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venerdì 24 giugno 2011

ATTRAVERSO LO SPECCHIO di Giovanni Sansone



Attraversare uno (…”LO”…) specchio è nella sua stessa costruzione di immagine metaforica un passo avventato, comunque un varcare “LA” soglia dirigendosi verso lidi sconosciuti…
….non per questo necessariamente temibili
 
Affidare la realizzazione di un film a ragazzi alle prime armi ed appena freschi di qualche nozione cinematografica una scommessa che ai piu’ potrebbe sembrare un vero e proprio salto nel buio, in fondo l’equivalente del transitare oltre la superficie dello specchio, specie se si provasse non soltanto a“passarci oltre” ma  ad “ANDARE intenzionalmente OLTRE”….
 
Giovanni Sansone stacca una costola al suo precedente lavoro “Fosforillasi” e con fiducia la “consegna” al gruppo dei “magnifici sette” (pseudonimo di gruppo cinematograficamente beneaugurate ovvero Mascia Kachan, Ivan e Misha Kranik, Serghej Maksimau, Ruslan Shulgat, Anja Svistunova e Olga Tsikhamirava….), ragazzi provenienti da un Internat per Oligofrenici della Bielorussia ma oramai “Italiani d’adozione”,  o se preferite “extracomunitari con regolare permesso di soggiorno,  costituitisi in una  “Cooperativa Sociale Integrata” dal nome “Matrioska” (dove prestano la loro opera preziosa quanto silente anche Gaia Carletti nel coordinarli e Luca Valerio per insegnargli i segreti del “cinema”….), in fondo anche questo un nome dal sapore significante visto il numero sorprendente di invenzioni, magie ed improvvisazioni che possono saltar fuori nel liberare una bambolina dopo l’altra……. e soprattutto  se sappiamo lasciare  i nostri occhi “liberi di incantarsi”!….
 
Attraverso lo specchio” ha prima fra tutte la caratteristica della fragrante genuinità in quanto la quasi totalità di quello che vediamo è stato “pensato, progettato, ideato, realizzato e montato” dai ragazzi della Cooperativa con una notevole dose di autonomia e proprio in virtu’ di questa sua caratteristica si distingue immediatamente per non seguire in alcun modo un percorso logico ed omologato nella sua “forma-racconto”…
 
Specie nella sua fase iniziale la pellicola paga in qualche modo dazio a questa sua  genesi differente, “felicemente diversa”, e forse rischia di pagare uno scotto ancora piu’ pesante lo spettatore che non ha seguito il “capitolo d’apertura”, quel “Fosforillasi” che forse per alcuni versi sarebbe una sinossi indispensabile e che, tra le altre cose, esponeva  le origini di questa “altra” e consequenziale storia….
 
Ma “qui” (……) non sono previsti riassunti, ed il cinema in fondo deve navigare libero senza preoccuparsi di elargire troppe spiegazioni, forte della sua potenza immaginifica e visiva…
 
Va inoltre detto che per una buona mezz’ora si fatica non poco a rintracciare le coordinate logiche che pian piano vanno a formare la sostanza portante del discorso, in questo niente affatto aiutati anche da una lavorazione in digitale ed una tecnologia usata con larga profusione che, se da un lato offre delle possibilità di “spazio e libertà” notevoli alla fantasia, da poter sviluppare anche nel recinto di una stanza, dall’altra riversa in maniera pesante su ogni fotogramma un diluvio anche eccessivo di colori forti, una “ridondanza di figure” ed una sovrapposizione costante di inserti visivi di varia natura che affatica occhio e cervello e disperde l’attenzione, talvolta genera confusione, frammentazione..…
 
Cio’ nonostante sembra un buon tributo da deporre questo all’altare di una esperienza libera ed intraprendente e quello che si perde in nitidezza lo si guadagna in libertà ed anzi, per paradosso, viene curiosamente spontaneo domandarsi  quale sarebbe la resa del potenziale di questi “cineasti in prova” se non ci fosse nemmeno una supervisione minima, nessun controllo, ovvero la totale autorizzazione a varcare qualunque confine “nella forma e nella presentazione”, un “total free cut” magari ancora piu’ sconnesso, ostico, impervio ma libero da qualunque ingessatura e quindi magari capace di inventare un “neo-linguaggio” vero e proprio, ancora oltre questo già considerevole punto di arrivo…
 
Intanto la pellicola scorre ed il tempo ci lavora ai fianchi, emergono “ricordi e volti” dalle memorie ed il senso di disorientamento scema ed anche se non sappiamo “da chi” precisamente provengano le istanze di angoscia e dolore cominciamo comunque a raccoglierle e  da un piano “materialmente visivo” cominciamo a calarci verso una dimensione empatica….. l’emozione apre una breccia…
 
Sbattono gli occhi di Anja e ci inghiottono oltre il sipario (….oppure ci conducono oltre “lo specchio”….)…..
…..il suo viso truccato e un “ossimoro visivo” inquietante ed al tempo stesso invitante, comunque una porta oltre la quale affacciarsi…..…senza timore…
 
Astronauti….. un Generale (..?..) che fa il verso a Chaplin, un Direttore arrogante e prevaricatore…..Una sposa……anzi DUE!...…….
…….Bambole spezzate…..
…………..Sogni infranti……….. li riprenderemo poi…..
 
Gli attori mettono in scena carnefici e vittime, la banalità del male di chi opprime e la  imprevedibile reazione di chi è oppresso…….le loro stesse vite e “stralci surreali” di quelle di coloro che ne hanno ostacolato la formazione e la crescita …… si travestono e divengono  strambi personaggi, degli “alter ego” di vario conio che disegnano le linee generali del declino di una Nazione (la Bielorussia) e delle diverse vite ad essa connesse e (ri)compongono in un “disordine organizzato” appunti dalle loro biografie reali, portano le voci di orfanotrofi e manicomi lontani che con urgenza cercavano uno sbocco e che da sempre gli era stato negato….
…..ed ora invece possono addirittura beffarsi di queste “stolte mezze figure” che si atteggiavano a grand’uomini, una rivincita in parte ripagante e fino a poco tempo fa impensabile….
 
…il “varco è stato aperto”, il passaggio adesso è calpestabile….
 
Tra le forme di colore di questo “avventuroso ed eccitato affresco” ci stanno incastonati anche due avvenimenti reali: una casa bruciata ed un matrimonio…
….forse la vera “forza differente” di alcuni “soggetti umani” inspiegabilmente marginalizzati da una società troppo occupata a ripiegare quotidianamente su se stessa la possiamo cogliere ed osservare proprio nella   distanza e la dissomiglianza tra questi due episodi, dove il primo sembra essere oramai solo un ricordo lontano, un lutto elaborato senza nemmeno troppa distruttiva gravità ed il secondo invece un avvenimento gioioso la cui voglia di festeggiare è contagiosa, travolgente…….rivitalizzante….
….sotto l’ombrello rosa di Dimitri e Catia si raccolgono passato e  futuro (…il presente è solo una stagione propizia di  intermezzo….)….tutto il coraggio di un insieme di persone…..il loro impegno e le loro scelte……
Una forza ed una capacità dai troppi poco lungimiranti imprevista ma che alla fine ha trovato una sua strada….  (…“Quando ero bambino ragionavo da bambino….ora non piu’!…”)
 
….”Hanno nuotato……senza sponda…….senza il mare…….senza una via……..e sono approdati!...”
….…ed anzi “navigano ancora”, anche perché le accoglienti banchine di un porto le hanno viste di rado  ed in fondo di tutta quella quiete, di quell’ acqua senza onde potrebbero non sapere nemmeno cosa farsene….
 
In “Attraverso lo specchio” non mancano le note chiare ed esplicite relative alla peculiarità delle “Cooperative Sociali Integrate”, realtà dalla quale è direttamente partorito questo lavoro cinematografico e nello specifico “Matrioska”, un laboratorio “né chiuso né protetto”, l’ “Intrapresa sociale” che vuole provarsi addirittura nel confronto con il mercato, sfidare regole e pregiudizi e manifestarsi sotto il sole di un nuovo orizzonte, magari ancora lontano ma che sarebbe stupido non provare a raggiungere (…e vengono alla mente le parole di Eduardo Galeano e  “l’utilità del cammino”…)….
 
Vengono scandite in sottofondo alcune parole direttamente prese dallo statuto della cooperativa Matrioska mentre vediamo all’opera i ragazzi che hanno realizzato il film ora fattisi operai e coperti dalla polvere bianca e dalle vernici, che stanno  preparando la loro sede lavorativa dove coltiveranno le loro “consapevolezze in erba”......
 
……poi anche qualche divertente lezione di napoletano, immagini dalla nevicata Romana del 12 febbraio 2010, giusto qualche ora di bianco a suggellare un gemellaggio, una congiunzione…….un filo ininterrotto tra due nazioni (Italia/Bielorussia) che tra breve toccherà i trent’anni…..….ed altro ancora, se vorrete vederlo da voi stessi….
 
“Attraverso lo specchio” è lontanissimo da qualunque rigore formale, è una forma di proposizione spesso “a nudo”, senza scudi o freni….
…..nessuna inibizione di sorta ed  alla lunga distanza  una capacità comunicativa invidiabile, talvolta sotterranea, altre volte esplosiva, comunque in grado di “arrivare forte ed emozionale”…
 
Della sua “diversità”, della quale ha bisogno esattamente quanto ne abbiamo noi, pare non curarsi, anzi sembra compiacersene….
 
Non tutto combacia, in alcuni tratti si fatica a raccapezzarsi sul significato di “soldati e spose, di baffi e parrucche”, ma in fondo la sostanza sta anche nel gioco, nella adesione e partecipazione totale senza troppo domandare, precipitandosi in una dimensione dove possiamo percepire quello che altrove non potremmo, vedere quello che altrimenti sarebbe invisibile….
 
Sentite il rumore di vetro infranto?.....Non affannatevi a raccattare i cocci in terra e guardate in alto…..c’è un buco ora nella parete di cristallo….…
………ed a prima vista sembra piccolo, ma…… fidatevi……. potete passarci!….
 FRANCO – 24 GIUGNO 2011

domenica 22 maggio 2011

THE THREE OF LIFE di Terrence Malick



L’America degli anni ’60….il carattere duro di un padre (Brad Pitt) che vorrebbe fornire le armi per difendersi dalle insidie del mondo ai suoi figli (e nel contempo annullare le frustrazioni della sua vita, che identifica come un qualcosa di “mancato”….) ma che collide terribilmente con il percorso di crescita di uno di questi….Una madre quasi eterea, “dall’apparente assenza e debolezza ma che sorveglia, indica….sparge sommessamente umanità ed affetto…”….

Ma anche, in parallelo ed anzi fuso assieme, il piano infinito della storia e della creazione, il big-bang e la genesi, le parole di Giobbe e gli stormi di uccelli che volano tra i grattacieli, i grossi fili d’erba che ne sono alle radici, testimoni invincibili della natura che ancora alberga gli spazi invasi dall’uomo e che in quegli spazi non chiede elemosina ma li abita da sempre ed al cui confronto il ferro ed i vetri della città altro non paiono che una claustrofobica prigione.

La via della grazia di un Dio talvolta incomprensibile, che sparge sale sulle ferite che dovrebbe curare, e l’ancestrale esistere  del creato, di una natura a cui piace dominare….
Scattose o morbide si aprono finestre su pianeti e cosmo, cascate d’acqua e deserti, enormi girasoli….

“The tree of life” di Terrence Malick ha come obiettivo un cinema di rappresentazione totale, come suo riferimento immediato il Kubrick di “2001” ma meno psichedelico ed ossessivo…….. prova a scavare sul versante new age/filosofico anziché direttamente tra gli abissi dell’inconscio e del mistero puro e “tetro”, ma rispetto al capolavoro imperituro del regista americano non pare riuscire a trovare un equilibrio perfetto tra le sontuose immagini e le parole, ne con gli innesti di  musica aulica sembra poter accedere al santuario delle infinite e nascoste “geometrie” che ne farebbero davvero “Cinema eterno”….

Il caleidoscopio di crateri e ribollenti acque, pietre levigate e fiori che paiono gameti, sembra riflettere non luce nuova ma solo un ridondante assemblaggio di un “monumentale già visto” senza un amalgama vero e proprio…. le domande e le risposte fluttuano, galleggiano ma non respirano e nemmeno vanno oltre l’immagine di gigantesche meduse bianche che vagano da sempre in un oceano di luce blu e dovrebbero in qualche maniera rivelarcene i contenuti….

Non c’è il passo allucinato e maestoso nè di Kubrick nè della “Sottile linea rossa”, le parole sussurrate stavolta non trovano aderenza e rovinano giu’ staccandosi dal contesto o comunque incidendo poco e non oltre alcune dimensioni ampiamente già visitate in precedenza in tantissime forme ed occasioni…

Dobbiamo osservare per imparare…

La piccola quanto giustissima rampogna pedagogica l’abbiamo già sentita ed il fatto che sia vera senza dubbio nulla toglie al fatto che Malick non ne corrobori l’essenza con un corredo personale ed efficace che pare quasi mancare “in dote” a questa pellicola….

Non basta l’ombra di mamma a piedi nudi tra il verde degli alberi ed il bianco delle lenzuola ne le sontuose immagini di una natura sempiterna mischiate alla telecamera che ruzzola ad inseguire i suoi protagonisti, e nemmeno si puo’ affermare che sia una questione di aver voluto volare troppo alto, ma soltanto semmai di dover constatare che il viaggio, una volta raggiunta la quota, diventi troppo piatto, lineare e non consenta all’arte di “rilasciare” nulla di nuovo….

Per quanto si comprendano fin da subito gli intenti sulla universalità del progetto, le proposte visive e verbali di Malick non riescono a trovare il giusto “trait d’union” che le fonda assieme alle aspirazioni che le hanno ricercate e composte, sostanzialmente non si riesce a stare al passo con l’ambizione inseguita ed agognata per lungo tempo….

Non possiamo bollare l’opera di Malick come ampollosa o noiosa, pure se a tratti corre il rischio di poterlo essere, ne intaccarne l’intento genuino e grandioso che era alla sua genesi ed alla sua portata (e di chi altri, sennò?...), ma non riconoscere il mancato raggiungimento dell’obiettivo sarebbe un eccesso affettivo e di accudimento per un artista che non ne ha alcun bisogno ed in ogni momento futuro potrà renderci lezione di cinema ed esistenzialismo….

Ma come non rilevare che ne “L’albero della vita” quel che forse appare chiaro da sempre al filosofo fatica ad emergere tra le mani del regista e rigenerarsi in qualcosa di “vivo e cinematografico”, come non evidenziare che il flusso unico di saggezza e buoni consigli, di fede e di ribellione uniti alla mistica dell’infinito non arriva a dilatare nuove percezioni ne a fornirci nessuna intuizione significativa?......

C’è stordimento, smarrimento…..stupore e meraviglia….c’è pure un abbraccio che vorrebbe essere immenso ma non travolge…..ne ricrea o ridefinisce….

“Non si vive se non nell’amore…bisogna amare tutto: ogni foglia, ogni raggio di sole….dobbiamo aiutarci gli uni con gli altri….prestare l’opera a Dio o concederci in fusione all’immanenza”…..

Malick non apre diversi  sipari che vadano oltre “questo generico tappeto concettuale” e latita tra le immagini che promettono ma non mantengono, boccheggia tra i sussurri delle parole che giungono al nostro orecchio senza portare molto di pacificante e nemmeno estetizzanti risposte….

….e se all’arte non spettasse proprio questo compito di “diversa traduzione” e trasposizione della realtà e del pensiero, forse vorrebbe allora dire che siamo proprio noi i primi a suicidare l’unica porta in grado di aprirci i confini dell’universo ben oltre le rigidità delle convenzioni e della scienza….

Il maestro Malick alla prossima storia saprà di certo trovare (e poi “consegnarci”….) tutto quello che ha cercato oggi in ogni spazio (in)immaginabile ed (in)intelligibile, anche solo rovistando tra le pareti di una stanza, osservando il  fremito di una foglia o lo sguardo di un bambino….

….e noi resteremo fiduciosi ad aspettare il dono meraviglioso che stavolta  ci ha solo promesso, confusamente mostrato ma non davvero “regalato”….
 

venerdì 25 marzo 2011

NON LASCIARMI di Mark Romanek


E’ il 1978 e siamo in Inghilterra, in un posto chiamato Hailsham….

Recitano le scritte nel prologo che dal 1957 la medicina si è talmente evoluta da aver portato l’aspettativa media di vita dell’uomo fino ad una media di 100 anni…
….conseguentemente è normale dedurne che questo passato è stato reinventato da uno scrittore (Keizo Ishiguro, autore del libro alla fonte di questo cinematografico “Non Lasciarmi”), che vi ha precipitato  dentro le sinistre ombre di un futuro che speriamo non si concretizzerà mai….

…..A “tradurlo” sullo schermo c’è Mark Romanek….

Ad Hailsham detta le regole e controlla che siano rispettate l’algida Miss Emily (una Charlotte Rampling che alita ghiaccio secco….) mentre Miss Lucy (Sally Hawkins, per lei poco piu’ di un piccolo “cameo”) prova se non proprio a trasgredirle quanto meno ad offrire un gancio per “aggirarle”….ma non le sarà concesso….

I bambini dell’Istituto  nella sala rispondono meccanicamente e  all’unisono alla loro Direttrice….

Gli è stato raccontato che oltre il cancello non si puo’ andare perché c’è il pericolo di trovarvi terrore e morte….mentre in realtà ci sarebbe il mondo…
Le bottiglie del latte per la loro colazione sono disposte in “disturbante ordine”….
La palla con la quale giocavano e finita solo “pochi metri” piu’ lontano del recinto dove vivono ed ora giace nell’erba mentre  la pioggia scroscia e la sommerge….
Sanno che fumare è a loro proibito perché è assolutamente necessario che conservino sano il proprio corpo….

Sono sventurati (e consapevoli!!...) predestinati del “National Donor Programme”….

Dopo l’Istituto dove ora crescono saranno assegnati a dei complessi di fattorie genericamente chiamati “Cottage” e poi termineranno il loro ciclo fino al “Completamento”….

Sono esseri umani “clonati” al solo scopo di fornire organi di riserva ad altre persone….

E’ l’orrore che apre la porta all’apocalisse “lenta e morbida”…..ma viene mascherato con parole come “progresso”…..

….e bisogna temere il peggio, perché si dice che Hailsham sia l’ultimo luogo con un’etica della ….”donazione”…

Di veramente aberrante c’è non tanto che non siano padroni di disporre del proprio corpo ma che non riescano ad organizzare la loro “mozzata razionalità”, che non riesca ad affiorare la loro voglia di vivere,  ed il sentimento, che vaga sperduto, scivola fuori in rivoli di lacrime che sono vere eppure solamente spia di un qualche cosa che parte dal cuore ma al quale non hanno completo accesso… la rabbia, quando esplode,  possono  solo urlarla e consegnarla al vento….

Bambini, adolescenti…poi “uomini a metà”….sempre ispirano tenerezza e sconforto….
"L’esterno” non lo conoscono ma hanno fatto “esercitazioni” per affrontarlo….  nonostante questo al bancone (virtuale) di un bar non sanno chiedere altro che un te….. ordinare dal menù di un locale è un ostacolo troppo grande da superare…

Giovani corpi segnati da cicatrici e con le mani che portano i segni di un ago cattivo….l’unico rifugio la speranza di poter ottenere un illusorio “rinvio”….

“Non lasciarmi” ci precipita in  un mondo triste, sbiadito, come lo vedessimo da un vaso di vetro, dove grazie agli indugi della regia ed una fotografia complice, gli alberi paiono soffocati e la spuma del mare senza il suo abituale respiro vitale…

Assistiamo attoniti al navigare verso un “assurdo futuro a tempo determinato” dei giovani e teneri protagonisti Ruth (Keira Kneightley), Tommy (Andrew Garfield) e Kathy (Carrie Mulligan) che  sfiorano soltanto la poesia e la vita, la scultura e la cultura, allontanandosene quasi senza intenzione, come si fa da banali incidenti di percorso….

Non è stato allevato solamente il loro corpo ma “irreggimentato” anche il loro cervello ed ora sono deprivati di ogni riferimento, di ogni aspettativa e di qualsiasi piacere….
Non possono permettere alla loro fantasia di prendere il sopravvento, questo gli hanno insegnato: devono solo salvaguardare le loro vite, anche se non potranno “viverLe abbastanza”….

Romanek segue Ishiguro, ne conserva probabilmente alcune frasi in “sottofondo” che restituiscono alla sua pellicola una densità “letteraria”….
…… decide però di non “osare”, provando a “tappare la falla”  piu’ evidente del racconto, ovvero l’assenza assoluta lungo la storia di ogni  istinto di “VERA ribellione” in questi ragazzi…. nessuna


"DECISIVA scossa”  arriva mai ne dai sentimenti (…inarrestabili!!...)  ne dagli innumerevoli (per quanto casuali) impulsi esterni….
Tutto questo sarebbe possibile non se fossero stati “indottrinati” ma forse solo se fossero stati “lobotomizzati”….

…..Non vuole imbarcarsi in questa avventura  Romanek…….si “accontenta” (…..) di filmare piuttosto la delicatezza della piccola Kathy che  ci offre il suo viso dolcissimo assieme al  suo sguardo spento, spesso disorientato, assente….ed è comunque un qualche cosa che ci rimane appiccicato addosso…

E ancora una volta prendiamo atto che quello che possiamo sopprimere è solo il corpo…..
………il cervello, poi, possiamo provare ad imbrigliarlo….. irretirlo…..

Ma  c’è ancora, qualcosa ancora, che neanche sappiamo se esiste o cosa sia…..
……Anima…Essenza….indefinibili sensazioni….

Ed è tutto li il “Nostro eterno racconto”, da sempre…

domenica 21 novembre 2010

ILLEGAL di Olivier Masset-Depasse


Per nulla “dei delitti” ma solo “delle pene” ….intendendo queste  non come punizione comminata per una infrazione o un reato commesso ma invece come “calvario e sofferenza”, come “deserto senza fine” da attraversare per tentare di raggiungere una chimerica “tranquilla normalità”…

Olivier Masset-Depasse con “Illegal” fa in modo che divenga film questo “squarcio (…al cuore…) di realtà” dipingendolo su tela cinematografica, usando in vece dei pennelli e dei colori una esposizione agghiacciante ed ordinata di tutti  i cupi elementi chiave che mettono alcune “vite al laccio”, scegliendo per farlo una  rappresentazione quasi documentaristica che senza sconti propone ai nostri occhi una storia che potrebbe esser di chiunque, di quelli che “non siamo stati” per pura fortuna o (…non escludetelo….) potremmo essere….

E qui si tratta della  storia di Tania, costretta alla fuga dalla natia Russia assieme al figlio Ivan e che nel Belgio dove ha trovato “riparo clandestino” riceve la “bolla di respingimento”….

Rinnega la propria lingua, cancella le impronte dai suoi polpastrelli con il ferro da stiro (un incubo il  solo pensarlo….) e resiste ancora per diversi anni, fino a che, proprio nel giorno del  compleanno del suo bambino viene fermata per un controllo dalla polizia e sprofonda nell’inferno (purtroppo piu’ che reale) dei centri di detenzione…

Per noi che viviamo nella morbida bambagia d’occidente (nonostante ultimamente questa sia divenuta una “bomba ad orologeria”), è difficile rapportarci ad un mondo di privazione dei diritti dove è necessario mendicare un turno di corvè per avere in cambio la possibilità di fare una telefonata  alla quale consegnare in pochi disperati secondi ansie ed urgenze comunicative…è forse incomprensibile raccapezzarsi sulle ragioni che portano a  dover respingere la visita del proprio stesso figlio per provare a mantenere viva la speranza di un futuro non migliore ma semplicemente con ancora  la possibilità di un divenire “delle cose e dell’esistenza” ……….

…..Intuiamo a malapena le coordinate distorte di questo corto circuito che oppone sorveglianti e “detenuti senza colpa”, madri contro figli, neri contro bianchi….
 
….esseri umani contro altri esseri umani….

Come puo’ essere accaduto e soprattutto come si è potuto concretizzare ad un livello così esponenzialmente alto tutto questo oggi, dopo aver valicato la soglia del secolo del grande progresso?.....….

Come è possibile che uomini e donne debbano ancora nascondersi come belve in fuga, disperate e ferite (…anche percosse e seviziate….) dietro il paravento di un numero di matricola perché  dichiarare il loro stesso nome creerebbe i presupposti per correre rischi gravissimi?...

Olivier Masset-Depasse prova a spiegarcelo, a raccontarci di fughe kafkiane dentro identità sbagliate… il suo compito è rendere ai nostri occhi questa lotta fisica e psichica fino allo sfinimento, dove i piu’ forti tentano di fiaccare le residue resistenze dei piu’ deboli…. Porta la telecamera dentro quelle camere di decompressione che forse neanche saremmo stati in grado di immaginare, stanze nei pressi degli aeroporti dove si staziona giusto il tempo necessario  per accettare di rinunciare a sperare, per firmare il proprio diniego nei confronti dell’esistere……. Capolinea di vite sospese, bollate, soppresse…. Cacciate!!….

…..ed al loro seguito, talvolta, bambini prigionieri e persi in uno straziante disorientamento….….

Il regista mostra le umilianti ed invasive perquisizioni e tutto il campionario di orrori e degenerazioni di una società civile che difende il suo avere, i suoi “effimeri possedimenti” a discapito della sua dignità e del suo “vero progredire”, distruggendo oggi possibilità dell’umano fiorire, iniettando il veleno nell’idea stessa di futuro…

….Gli aerei sono asettici giganti che trasportano vite, identità temporaneamente negate, sentimenti ridotti solamente a corpi, ingombri da legare come animali….

“Illegal”prova a fornirci gli strumenti per tornare ad avere la capacità di provare vergogna o indignazione, per reagire alla stasi che ci ha posto unicamente in difesa del nostro egoismo e della nostra avidità, prova a mettere alla berlina la nostra inerzia o il nostro famelico soverchiare vite innocenti e sconosciute, a volte persino inconsapevolmente ma comunque  senza averne mai preoccupazione alcuna nemmeno per un attimo….

Prova a tirar fuori la nostra coscienza costretta in un cassetto assieme a mille incoerenze e bugie….

Tutti sulla terra dovremmo avere i “requisiti in ordine” (….) per vivere degnamente….

Olivier Masset-Depasse e l’ottima protagonista Anne Coesens (Tania) con questa pellicola tesa, dura ed urticante tirano un pugno violento al nostro stomaco e senza appello vengono a ricordarci che se non c’è spazio per la felicità di tutti allora simultaneamente corre il rischio di scomparire anche il territorio dove crescere e coltivare la residua dignità di ognuno….

lunedì 10 maggio 2010

FRATELLI D'ITALIA di Claudio Giovannesi


Tre ragazzi adolescenti… tre storie…

Una scuola …Una nazione (…l’Italia…)….ed il suo “divenire”…

Al “Toscanelli” di Ostia il 30 per cento dei ragazzi è immigrato o figlio di immigrati…
Claudio Giovannesi (…molto bello il suo recentissimo “La casa sulle nuvole”…) si mette per un anno intero a seguire problemi, difficoltà, “asperità ed aspirazioni” di alcuni di loro, per la precisione Alin (Rumeno), Masha (Bielorussa) e Nader (Egiziano)…

Quel che ne risulta è un ritratto d’insieme dipinto con molta naturalezza ed altrettanta attenzione, non solamente di questi tre giovani che si affacciano alla vita adulta ma anche di parte del mondo che li circonda e li accompagna, li “modifica e li modella”….e in quel mondo, ci siamo anche noi!...

Giocano a carte oppure ascoltano le suonerie dei cellulari tra i banchi della scuola, armeggiano con marmitte e motorini, fanno la fila fuori dalla discoteca e poi ci ballano dentro, oppure passano del tempo al tavolo da biliardo…scrivono l’amore (…l’affetto…) sui muri ma soprattutto lo cercano ovunque, in qualsiasi forma….L’amore da trovare o da ritrovare…l’amore necessario per poter vivere, andare avanti, sentirsi accettati ed in grado di affrontare le difficoltà di una vita per nulla semplice ed accogliente….

…Sembrano differenti da “noi” (…) ma sono uguali…anzi….forse “identici”….di sicuro molto “simili”…

A casa si parla Arabo oppure un Italiano con folkloristiche “venature nuove” di vernacolo…si alternano le lingue ed i dialetti  durante lo stesso discorso, senza discontinuità….assieme!!...
Se il mondo è sempre stato uno solo ora lo è ancora di piu’ e questa è solo una delle tante prove tangibili….…sono rappresentanza di “un genere umano” che è “tutto intero” e pure “in frammenti”…

…Sono neri ed inveiscono contro i negri (…ed anche contro gli Ebrei, “ci mancherebbe”…), ma non sembrano avere nessuna consapevolezza concreta di cio’ che dicono…piuttosto “parlano” per trovare “raccordi, aperture…contatti…marcare differenze e rintracciare ipotetiche superiorità ”….

Tradizioni differenti, religioni diverse….contaminazioni in viaggio da Ostia a Casalbertone oppure fino a P.zza dei Re di Roma…
Vogliono divertirsi come è legittimo ma pure  fornirsi una distrazione, un “anestetico” alle difficoltà ed alle frustrazioni…

C’è chi  ha rintracciato il proprio fratello mai conosciuto  ma ancora non ha potuto vederlo…
Chi si sente distante dai suoi compagni di scuola, si ritiene  già adulto e pensa spesso a soldi, donne e motori ed ascolta musica che inneggia a tutto questo…

Chi ha trovato la sua “anima gemella” ma non puo’ portarla nemmeno a casa perché sua madre non accetterà mai alcun tipo di “rapporto con l’altro sesso” prima del matrimonio…

E’ un puzzle che si scompone e si ricompone di continuo…
…e sono sterminati i frammenti di possibilità, di dialogo, incontro e comprensione che traspaiono dietro le apparenti “prove di forza”, le intemperanze e le resistenze….
Sono “anime ribelli” e “cuori sperduti”…

Certo, potrebbe percorrervi un brivido sottopelle nel vedere quali sono le modalità di dialogo tra i professori e gli allievi ma abbiate la pazienza di tener conto che, almeno ad esempio nel caso di Alin,  si tratta della “configurazione di un rapporto comunicativo” parecchio complesso ma comunque vivo e desideroso di “creare un ponte” e che comunque questo non è altro che “lo specchio dei tempi”, la risultante anche delle innumerevoli crepe sociali operate dalla mancata attuazione di  politiche di integrazione e dal nostro stesso egoistico comportamento ed ancora  che, siatene sicuri, alcune “prassi” comunicative  non riguardano solo i ragazzi che vengono da oltre-confine o che discendono da famiglie di emigranti ma sono oramai purtroppo una poco piacevole “consuetudine interna e tutta Italiana”…

…Molto di piu’ invece trasmette inquietudine la rigidità della mamma di Nader e la sua difesa “senza alcuna critica” della condizione delle donne nella sua tradizione culturale…

Giovannesi con il suo “Fratelli d’italia” racconta un “sottomondo in rapida emersione” (ed anche molto di piu’, per chi è in grado di “leggerlo”….) seguendo la “doppia linea di frattura e ricomposizione” dello straniero fuori della sua cultura ed ora a confronto  con una nuova, differente e da esplorare, nonchè dell’adolescente “semplicemente” a scuola tra i suoi coetanei, pur con le sue differenti caratteristiche peculiari…

Riesce ad intrecciare le ragioni di tutti sforzandosi nel ruotare di continuo il punto di osservazione e soprattutto cercando una analisi “di insieme” della realtà, senza frapporre degli assurdi “spartiacque” in un contesto sociale che sempre di piu’ va sedimentandosi come un corpo unico e non piu’ scindibile in “ragioni di comodo”

Filma con un “occhio pulito”, mai prevenuto e sempre capace di “guardare” senza nemmeno una volta  “additare, indicare”, riuscendo così a descrivere quanto risiede tra le pieghe del nostro vivere di ogni giorno e molto di quanto probabilmente albergherà nel  futuro prossimo venturo….

…Con le immagini il regista dal mare parte e con lo stesso “specchio d’acqua” chiude questo bellissimo documento….acqua pulita ma che “nulla lava via” e tutto continua a trascinare (…e “portare”…) tra le sue onde….…

….e  il mare ora è calmo…pulito….come un cielo limpido da tutti e  quattro i lati…

lunedì 25 gennaio 2010

L'UOMO CHE VERRA' di Giorgio Diritti

Contadini con i nasi aguzzi,  oppure “abbondanti” e simili alle patate che coltivano…. Con le barbe incolte e le orecchie a sventola, con i gilet stracciati….
Uomini e vecchi che “sibilano” un dialetto arcaico “soffiato” giusto negli “interstizi”  lasciati tra un dente e l’altro,  “rimanenze gialle” buone ancora per mangiare, un po’ meno per parlare… escrescenze di smalto  corroso dal tempo, corpi consunti  dal lavoro…

Le donne anziane spendono le loro energie fisiche senza posa, sbraitano e comandano e mantengono l’ordine…. le piu’ giovani scoprono l’amore, lo cercano, ne parlano…

Una bambina è muta ma osserva tutto e scrive…

Una donna è incinta…..e dentro la sua pancia c’è “un mondo”…. C’è   “L’uomo che verrà”….

Un bosco….ora con il solito marrone delle foglie ed il fruscio del vento  sembra portarci anche odori e presagi cattivi
Un bosco….. ora ricoperto di neve ed ancora carico di colori accecanti anche piu’ del bianco…
Un bosco: dove si nascondono i ribelli….. “il lupo”, si fa chiamare uno di questi…. tra quelle montagne verdi e bellissime dove l’occhio si perde rapito fino all’orizzonte hanno fatto la trincea  i difensori del suolo natio…la brigata “Stella Rossa”…

Pidocchi e petrolio tra i capelli…
…..Chiesa, preghiere, timore del peccato, superstizione…..olio e croci sul petto… I santi guardano da una mensola ma non proteggono….e per questo finiranno poi “sottoterra”, assieme ai morti…

E’ questo è il pezzo di mondo che aspetta “la guerra che verrà”…o che sta già arrivando…

Una comunità rurale che nulla sa e nulla vorrebbe sapere ma fin troppo intuiscee quel che vede  talvolta scrive, ad esempio su un foglio di carta, nel tema di una bambina che diventa un pericolo da bruciare, una verità da negare…

La guerra è (ancora) un rumore lontano che ogni tanto irrompe e devasta il tempo da dedicare a bambini ed animali e vita…la guerra sono bagliori sinistri nella notte ed aerei che sorvolano i tetti…La guerra spaventa gli uomini e li manda a nascondersi nel bosco, le donne, i vecchi ed i bambini invece in chiesa….

E  comincia a comprenderlo qualcuno che questa è una guerra vera, da fare con le armi…non è una questione di politica ma semmai di difendere la casa e la terra dei nonni, la famiglia, per lasciare qualcosa (…e soprattutto “cosa”!!...) ai  figli…ai figli che verranno!...
Perché i tedeschi non sono rimasti a casa con i loro bambini…non li hanno anche loro?...” si domandano i piu’ piccoli…
Ma adesso sono qui i tedeschi ed i giochi dei bambini cambiano…..e  i rami secchi diventano fucili…

….”Facciamola questa guerra, e subito….che tanto due volte non ci possono ammazzare”…

Una barella, un morto, facce incredule e attonite, pianti disperati intorno….ora la guerra è arrivata e questo è il suo biglietto da visita…

Poi il paesaggio incantato diventa inferno e castigo… Scompare ogni umana virtù risucchiata dall’abominio bestiale, senza pietà si compie l’orribile mattanza…
Cadono volti fieri, disperati, increduli…mitragliatori silenti bucano con centinaia di colpi le spesse porte di legno….C’è chi resta assordato dal rumore delle esplosioni e istintivamente  cerca una via di fuga, forse per sopravvivere o magari solo per  vomitare finanche le sue viscere in riparata solitudine….Si compie l’epilogo come sapevamo ma non di meno stupisce ripercorrere con  “occhi nuovi”  tanta crudeltà e follia…

Film capolavoro di Giorgio Diritti che dopo il fortunato passaparola che ha premiato il suo precedente “Il vento fa il suo giro” si prova nel compito di narrare gli orrori compiuti tra le  colline di Monte Sole (…il cui piu’ grande comune è Marzabotto…) ovvero dell’eccidio della sua gente (…è nato a Bologna….), ai tempi della occupazione tedesca in Italia…
La storia è una ed in questo caso neanche è possibile equivocarla ma bisogna saperla raccontare e il cinema in fondo “esiste anche per questo”…
Diritti incanta  con pane e sugo ed un semplice campo di lucciole, con un prato verde ed una bambina vestita di bianco e le colonne di persone sotto gli ombrelli prima della fine….con le tazze del latte, i pasti frugali, gli animali…… Punta l’occhio ed incastona  il cuore del film tra la  gente inerme e indaffarata con la vita quotidiana ed insinua tra loro  il pericolo e la guerra con piccole irruzioni sporadiche….
Poi, come una malattia che   arriva e non passa piu’, d’un tratto si ferma in quelle campagne il conflitto armato, fino a quando tutto si tinge di nero o di rosso sangue e nulla puo’ esser evitato o rimediabile…

Un cast perfetto…..gesti e parole misuratissimi…un “racconto in purezza”, che pare quasi “vivere” oltre lo schermo…. l’ombra delle candele che proietta figure nelle stanze viene rappresentata con  una luce di un realismo impeccabile, a tratti sembra un dipinto di Caravaggio…
Se in un libro o un documentario è piu’ probabile trovarci i fatti ed i particolari, ne “L’uomo
che verrà” sono le emozioni che trasudano dallo schermo, dalla campagna contadina fino alle fosse comuni, e poi fino al rumore dei grilletti delle pistole…. Tutto con naturalezza,  come fosse una passeggiata lungo un sentiero che poi però precipita repentinamente in un dirupo, in un abisso  senza fondo…

Come Mosè, in una cesta, non salvato dalle acque ma dalla cattiveria dell’essere umano, tra le onde del disastro,  accompagnato dalla mano malferma e compassionevole di una ragazzina, un “cucciolo di uomo” disperde i suoi vagiti in un freddo glaciale e di morte….

L’uomo che verrà” è al sicuro tra le braccia amiche, sostenuto da piccole gambe a cavalcioni di un tronco….. è avvolto in un canto di bambini….. ….

….dei miracoli “fatti in terra” e degli orrori, della vita  che continua e non si ferma neppure davanti all’inimmaginabile ci racconta Giorgio Diritti e questo film bellissimo, prezioso, inappuntabile e commovente….

FRANCO – 25 GENNAIO 2010