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venerdì 7 febbraio 2014

A PROPOSITO DI DAVIS di Ethan e Joel Coen


Il nuovo film di Ethan e Joel Coen è una commedia ammaliante e malinconica.

Ambientato a New York, nel Greenwich Village degli anni '60 – che avrebbe visto l'inizio della carriera di talenti del calibro di Bob Dylan - la pellicola prende spunto dalla figura del cantante Dave Van Ronk (1936-2002), che ispira anche il titolo originale “Inside Llewyn Davis”, ricalcante quello di un album del 1964 “Inside Dave Van Ronk”.

Ma il film dei due fratelli Statunitensi non è una biografia, vive di vita propria e sembra essere una sorta di prosecuzione del precedente “A Serious Man”, stavolta in chiave folk e senza echi religiosi.

Llewyn Davis (Oscar Isaac) è un artista squattrinato e di talento. Nel freddo inverno NewYorkese gira per le strade con la chitarra in mano: per lui invece dei soldi delle “royalties” c'è un cappotto usato. Non ha un tetto sotto il quale riposare e Jean (Carey Mulligan) - la ragazza che talvolta lo ospita e che forse ha messo incinta - lo tratta con disprezzo e toni al vetriolo e lo paragona al “fratello idiota di Re Mida”, ovvero uno che quel che tocca non lo fa diventare precisamente oro ma piuttosto qualcosa di inutile e maleodorante.

Llewyn però, nonostante la fortuna sembri continuamente voltargli le spalle, proverà ad inseguire caparbiamente i suoi sogni e partirà per Chicago, viaggiando in auto assieme ad una strana compagnia: il cantante eroinomane ed ormai malfermo sulle gambe Roland Turner (interpretato da John Goodman, attore feticcio dei Coen) ed il suo “valletto” Johnny Five (Garret Hedlund).

In un “club” deserto terrà un'audizione di fronte a “Bud” Grossman (nomignolo di Albert Bernard Grossman, interpretato da F.Murray Abraham), manager musicale della scena folk e rock di quegli anni, realmente esistito e noto per aver avuto tra i suoi “clienti” anche Bob Dylan e Janes Joplin.

Tra i tavolini del locale Llewyn canterà la struggente ballata “The death of Queen Jane”, al termine della quale il commento lapidario di Grossman sarà purtroppo un poco incoraggiante “Qui non ci vedo soldi!”

A proposito di Davis” è un film dalle atmosfere dense ed ai limiti con l'assurdo, dove incontriamo strani “protagonisti” (gatti, uomini, cani) e percorriamo molta strada, tra asfalto e metafora, buio e fiocchi di neve.

Una fusione che possa dirsi riuscita tra musica e racconto è davvero rara ma, questa struggente storia di un uomo che si dibatte tra le onde della vita inseguendo i suoi sogni sembra davvero coronare questa alchimia.

La fotografia di Bruno Delbonnel regala magnifici colori lattiginosi che sembrano far respirare ogni istante di vita faticosa ed affannata, così come irradia calore per pochi secondi il primo piano di una puntina di giradischi che corre circolare  lungo  il nero del vinile.

Dell'autobiografia di Van Ronk “Manhattan Folk Story”(Edizioni BUR) – fonte ispiratrice del film - ipotizziamo possano esser rimasti i riferimenti al reale, le luci ed il fumo dei locali; le sue canzoni (come la splendida “Hang me, oh hang me” cantata dallo stesso Oscar Isaac), qualche aneddoto riveduto e corretto, i sentimenti forti come il coraggio di andare avanti contro ogni avversità e lo sconforto di esser continuamente respinti dalla vita ma, quel che più di tutto seduce, è il carismatico ed inconfondibile tocco dei Coen.

Decisamente distante dal soltanto gradevole esercizio di stile dell'ultimo “Il Grinta”, come dicevamo in apertura “A proposito di Davis” è molto più vicino alle bislacche peripezie del professore di fisica Larry Gopnik, protagonista del loro lavoro precedente.

Anche stavolta aleggiano instancabilmente messaggi che paiono essere inafferrabili e la storia è pervasa da un fascino misterioso. Ogni mestizia e sfortuna lasciano decantare una successiva indicazione, ogni cosa, dopo un lungo girovagare, sembrerà trovare quiete e collocarsi al suo giusto posto.


Parrà nulla di significante o roba già vista, raccontata e sentita in altre forme centinaia di volte: esattamente come una canzone folk che “che non è mai stata nuova ma nemmeno invecchia” oppure - come più di una volta capita – l'ennesimo splendido lungometraggio di Ethan e Joel Coen.

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