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martedì 11 febbraio 2014

SMETTO QUANDO VOGLIO di Sidney Sibilia


Resuscitare la commedia all’italiana, da diversi anni a questa parte sembra esser diventata una sorta di “emergenza nazionale di minoranza”: i tentativi di soccorso si sono succeduti con vario impeto ma quasi mai sono arrivati a buon fine.

Ci prova stavolta l’esordiente Sidney Sibilia con il suo “Smetto quando voglio”: in produzione Matteo Rovere assieme alla “Fandango” di Domenico Procacci.

Nel paese dei “cervelli in fuga” – la nostra Italia, per l’appunto - c’è ancora chi decide di rimanere: attenzione però, perchè qualcuno tra questi – colpito dallo sconforto interiore e dalle ristrettezze economiche - potrebbe cominciare a prodigarsi in mansioni non proprio consuete ed attività ai margini della legalità.

Nel film di Sibilia sette capaci laureati - con le ambizioni anestetizzate e travolti dalle difficoltà quotidiane - anziché metter a frutto il loro ingegno nel campo di propria competenza sono ridotti a barcamenarsi come qualsiasi disperato del nuovo millennio “senza arte né parte”.

Due latinisti (Mattia/Valerio Aprea e Giorgio/Lorenzo Lavia, figlio di Gabriele), si arrabattano a lavorar di notte presso una pompa di benzina, pagati a nero dal principale Cingalese; un antropologo (Andrea/Pietro Sermonti) tenta di riciclarsi presso uno “sfasciacarrozze”, arrivando persino a dichiararsi “pentito” dei suoi studi giovanili; un archeologo classico (Arturo/Paolo Calabresi) gira con il furgone del Ministero (che si rivelerà assai utile in seguito…) e sorveglia in cantiere i suoi operai, troppo impetuosi con il martello pneumatico; un laureato in economia (Bartolomeo/Libero De Rienzo), convinto che a poker si possano contare le carte si diletta a giocare – a corto di contante – sfidando pericolosamente la pazienza di burberi energumeni “sinti-circensi” mentre un chimico geniale (Alberto/Stefano Fresi) è costretto nella cucina di un ristorante cinese, sognando di scalare un giorno da lavapiatti a cameriere, per poter ambire finalmente ad un salario da settecento euro al mese!

Completa il quadro un brillante neurobiologo (Pietro Zinni/Edoardo Leo), autore di un algoritmo rivoluzionario verso il quale però non sembra esserci grande interesse da parte delle istituzioni che assegnano riconoscimenti e fondi, cosìcchè a lui ed alla sua compagna (Giulia/Valeria Solarino) - che di mestiere fa l’assistente sociale e si occupa del recupero dei tossicodipendenti - non rimane che pagare le rate dell’ascensore ed il sogno di una nuova lavastoviglie a far da propellente erotico.

Proprio al professor Zinni verrà l’intuizione fulminante di teorizzare una “particolare molecola” ottenendone una “droga spaziale e definitiva” che, velocemente, si trasformerà in denaro sonante. Raccoglierà attorno a se i suoi “colleghi” e li trasformerà in complici, assemblando una “estemporanea combriccola” che sedurrà in un batter d’occhi “tossici clienti” di diversa estrazione sociale.

Implicazioni morali a parte, tutto sembrerebbe finalmente veleggiare con il vento in poppa, anche perchè “il losco traffico” - dal momento che la formula del “prodotto” non è ancora stata catalogata negli elenchi del Ministero della Salute relativi alle nocive “smart drugs” – risulterebbe essere addirittura legale. Ma, nemmeno a dirlo, ben presto cominceranno i guai...

Come recita la locandina “meglio ricercati che ricercatori” e così ecco che questi giovani che sanno “solo studiare” mettono a punto (ovvero “studiano”) un piano per riprendersi la “dignità scientifica” che gli spetta, assieme al giusto corrispettivo economico.

Questa banda di “Dottori alla canna del gas” che si trasforma in un “gruppo di compravendita” di sostanze psicotrope richiama subito alla mente film come “I soliti ignoti” o “La banda degli onesti” oppure, nella moderna fluidità dello stile, il più recente “Full Monthy”, paragoni pregevoli rispetto ai quali non c’è certamente intenzione di plagio ma al massimo un deferente omaggio.

Sidney Sibilia, classe ‘81, dal canto suo ha sperimentato sulla propria pelle quanto sia difficile sbarcare il lunario: infatti, prima di approdare dietro alla macchina da presa, ha lavorato a Londra presso un fast food, nei villaggi turistici ed infine nello studio di una agenzia pubblicitaria.

La genuinità del suo approccio, unita al lavoro professionale del cast ed alla buona cura della sceneggiatura (dello stesso Sibilia assieme ad Andrea Garello e Valerio Attanasio) ci regala un film fresco ed intraprendente, forse non sempre in grado di divertirci come vorrebbe o di mantenere il picco del suo potenziale.

Smetto quando voglio” è comunque una salutare ventata di comicità al netto di facili espedienti e volgarità, in grado di delineare con gusto e perspicacia il quadro inquietante della nostra disoccupazione giovanile ed il dramma delle risorse sprecate, utilizzando la giusta dose di ironia per cogliere più di un aspetto della tematica.

Manca il fuoriclasse “vero”, quello che sappia strappare risate all'unisono, quindi si lavora “in orchestra” e lo si fa egregiamente, raggiungendo probabilmente la vetta nel frangente della rapina in farmacia, fatta con “armi catalogate all’Hermitage”; divertenti anche i tentativi di “raccogliere prove empiriche” da parte del “chimico Alberto”, tra discoteche ed avances omosessuali sul divano, oppure l'accenno all’uso dei prefissi “Boliviani” come escamotages per evitare intercettazioni telefoniche. Sorprenderà infine scoprire quanto il pericoloso “Er Murena” (un improbabile e sfregiato malavitoso interpretato da Neri Marcorè) abbia in comune con i nostri “criminali/ricercatori” rispetto a quel che avevamo considerato!


Nonostante qualche prevedibilità di troppo e le risate a intermittenza “Smetto quando voglio” è da considerarsi un riuscitissimo lavoro artigianale, che traccia un solco semplice quanto coraggioso, da imitare e migliorare: dategli fiducia e fate un salto in sala, prima che i soliti “spacciatori di cine-cialtronerie” vi risucchino nuovamente cervello e sorrisi con la loro disgustosa “roba avariata”.

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