, come scogli abbandonati dalla marea che si ritira, le sue figlie che fino a quel momento, nonostante fossero “familiari e vicine”, altro non erano che “corpi estranei e distanti”....
Matt vedrà le cose attorno a lui in una prospettiva ed una luce ad ogni passo nuova e mutevole....
….ed ogni cosa o persona comincerà a raccontargli molto “altro di se”....
Con invidiabile normalità ed “in tono di commedia” Alexander Payne usa come “centro di gravità” un dramma irreversibile a ridosso del quale gli impacci e il dolore e gli egoismi degli uomini che vi si trovano costretti al confronto emergono con inconsueta nitidezza, oltretutto in una forma dilazionata ed estesa dal tempo lungo dato dallo stato inerte di un corpo che fa anticamera con la morte.....
Matt/Clooney all’istante deve abbandonare le sue insicurezze ed affrontare l’urgenza dei sentimenti così come le loro imprevedibili e talvolta persino curiose e ridicole difficoltà pratiche......si ritrova catapultato in una situazione gestibile esclusivamente “ad un livello umano” e non “matematicamente progettabile” con precisione di lunga scadenza........
.............dolore intermittente e molta confusione nella sua testa....
Le sue figlie irrequiete si agitano non poco e lo pressano da differenti fronti e lui per ampi tratti della pellicola sembra non azzeccare una mossa e render piombo ogni cosa sfiori il suo contatto....
......Ma la vita premia l’istinto di un sentimento pulito e probabilmente mostra grande clemenza anche verso coloro che sanno perdonare o quantomeno provare a comprendere le ragioni degli altri, e queste sono categorie dove il protagonista del film di Payne puo’ ambire ad iscriversi di diritto dopo la sua traversata del dolore; le sue debolezze non divengono mai meschinità e, pur non trovando affatto il bandolo di una intricatissima matassa, nemmeno per un momento prova a scaricare il suo fardello su chi gli sta accanto, il che sembra davvero ampiamente sufficiente a farne una sorta di “piccolo e confuso eroe nell’ambito della sua personale resurrezione”.....
Vedere (….e valutare....) per credere...!!...
“Paradiso amaro” è il tipo di film che con il suo “camminare a fari spenti”, il suo “ritmo” che pare quasi assente perché “quietamente costante” nel suo legare con semplicità ogni attimo presente a quello che verrà così come a quello che lo ha appena preceduto, come pochi altri sa darci conto con la sua storia dell'eterea imprevedibilità della quale consiste l'esistenza, cogliendone un vasto campionario di dettagli senza nessuna enfasi o costruzione complicata che sappia di finto o artificioso ed anzi, con acume e talvolta un pizzico di “imbarazzante ed inconsueta ironia”, riuscendo a mescolare le carte proprio in talune toccanti situazioni che sembrerebbero per convenzione “rigidamente non profanabili”, scardinando le barriere con una risata o magari una “assurda circostanza”.....
Costruendo vicende ed immagini con quell'impasto di “materia magica” ogni volta differente che si annida solo tra la vita, i sentimenti e la morte, con uno stile senza drammi ma neanche inutili frivolezze, che rinuncia ad ogni artificio o distrazione spettacolare, Payne offre alla platea una pellicola che sembra fatta di nulla ed invece a ben guardare tiene assieme davvero “molto”....
Perché nella vita nulla è così scontato e banale da poter esser assolutizzato senza dubbi...
Nessuno ha il potere di spazzar via le incertezze e quando le asperità del cammino si impongono per momenti prolungati, ci si puo’ solo aggrappare a “dei punti di vista”, seguire i nostri sensi, assieme a chi ci sta vicino o per l’occasione torna ad esserci accanto.....
…..e probabilmente, mentre perdiamo qualcosa, forse senza consapevolezza non la stiamo “sostituendo” ma stiamo guadagnando “altro ed altrettanto”....
FRANCO – 23 FEBBRAIO 2012
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