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giovedì 5 dicembre 2013

INDEBITO di Andrea Segre


Il cinema può arrivare in luoghi conosciuti percorrendo strade mai viste, ricreare immagini per proporle ancora una volta ad occhi che vi abbiano già poggiato lo sguardo o esser capace di trovare nuove parole che rendano vivi discorsi già ascoltati.

Seguendo la rotta indicata da una “bussola fatata” Andrea Segre decide di andare dietro alle orme della crisi globale, pedinandola per vie insolite e che, nello specifico del suo “viaggio”, si snodano tutte in Grecia, una delle nazioni più colpite in Europa dal tracollo dell’economia degli stati sovrani. A condurlo in giro – per le strade di Atene - una guida “sui generis”: il musicista Vinicio Capossela.

L’artista di origine Irpina - che con il suo ultimo lavoro (“Rebetiko Gimnastas”) si erà già avvicinato a questi luoghi - ci accompagna tra locali e strade buie, facendoci ascoltare i rumori che salgono al giungere della solidale compagnia della notte e le voci che animano le taverne popolate da esseri umani che ancora coltivano il desiderio di ricercare le proprie radici e condividere assieme ad altri il sapore di ogni loro scoperta.

Capossela porta con se un piccolo strumento a corde “figlio” del bouzuki, il “baglamas”, simbolico e tenero legno dal quale vibrano note come lamenti o struggenti richiami dell'anima. Lo agita davanti a se come fosse il ramo di un rabdomante, in modo che possa condurlo a scoprire storie nuove e vecchie, le tane degli spettri o il nascondiglio di strani fantasmi; se lo porta all'orecchio come fosse una conchiglia di mare dalla quale poter ascoltare le voci dei “rebetes” morti, o che forse ci suonano ancora dentro.

Indebito”, presentato fuori concorso al 66° Festival di Locarno, è difatti - anche, o soprattutto - un viaggio nella musica “Rebetiko”, quella dove le corde degli strumenti vengono pizzicate direttamente come da un cuore primitivo e le melodie struggenti che ne nascono – sulle quali vengono poggiate parole semplici - parlano di questioni senza tempo, dell'amore, dei rapporti umani, di sofferenza e povertà.

Rebetiko: dal turco “ribelle”, perchè sono stati i profughi di Smirne - scappati dai fuochi della guerra e da una diversa “crisi” - a far germogliare le sue note in terra di Grecia. Musica “allevata” poi dai “Rebeti”, ovvero dagli emarginati, gente fuori dalle regole, che magari faceva uso di droghe e vino e giocava d'azzardo ma non poteva fare a meno della “manghià”, ovvero la dignità. Rebeti, forse dal verbo “remvo”, fantasticare”, e così ad ogni passo la radice di questa parola sembra assumere poteri magici o taumaturgici.

E' uno strano viaggio verso le origini dell'essere umano quello di Segre, Capossela e dei loro amici Greci e lungo il cammino scorre linfa energizzante, buona per resistere e metter in campo nuove rivoluzioni: perchè questa musica – dicono - “è rivoltosa” e lo diviene proprio nel momento in cui riesce ad accendere in noi la consapevolezza che ogni attimo è l'ultimo ed a farci comprendere che - proprio per questo - non ha alcun senso sprecare la nostra vita.

Indebito” non è la crisi filtrata attraverso una accudente melodia e nemmeno si sogna di spacciare la musica come panacea di tutti i mali – purtroppo non è l’antidoto perfetto a depressione e miseria - però sottolinea che attraverso la musica (qui si parla del “rebetiko” in particolare) può riemergere l'anima e tornare ad apparire limpido quel che ci è necessario.

Grazie ad essa talvolta vediamo nuovamente con chiarezza la semplicità dei nostri bisogni e le urgenze divengono forze propulsive che ci traghetteranno ancora in avanti; nel cuore di una taverna o sul gradino di una strada deserta, al netto dei nostri assurdi bisogni consumistici, tutto adesso sembra volersi far guardare sotto una luce diversa.

E’ ritmo e “musica vitale” anche il richiamo struggente all’antica filosofia dell' ”esser felici con quel che è nella disponibilità”: un pacchetto di sigarette, un bicchiere di vino con gli amici o la propria donna: sono grandi rivelazioni al tempo in cui i mercati sono più importanti delle persone e non deve meravigliare che tutto questo giunga da un paese verso il quale siamo da millenni debitori di molte cose, prima fra tutte l'alba della nostra esplorazione interiore.

Segre lascia che il suo film faccia rotta verso il cuore e la ragione, senza perdersi in spiegazioni di troppo o raccordi che ne possano alterare la sincerità e la purezza, macchiandolo di inutile artefazione.

Asseconda, circoscrive, sottolinea”, accompagna Capossela nella sua trance musicale ed infine traspone i segni della musica in cinema, di questa musica che a sua volta è come se fosse figlia di vecchie foto in bianco e nero ritrovate in chissà quale vecchia scatola di metallo, che il passato ha conservato per noi.

Indebito” è come vino che non ci fa mai ubriacare: segue e ritrova le tracce della “Mangas” e cioè della sincerità, di coloro che fanno il bene senza dirlo e dunque sono davvero uomini! Contro il potere costituito ed il conformismo è una boccata di ossigeno e di schietta speranza, che diventa forza a guardare i volti coraggiosi e leali che hanno incisi sulla pelle i segni del tempo ed il suo insegnamento.


Il sole non è in crisi” - è scritto sulla vetrina di un negozio - e nonostante ogni sconforto sarà parecchio difficile mandare del tutto al tappeto anche il cuore e l'anima degli esseri umani, perlomeno di coloro che opporranno la loro strenua resistenza, respirando la vita di ogni giorno anche al tempo ed al ritmo della musica.  

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