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venerdì 13 settembre 2013

VENEZIA - 70^ MOSTRA D'ARTE INTERNAZIONALE CINEMATOGRAFICA


TRACKS di John Curran
Versione Originale Inglese (110 min.)
PalaBiennale – 29 agosto 2013 – Ore 20.00


Da Alice Springs in Australia fino all'Oceano Indiano, dopo il deserto.
Per Robyn Davidson (Mia Wasikowska) nessun posto è casa sua e nel ricordo del padre, che in passato a piedi percorse l'Africa in cerca d'oro e incontrando coccodrilli, ora vorrebbe viaggiare per tremila kilometri in solitaria attraversando terre aspre e pericolose; ma dovrà condividere qualche momento anche assieme ad un fotografo (Rick Smolan/Adam Driver) con il quale scoprirà di avere in comune molte piu' cose di quante non credesse.
La storia vera dellaSignora dei cammelli”!
Il film di Curran scivola via leggero e veloce: un lungometraggio che ha per solida base un buon racconto. Il risultato è un cinema avvincente e dallo stile lineare, anche se forse troppo passivo nel contemplare l'avventura della quale tratta.
Arriveremo a poggiare il nostro sguardo fin oltre le dune bianche del deserto, la dove il blu del mare si confonde con il colore dei sogni.

Voto ** 6½

VIA CASTELLANA BANDIERA di Emma Dante
Versione Originale Italiano (90 min.)
PalaBiennale – 29 agosto 2013 – Ore 22.00



In un vicolo sperduto della Sicilia due donne, bloccate in automobile in uno stallo ai limiti del surreale, danno luogo ad una sfida dai connotati quasi western: marcano il territorio come animali, scattose inseriscono la prima nel cambio come si carica il colpo nella canna della pistola per poi sparare.
Intolleranze e disaffezioni, dolori e piccole tenerezze: tutto emerge e si fa strada nel film esordio di Emma Dante.
Buona la proprietà dei mezzi a disposizione che, stavolta, le consentono di operare oltre i limiti dell'abituale profondità di campo e della visione frontale del teatro.
Lampi di Italiane insensatezze e cattivere siciliane, cuori impietriti e tristezze arse nel sole, nel cemento e nel tempo.

Voto *** 7½

JOE di David Gordon Green
Versione Originale Inglese (117 min)
PalaBiennale – 30 agosto 2013 – Ore 20.00


La vita è un lungo binario del quale non si vede la fine e per succhiarle via il veleno che la rende malsana talvolta è necessario iniettarne altro nel fusto di alberi fastidiosi per l'imprenditore di turno, che al loro posto vuol piantarne di nuovi.
E' un Texas nel quale sembrano convogliare molte delle tenebre e delle infelicità del mondo quello di David Gordon Green e dove Joe (Nicolas Cage) fa a pugni con la vita e con la legge mentre non lontano, intorno a lui, si susseguono esplosioni di bestialità e violenza.
Uomini sopraffatti dalla vita, dalla sfortuna o dalla rabbia, linguaggio sporco e vite miserabili, finale prevedibile e precipitato.
Ogni tanto la terra pare confondersi con l'inferno eppure sarà l'ultimo dei diavoli ad indicarci la strada per il paradiso.

Voto ** 6½

DIE FRAU DES POLIZISTEN (La moglie del poliziotto)
di Philip Gröning
Versione Originale Tedesco (175 min.)
PalaBiennale – 30 agosto 2013 – Ore 22.00


Nella famiglia felice il male brucia e consuma lentamente, come un tronco che arde dall'interno, nascosto nel fitto del bosco.
Nel film di Gröning la violenza è quasi assente ma i suoi segni invece affiorano lentamente e con circostanziata e dolorosa precisione.
Le poche lancinanti deflagrazioni di violenza si conficcano, senza rimedio, come aghi nella memoria: riaffioreranno poi fino ad impossessarsi dei nostri sensi coinvolgendoci, nostro malgrado, in una esperienza di empatica discesa agli inferi.
Spossante e rigorosa rappresentazione della normalità della disperazione, di un ambiente patogeno, disturbato ed angoscioso, “Die Frau des polizistenprecipita lo spettatore in una dimensione rarefatta, richiedendogli grande impegno e partecipazione.
Il film è suddiviso in capitoli estenuanti come un calvario e paga forse alla fine un qualche dazio più a questa sua frammentazione che non alla sua rigorosa lentezza o alla cupezza asfissiante delle sue atmosfere, senza però per questo perdere alcunchè della sua efficacia e della sua bellezza.

Voto *** 7½

CON IL FIATO SOSPESO di Costanza Quatriglio
Versione Originale Italiano (35 min.)
Sala Grande – 31 agosto 2013 – Ore 10.00


Ispirato al suo memoriale e per rendere omaggio alla vera storia di Emanuele, dottorando nel Dipartimento di Scienze Farmaceutiche di Catania morto nel 2003 di tumore ai polmoni, Costanza Quatriglio chiedeaiutoad Alba Rohrwacher per ottenere attorialmente indietro ogni sorriso spezzato o lacrima perduta, tutta l'intensità del rimpianto per i sogni immaginati e poi smarriti in una realtà che, giorno dopo giorno, li ha annichiliti.
E' la quantità che fa il velenoe dovrebbe tenerne conto l'Italia, un paese che sta lentamente scivolando e consegnandosi ad una malattia senza un nome ma sempre più inesorabile ed ogni giorno più percettibile.
Il film della Quatriglio è un inno alla ricerca scientifica malmessa e bistrattata, “in pericolo e pericolosa”, una dedica a tutti quei giovani coraggiosi che la animano e la mantengono in vita.
E' un grido d'amore e d'allarme per il nostro Paese urlato con convinzione e dolorosa tenerezza, per mezzo di una finzione penetrante che somiglia in modo bruciante al vero.

Voto *** 7

REDEMPTION di Miguel Gomes
Versione Orig. Portoghese, Italiano, Francese, Tedesco (26 min.)
Sala Grande – 31 agosto 2013 – Ore 10.40


Dal Portogallo all'Italia, dalla Francia alla Lipsia di una Germania non ancora unificata. Quattro storie che raccontano il passato di ignoti protagonisti vengono mostrate come un album di ricordi costruito con vecchie immagini mischiate ad un flusso di pensieri che, messi assieme, simultaneamente diventano cinema.
Il segno indelebile di quel che è accaduto, ogni piccolo sentimento, risentimento o sofferenza, segnano il presente.
Quale è la matrice comune di queste storie? A chi appartengono?
Tra filmati di repertorio e spezzoni di pellicola tratti da “Miracolo a Milanodi Vittorio De Sica scorrono sullo schermo ricordi e biografie forse solo sognate o immaginate, che il film di Gomez lega assieme con audace e riuscitissima lucidità ed una punta di leggera e velenosa ironia.

Voto **** 8

PHILOMENA di Stephen Frears
Versione Originale Inglese (94 min.)
PalaBiennale – 31 agosto 2013 – Ore 20.15


Anni '50: Philomena (Judi Dench), rimasta incinta a 14 anni, è finita a pagare il suo peccato nella lavanderia delle “Sorelle della Scarsa Pietà” (…!...) del convento di Roscrea, in Irlanda.
Suo figlio Anthony è stato dato in adozione per solo mille sterline ed ha preso la strada della lontana America: a lei è rimasto solo un buco nel cuore ed una foto clandestina.
Oggi, nel giorno dell'ipotetico cinquantesimo compleanno del suo bambino perduto ha deciso di rivelare a qualcuno il suo segreto e di provare a cercarlo.
La aiuterà un giornalista (Steve Coogan) caduto dagli altari alla polvere ed in leggera depressione: la ricerca non sarà avara di difficoltà e sorprese ma alla fine non sarà stato speso tempo invano.
Il film di Frears - tratto da una storia vera - è bello e commovente, sempre in equilibrio perfetto tra laicità e religione, tra vero e falso. Spesso si diverte a metter a confronto l'intelligenza e la cultura con la saggezza coltivata all'ombra dei piccoli romanzi futili, lasciando interdetto lo spettatore al momento di scegliere il vincitore del confronto!
Tratto dal libro di Martin Sixsmith “The lost child of Philomena Lee” la pellicola sembra partorita in uno raro stato di grazia e capace di diffondere un senso di armonia costante
Lo sguardo diMamma Denchè un distillato di dignità, amore e cinema senza paragoni!

Voto **** 8

NIGHT MOVES di Kelly Reichardt
Versione Originale Inglese (112 min.)
PalaBiennale – 31 agosto 2013 – Ore 22.00


Il nostro pianeta è assalito e divorato dagli alfieri del profitto, della produzione e della crescita, anzi, forse è così malmesso che entro breve tempo sarà spacciato!
Tre ragazzi voglion dare la sveglia al mondo e farciscono un motoscafo come un tacchino, riempiendolo di sacchi di nitrato d'ammonio: gesto dimostrativo (e pericolosissimo!...) per destare l'attenzione e smuovere gli indifferenti o solo una forma di spettacolo e di egoistica gratificazione personale che nulla ha a che fare con etica ed ecologia?
Quando l'idea diventa azione e manifesta le sue conseguenze negative ecco che la vita potrebbe precipitare laddove non sembrava saremmo arrivati e persino la natura che volevamo salvare sembrerà più sporca!
I protagonisti diNight Movessono atoni, spenti, avvolti da una tristezza che scolora il loro volto come i loro sogni; paiono guerrieri ipnotizzati ed assorbiti da un obiettivo fine a se stesso e scollegato dal contesto. Probabilmente perseguendolo, anziché divenire vivi e felici, finiranno per distruggersi.
Questo è esattamente quello che potrebbe accadere quando si supera il segno ed è chiaro l'avvertimento che vuole lanciare il film della Reichardt. La sua però è una pellicola troppo mortifera ed assai distante dal suo precedente e diversissimoMeek's cutoff” (un atipico western), che si manifesta già logora molto prima di cominciare a lacerare costruttivamente le meningi ed il cuore dello spettatore.

Voto ** 6

DIE ANDERE HEIMATChronik einer Sehnsucht di Edgar Reitz Versione Originale Tedesco (230 min.)
Sala Casinò – 01 settembre 2013 – Ore 14.30


Quale idea più semplice e geniale perandare avantiche quella di ricominciare da capo partendo da un altro versante, di riprendere il filo del discorso muovendo da un punto posto ancora più a ritroso sulla linea del tempo rispetto all' inizio della storia?
Questa l'intuizione di Edgar Reitz per il suo nuovoil quarto - magnifico capitolo di HeimatDie Andere HeimatChronik einer sensucht”: protagonista stavolta è Jakob e la Patria dilaga ovunque, non solo l'Hunsrück e Schabbach dove ancora è collocato lo svolgimento dell'azione fisica e reale.
Nello scorrere di soli tre anni passano davanti ai nostri occhi molte allegorie riguardanti l'ingiustizia ed il coraggio, la libertà e l'indifferenza; ci vengon mostrate le vie dell'amore e della scienza, l'amore materno, quello filiale e certamente anche quello sognante e romantico, attraverso un non scindibile connubio magico tra le parole e lo splendore delle immagini.
Unfluireincessante dove l'ambientazione nel passato non di rado è utile per depurare lo sguardo dagli orpelli e dalle ridondanze, rivelandoci in parallalelo anche aspetti del presente e di tutto quel che non ha tempo.
Capolavoro per tutte le latitudini del mondo e del cinema!

Voto ***** 9

PARKLAND di Peter Landesman
Versione Originale Inglese (92 min.)
PalaBiennale – 01 settembre 2013 – Ore 20.00


A cinquant'anni dall'omicidio di John Fitzgerald Kennedy, Parkland - questo il nome dell'ospedale di Dallas dove avvenne il decesso del Presidente Americano - il film di Peter Landesman è metà celebrazione e metà riflessione su quel che accadde e su quel che ancora è rimasto delle scorie di un episodio che mandò letteralmente in tilt gli Stati Uniti d'America e con essi buona parte della scena politica del globo.
Le baruffe e gli isterisimi a caldo, le reazioni quasi tutte compulsive e sopra le righe, le memorie ricostruite ed una serie di interessanti personaggi non di primissimo piano portati al centro dell'attenzione, concependo e costruendo il film come un montaggio di diversi controcampi, ricreati scegliendo alcuni tra i piu' significativi episodi che si verificarono attorno all'evento.
Il funerale di Oswald e la sua bara che nessuno osa nemmeno toccare (neanche fosse l'ultimo dei reietti o il diavolo in persona) e l'oceanico bagno di folla per la salma di “JFK”, in un confronto a distanza, chiudono la raccolta dei fatti salienti di alcuni dei giorni piu' bui della storia degli Stati Uniti.
Ennesima ricostruzione per una “vicenda inalienabile ed indelebile” tratta dal libro “Four Days in November” di Vincent Bugliosi: ce n'era davvero bisogno?

Voto ** 6

MISS VIOLENCE di Alexandros Avranas
Versione Originale Greco (99 min.)
PalaBiennale – 01 settembre 2013 – Ore 22.00



Mentre tutti stanno festeggiando in casa, senza salutare i suoi cari la piccola Angelica vola giù dal davanzale: ed il pensiero suicida diviene morte all'istante!
Si capisce subito che in casa non regna l'armonia e certamente nemmeno l'allegria: Elena è incinta ed il papà degli altri suoi due figli non si sa dove sia; suo padre invece la sorveglia e la tallona di continuo, porgendole insistentemente medicine da mandar giù assieme al malessere di vivere.
Interno familiare che puzza di verità agghiaccianti fin da principio perchè se la violenza è, per buona parte del film, occultata ai nostri occhi, i suoi segni nascosti diventano ad ogni fotogramma sempre più visibili ed inequivocabili.
Molto rigoroso, ordinato e crudelmente composto, il greco Avranas ci mostrerà ogni cosa nei suoi dettagli senza alcuno sconto e senza lasciare nulla alla nostra immaginazione. Se questo sia un bene o unariduzione per eccessodell'efficacia del racconto cinematografico è una questione che non da oggi divide platea e critica; non sembra comunque esser questo il caso di una mera pornografia compiaciuta e fine a se stessa.

Voto ** 6½

THE ARMSTRONG LIE di Alex Gibney
Versione Originale Inglese (122 min.)
Sala Grande – 02 settembre 2013 – Ore 09.00



Lance Armstrong: un osso duro anche per un abile documentarista come Alex Gibney, spesso capace di rivelare verità nascoste attraverso i suoi lavori.
Partito con l'intenzione di realizzare un film per celebrare positivamente il rientro del campione (?) Americano al Tour de France del 2009, il suo lungometraggio si trasformerà gioco-forza nel resoconto lunghissimo di una storia di doping e di potere.
E' più importante l'etica o la vittoria? E' più corretto cercare di distruggere il sistema o è facile comprendere coloro che hanno scelto di farne parte?
Il tifoso ai bordi della strada vorrebbe solodisperatamente credereciecamente nei suoi eroi.
Gibney da un'altra picconata alle sue ed alle nostre illusioni con contributi peculiari e preziosissimi: informazioni, vecchie e nuove, semplicemente proposte nella loro agghiacciante moltitudine e sequenza d'insieme; alcuni primi piani di Armstrong specchiandoci nei quali meglio che altrove possiamo provare ad individuare la menzogna o la verità, cercando direttamente nei suoi occhi; il controcampo in casa del Dottor “doping” Michele Ferrari, ripreso in poltrona, cronometro alla mano, durante una tappa del Tour 2009.
Le emozioni si trasformano in veleno e subito rimpiangiamo le belle bugie anche se non siamo del tutto convinti che fossero davvero meglio di questa brutta verità.

Voto *** 7½

AT BERKELEY di Frederick Wiseman
Versione Originale Inglese (244 min.)
Sala Perla – 02 settembre 2013 – Ore 14.30



L'Università di Berkeley: una scuola pubblica di primissimo piano nazionale ed internazionale, nata da una idea di diversità e dal sogno che l'istruzione potesse esser accessibile a tutti. Ispirata ad Harvard e Yale ma in competizione con queste, con delle prassi di gestione ed una filosofia dell'insegnamento differenti.
Studiare il mondo anzitutto per conoscerlo o solo per guadagnare poi con quanto si è appreso?
Un documentario di quattro ore del maestro ottantatreenne Wiseman per darci conto dello stato dell'arte di questa imponente istituzione, un polo pubblico di formazione culturale unico e tra i migliori al mondo, che di recente ha raggiunto tra gli iscritti il più alto numero di studenti con basso reddito; nonostante ciò, per le difficili contingenze economiche, corre il rischio di diventare presto solo unmarchioe sempre meno accessibile.
L'approccio di Wiseman è schierato ma decisamente onesto: davanti al suo obiettivo scorrono riunioni pubbliche e private, discussioni e dibattiti; tante piccole lezioni di scienza, di vita e saggezza, lunghi dialoghi o monologhi inframezzati da scene di svago, di lavoro manuale e meccanico, poi anche immagini di sport e relax, intermezzi inseriti forse non solo allo scopo di spezzare il ritmo incessante della parola ma anche per sottolineare la continuità, il valore e l'unione di tutte le differenti fasi della vita.

Voto **** 8

THE ZERO THEOREM di Terry Gilliam
Versione Originale Inglese (107 min.)
PalaBiennale – 02 settembre 2013 – Ore 20.15



In un mondo apocalitticamene devastato da caos e pubblicità, in una chiesa divenuta una casa Qohen Leth (Cristoph Waltz) svolge il suo mestiere di programmatore, quotidianamente preda dello stress e della solitudine e nell'attesa (forse infinita) diuna chiamatache doni uno scopo alla sua vita. Nel mentre tenta di risolvere un teorema indimostrabile che fughi ogni dubbio sul (non)senso della vita ed inganna il tempo con sedute diinterfacing tantrico biotelemetrico”.
Gilliam come suo solito mischia e colora gli elementi, trasforma persino la logica e la matematica in fantastiche visioni e rende visibili agli occhi complicati software, dandogli forma di graziose ampolle colorate; non arretra mai di un millimetro dal suo percorso sognante ed anzi “elabora nuovo nutrimento” per la sua fame visionaria.
Tra riverberi diBrazile qualche conclusione troppo prevedibile la giostra stavolta funziona fino alla fine e quel che vediamo accadere tutt'intorno – vestito di differenti colori - è niente altro che la vita!
Una ventata genuina di fantasia e buoni sentimenti.

Voto *** 7

TOM A LA FERME di Xavier Dolan
Versione Originale Francese (95 min.)
PalaBiennale – 02 settembre 2013 – Ore 22.00



Tom ha perduto il suo amore e con esso la direzione e la bussola del cuore.
Forse, inconsciamente, è già consapevole di non aver altra scelta se non quella di provare a sostituire chi non c'è più.
Xavier Dolan (anche protagonista del suo lungometraggio) sa bene come spiegare e mostrare l'istinto e la brutalità dei sentimenti e delle passioni, i caratteri aggressivi o remissivi delle persone e tutto quel che si agita nelle viscere o nel cuore.
Il suo è un cinema elegantemente costruito e con abile maestria “sporcato” quel tanto che basta per librarsi tra stile e credibilità.
Tratta dalla pièce omonima di Michel Marc Bouchard la pellicola nel suo complesso è in grado di lacerare e sorprendere, tagliente come le foglie di mais nei campi d'ottobre, come tanti piccoli coltelli che segnano e feriscono chi prova ad avventurarsi in quelle fitte distese e Dolan ce lo mostra con esattezza.

Voto *** 7½

MOEBIUS di Kim Ki-duk
Versione Originale Coreano (90 min.)
Sala Grande – 03 settembre 2013 – Ore 09.00



Dei nostri atti e delle loro conseguenze: viaggio attraverso una geografia - al cinema solo parzialmente esplorata - delle nostre emozioni, sentimenti e percezioni, passando per differenti livelli di dolore e di piacere, di perdono ed espiazione, tra “estasi inquietee persino atti incestuosi che guardano al divino.
Kim Ki-duk è un regista al quale piace oltrepassare le frontiere con semplicità e senza paura, avanzando con ardore verso il limite, là dove si scorge il confine con l'insostenibile.
Eppure il suoMoebius”, nonostante ciò, è intriso di una dilagante ed umana poesia che non l'abbandona mai, forte di una intensità resa senza l'ausilio di nessuna parola e solo attraverso situazioni e contrasti ad ogni passo più rischiose per lacomunicazione visiva convenzionale”.
Nessuna paura però del ridicolo, perchè la bravura nel far prorompere le emozioni e le verità da situazioni ripugnanti o singolari è eccelsa e gli argomenti cinematografici del regista Coreanoin conclusione ci sembra di poterlo affermare per manifesta evidenzadecisamente più eleganti, “spietati” e granitici.
Imperdibile!

Voto **** 8½

RUIN di Michael Cody e Amiel Courtin-Wilson
Versione Originale Khmer/Inglese (90 min.)
Sala Grande – 03 settembre 2013 – Ore 11.30


Corpi violati, corpi martoriati. Sogni sporcati e realtà sfigurate.
Cambogia: un uomo ed una donna in fuga da un presente pericoloso, duro e avvilente riscoprono la tenerezza dei gesti e degli sguardi prima ancora dell'amore; lentamente fanno riaffiorare la loro dignità dalla melma di abusi e prevaricazioni che l'avevano stracciata e calpestata.
Ruin” filma con libertà più che apprezzabile la caduta rovinosa di due esseri umani che gradualmente torna a farsi cammino e poi volo; ci regala occhi intensi in primissimo piano capaci di fagocitarci, altre volte indugia forse troppo compiaciuto nella sua ricerca estetica.
Però Cody e Courtin-Wilson sanno bene come rintracciare la purezza confusa negli atti di violenza, come estrarre dalle sofferenze della carne tutto quanto è invece molto più vicino all'anima.

Voto *** 7

UNDER THE SKIN di Jonathan Glazer
Versione Originale Inglese (107 min.)
PalaBiennale – 03 settembre 2013 – Ore 20.00



Entità aliene si aggirano per il pianeta terra cercando di rapire gli umani e ridurne le carni in forme di cibo o di energia.
Molti maschietti cadono tra le braccia di uno/una di loro che ha preso le sembianze suadenti di una Scarlett Johansson dallo sguardo vitreo, sovrastato da un caschetto nero nuovo di zecca.
Dopo oltre un'ora di meccaniche azioni/ripetizioni ecco che però le emozioni fanno breccia ed anche a chi è giunto dallo spazio vien voglia di piangere, di assaggiare un dolce e persino di provare a gettarsi tra le braccia amorose di un compagno gentile che si occupi del suo corpo (attenzione agli imprevisti!...) e dei suoi sentimenti.
Certo, lo sapevamo: nonostante tutto l'umanità ha il suo fascino ed è capace di conquistare persino differenti forme di vita ed intelligenza.
Non altrettanto riescono a fare Glazer ed il suo cast con gli annoiatissimi e stremati spettatori, assopiti tra le sbiadite invenzioni narrative e le poco “sorprendenti sorprese”, elergite peraltro col bilancino.

Voto * 5

ANA ARABIA di Amos Gitai
Versione Originale Ebraico/Arabo (84 min.)
PalaBiennale – 03 settembre 2013 – Ore 22.00



Esiste, tra Jaffa e Bat Yam, un quartiere tollerante ed ospitale dove possono convivere persone con storie e culture differenti, dove puo' trovar pace l'eterno conflitto Arabo/Israeliano.
Ispirandosi alla vicenda vera di una donna ebrea sopravvissuta ad Auschwitz - e poi una volta tornata sposatasi con un arabo - Gitai immagina la protagonista del suo film (Yuval Scharf, l'attrice che interpreta Yael, una giornalista Ebrea) fare visita ai parenti ed amici di questa per raccoglierne i ricordi e conoscerne la storia.
Per realizzare il suo lavoro e mostrare quanto accade utilizza un solo ininterrotto piano sequenza, pare per simboleggiare ancor di più l'unione di due mondi e due culture, sottolineandola con l'assenza di stacchi di montaggio tra le diverse storie.
Il risultato estetico è minimalista, i dialoghi simbolici; la prova degli attori è buona ma non sembra regalare acuti particolari e quindi lascia la parola a soverchiare in abbondanza tutto il resto, spesso perduta con se stessa ed incapace di aggregarsi alle immagini facendosi cinema.
Forse da rivedere e scandagliare con maggiore attenzione, per rinvenire qualche perla sottovalutata o sfuggita tra le molte parole; non sembra comunque esser una delle pellicole più riuscite di Gitai.

Voto ** 6

UKRAINA NE BORDEL (Ukraine is not a Brothel) di Kitty Green
Versione Originale Ucraino/Russo (78 min.)
Sala Grande – 04 settembre 2013 – Ore 09.30



Se il mondo vede l'Ucraina come un bordello dove trovare le puttane che veda allora donne nude che non si vendono!”
Questa l'affermazione di una delleFemen”, un movimento di emancipazione delle donne in una nazione dove la stragrande maggioranza delle ragazze ignora il significato della parola femminismo.
Il loro movimento è una realtà contraddittoria, che unisce il marketing alla cultura delle donazioni (queste ultime operate soprattutto da parte di uomini, perchè il denaro del mondo perlopiù è nelle loro mani), l'esibizionismo e la nudità del corpo utilizzate come provocazione e non come offerta, le sfrenate azioni dimostrative unite alla passione civile.
Il documento di Kitty Green (che con loro ha condiviso per qualche tempo rischi e diverse irruzioni/manifestazioni, ovvero gli scontri fisici e le loro conseguenze) cerca di coglier gli aspetti differenti e talvolta paradossali, compreso quello dalla matrice clamorosamene patriarcale del loro fondatore e mentore Viktor, portatore però di un innegabile contributo di qualità e creatività, assieme ai suoi influssi positivi e negativi.
Occhio alle immagini: il dettaglio fondamentale non è lo smalto fluorescente sulle unghie dei piedi ma il livido sul ginocchio!
Ogni volta che organizzano “un evento” le “Femen” mettono in gioco la propria vita e la propria libertà, usando il corpo frontalmente, correndo il rischio di finire in prigione e subire percosse, come è accaduto ad esempio durante l'incursione nella Bielorussia dalle derive totalitarie di Alexsander Lukashenko (toccanti le testimonianze delle protagoniste sulla vicenda).
Davvero qualcuno potrebbe ipotizzare che si tratti solamente di piacevoli esibizioni e niente altro? Traete pure le vostre personali conclusioni!

Voto *** 7

LA VIDA DESPUES di David Pablos
Versione Originale Spagnolo (90 min.)
Sala Grande – 04 settembre 2013 – Ore 11.30



Rodrigo e Samuel: caratteri diversi fin dalla più tenera età.
Due fratelli che crescono assieme allevati da una madre vittima di continue crisi depressive, incapace di elaborare definitivamente il lutto conseguente al suicidio del padre (gesto del quale non conosceremo il motivo).
Quando questa scomparirà (si allontanerà), inviando loro solo un pacco accompagnato da una richiesta di perdono, Rodrigo e Samuel, con i loro differenti tumulti interiori e stati d'animo, partiranno assieme sulle strade del Messico per cercarla
La vida despuesè una riflessione sui rapporti di sangue e della carne, sulle emozioni, sull'affetto e la differente maniera di rapportarsi con gli avvenimenti che, inevitabilmente, interferiscono con la nostra maturazione, con il procedere della nostra esistenza nonché sull'ereditarietà di alcune determinanti sfumature, alle quali non è possibile fare alcuna vera opposizione.
Psicologie vivide anche se appena accennate, dettagli salienti in penombra: nessuna risposta definitiva nel film di Pablos ma un bellissimo modo di gettare lo sguardo altrove e di proporcelo in forma di cinema.

Voto *** 7

PINE RIDGE di Anna Eborn
Versione Originale Inglese/lakota (77 min.)
Sala Grande – 05 settembre 2013 – Ore 09.30



A Pine Ridge la vita è dura: la riserva indiana del Sud Dakota di fatto è un ghetto.
Questo è il posto che i bianchi hanno lasciato ai nativiOglala Lakota”, una terra concessa come una sorta di elemosina, che loro abitano pacificamente.
La loro cultura è stata irrimediabilmente inquinata dagli invasori e lo si vede osservando i vestiti che indossano o ascoltando la loro lingua meticciata: quel che questo popolo poteva essere è nient'altro che un insieme di segni sparuti che si scorgono oramai solo in controluce.
La regista Anna Eborn ci mostra gli sguardi di alcuni di loro, i dettagli dei loro bellissimi profili: nasi scolpiti che paiono le ripide discese di un canyon, le code di capelli intrecciati sopra i quali le gocce d'acqua prima danzano e poi si tuffano come da una altissima cascata.
La Eborn passa da un protagonista ad un altro, come l'ape si posa di pistillo in pistillo, usando spesso asincronicamente la voce fuori campo di coloro che inquadra in primo piano e così facendo riducendo la distanza tra documentario e cinema, tra testimonianza e vivida emozione, diventando cercatrice di bellezze in estinzione, raccontando le storie di chi i sogni li aveva ed erano in grado di salire fino al cielo ed invece oggi afferma di non averne più.

Voto *** 7½

BAUYR (Little brother) di Seric Aprymov
Versione Originale Kazako (95 min.)
Sala Grande – 05 settembre 2013 – Ore 11.30



Yerkin Galym è un piccolo bambino che abita a Bulak, in Kazakistan.
Gli adulti lo umiliano in differenti maniere: talvolta in modo esplicito, altre volte meno platealmente, ma sempre prevaricandolo, abusando della loro età, ruolo o professione.
Molti dei coetanei di Yerkin non vivono le sue stesse difficoltà e per questo gli sono distanti: non comprendono le ardue complicazioni del suo quotidiano, dove evitare il furto di una pecora è un'impresa ed incassare i pochi crediti derivanti dalla vendita dei mattoni (indispensabili per sostenersi) spesso un compito impossibile.
Tutti vogliono dargli lezioni che la vita gli ha già impartito (e lui ha peraltro già ben compreso ed assorbito); poi gli scaricano addosso persino le responsabilità più pesanti, delle quali non voglio farsi carico.
La mamma è morta e papà èin missione di lavorocosì Yerkin aspetta con palpabile trepidazione suo fratello - che studia in città - per offrirgli un pomeriggio al cinema (l'ingresso gli costerà ben sei biglietti!): l'autobus con il quale arriverà è tutto l'orizzonte che gli offre una vita che si è già presa tutta la sua innocenza, lasciandogli sulla pelle piccole e grandi ferite, oltre a pochissime speranze.
Aprymov riesce a raccontarci tutta questa desolazione con schietta disinvoltura, miscelando l'aridità di luoghi e situazioni ad una tenerezza a render la quale il volto e la recitazione del piccolo protagonista (Almat Galym) contribuiscono in maniera a dir poco determinante, raggiungendo un risultato d'insieme davvero ammirevole.
Sembra solo la vita e basta ma è davvero molto, ma molto di più!

Voto **** 8½

JIAOYOU (Stray Dogs) di Tsai Ming Liang
Versione Originale Cinese (138 min.)
Sala Grande – 05 settembre 2013 – Ore 14.00



Esseri umani”: uomini e bambini come “Cani randagi”, confusi tra il traffico e la frenesia cittadina o smarriti negli ipermercati, moderne giungle straboccanti di merci e carrelli.
Per condurci ad un livello empatico con la loro misera condizione Ming Liang comincia proponendoci larghi campi fissi nei quali cercare ed indagare i segni di irrimediabili torti e le lacerazioni di un assurdo presente.
Poi stringe sempre di più sui dettagli: un uomo che urina tra le foglie di un canneto oppure un dipinto che copre tutto lo spazio di un muro, situato in un contesto di rovine ed abbandono.
Su ogni immagine, quadro o scena si sofferma, indugiandovi per tempi dilatati ed estenuanti, fino addirittura poi a fermareletteralmente il suo film per oltre un quarto d'ora su un primo piano denso di sguardi, lacrime e sospiri di fronte al quale porci le nostre domande, mentre questo lentamente ci risucchia al suo interno.
Di una estetica niente affatto manierata ma che anzi sa bene dove vuole arrivare e nulla toglie a quel che vuole mostrare, “Stray dogs” è portatore di diversi tempi di lentezza e di riflessione che il suo regista – dichiaratamente – ritiene debbano esser recuperati anche nella “forma cinema”.
Per nulla accomodante nei confronti dello spettatore e pretendendo da questo una partecipazione che, se concessa, porterà ogni singolo individuo oltre il confine della sola proposta visiva, Ming Liang sposta coraggiosamente più in alto l'asticella e porta avanti “tutto il cinema”, certo rischiando di opprimere qualcuno e tediando i meno pazienti, camminando tra realtà disasatrate ma anche concedendosi elegantissimi e poetici slanci onirici, senza negare pietà e desolazione allo sguardo ma nemmeno infine un tiepido raggio di sole.
Magnifico cinema senza compromessi, che dal presente traghetta verso il futuro.

Voto ***** 9

DONNE NEL MITO: ANNA MAGNANI A HOLLYWOOD di Marco Spagnoli
Versione Originale Italiano (39 min.)
Sala Perla 2 – 05 settembre 2013 – Ore 17.30



Breve ricordo/omaggio di quaranta minuti dedicato ad Anna Magnani.
Partendo dal suo arrivo in America nel 1953 si spazierà tra ricordi e testimonianze come quelle di suo figlio Luca e di altri che l'hanno accompagnata e conosciuta (la sua biografa ufficiale Matilde Hockhofler, il press-agent Enrico Lucherini o Caterina D'amico, figlia della famosissima sceneggiatrice Susanna Cecchi), rinverdendone il personaggio e la figura umana, strettamente legata a quella dell'artista.
La vittoria di un Oscar clamoroso ed inaspettato e le serate a casa sua, in Via degli Astalli, per seguire le finali canore di Sanremo assieme ad ospiti come Alberto Sordi, Federico Fellini e personaggi di spicco della cultura e della politica, dando vita a cenacoli rari ed oramai irripetibili.
L'amicizia con Bette Davis, l'incontro artistico e la passione a distanza con Tenessee Williams, il suo amore per i gatti, le difficoltà con l'inglese ed il teatro, le rinunce per non lasciare Roma ed i suoi radicati affetti.

Voto ** 6

DOUBLE PLAY: JAMES BENNING AND RICHARD LINKLATER di Gabe Klinger
Versione Originale Inglese (70 min.)
Sala Perla 2 – 05 settembre 2013 – Ore 18.20



Benning e Linklater: due figure di primo piano nel mondo del cinema destinate ad esser relegate per sempre nel limbo di uno “splendore oscuro”, perchè sperimentatori, precorritori coraggiosi, esploratori capaci di avventurarsi con caparbietà e tenacia dove altri non vorranno mai metter piede (come ad esempio da altri versanti il Matthew Barney di “Cremaster”).
Gente capace di lanciare una macchina da presa agganciata ad una canna da pesca e poi lasciarla girare, cineasti pronti a rivoluzionare ed a discutere il concetto stesso di tempo, che questo scorra davanti all'obiettivo oppure altrove.
Benning parla con pacatezza ma visibilmente contrariato dell'avvento delcinema narrativoe si lamenta non poco delle suemanipolazioni”. E' un tipo capace di tornare ventisette anni dopo nel luogo dove aveva filmato una donna con una bambina e riportare i suoi protagonisti sullo stesso set, riprendendo però ora una ragazza che cammina a fianco di una donna anziana.
Linguaggi di comunicazione nuovi, performance, tracce, folgorazioni solo apparentemente assurde: come l'esperienza di leggere (o ascoltare) le pagine delFinnegans Wakedi Joyce, non come fosse un libro ma togliendo qualche letteradi troppoalle parole del testo e lasciando successivamente suonare la sua musica”!
Linklater divora pellicole, Benning non si entusiasma a vederle e non si definirebbe un cinefilo.
Contraddizioni? Semmai ricchezze della diversità e di un lungo vagare tra pensieri e riflessioni, esperienze virtuali e materiali.
Quello di Gabe Klinger è un incontro sul grande schermo che “tutto il nostro apparato sensorialedovrebbe aver la premura di non lasciarsi sfuggire!

Voto *** 7½

MAHI VA GORBEH (Fish and Cat) di Shahram Mori
Versione Originale Farsi (134 min.)
Sala Grande – 06 settembre 2013 – Ore 11.15



La vera folgorazione cinematografica a Venezia arriva dall'Iran: si tratta del lungometraggioMahi va gorbehdel giovane Shaharam Mori, girato con un lunghissimo piano sequenzaad orologeriache genialmente utilizza un bosco come fosse un gigantesco set dove muoversi in lungo ed in largo, disseminandoci dentro strani personaggi che si muovono in una specie di teatro dell'assurdo, tra avvenimenti singolari che di tanto in tanto paiono collegarsi tra loro misti a piccole tensioni, curiosi dialoghi e tracce di incomunicabilità.
Il registro oscilla tra il thriller e la commedia nera, con tinte di giallo e venature di horror anche se a farla da padrone ed a creare interesse sono semplicemente le suggestioni che di volta in voltaesalanoda inquadrature e suggerimenti della recitazione.
Tutto ha contorni poco chiari ed indefiniti, talvolta irreali ed a tratti surreali; le cose si ripetono ma non vanno sempre nella stessa direzione, il confine tra il bene ed il male è poco riconoscibile.
Ora siamo in un sogno/(reale!), ora in un incubo che divene una lunga e sorprendente metafora.
In questo claustrofobico dedalo le percezioni del tempo e dello spazio sono alterate e si fanno incontri come si scorgono all'orizzonte presagi misteriosi.
Mori sa come creare tensione anche solo con stratagemmi elementari, come un semplice telo nero lanciato verso l'obiettivo.
Dal suo labirinto si uscirà senza aver ricevuto in cambio nessuna risposta chiara e definitiva e senza aver potuto comprendere ogni allusione, sia essa politica o di altro tipo: ma non è solo un esercizio di stile, perchè le sensazioni ci rimangono addosso e immagini e pensieri continuano ad agitarsi a lungo ben oltre la proiezione.
La vera rivelazione della 70^ Mostra di Venezia!

Voto **** 8½

ORIZZONTI/CORTI
Sala Perla – 06 settembre 2013 – Ore 14.30

KUSH di Shubhashish Bhutiani
Versione Originale Hindi (20 min.)



Il 31 ottobre del 1984, Indira Gandhi muore in seguito all'attentato messo in opera da due guardie del corpo di etnia Sikh: successivamente, per rappresaglia, ne saranno uccisi circa quattromila! A fronte di questa immane strage solo trenta furono le condanne comminate ai colpevoli.
Kush di Shubhashish Bhutiani narra (e dedica) di un episodio che vide una maestra riuscire a proteggere un bambino affidatole, salvandogli la vita.
La pellicola riesce a metter in luce tanto l'inutile discordia delle religioni terrene (forse partorite dalla mente del diavolo?) quanto la spontanea saggezza ed il genuino acume dei più piccoli, soprattutto quando messi a confronto con la stolta e cieca ferocia degli adulti.

Voto ** 6½

COLD SNAP di Leo Woodhead
Versione Originale Inglese (11 min.)



Una breve e secca rasoiata il cortometraggio di Woodhead.
Un lancinante atto d'amore o di pietà, vero o forse solamente sognato.
Un occhio puntato su quel territorio degli esseri umani, siano essi adulti o bambini, dove questi finiscono in trappola come animali (opossum), vinti dal loro stesso destino che fa corto circuito con il male di vivere, precludendogli ogni via di fuga.

Voto *** 7

SISHUI (Stagnant Water) di Wang Xiaowei
Versione Originale Cinese (17 min.)



Fuori dal traffico cittadino si possono fare strani e misteriosi incontri.
Ogni cosa è legata da un unico indissolubile filo e, mentre dall'acqua affiorano strani segni, il mondo sopra, sotto e dentro di noi continua ad agitarsi, vivo.
Come si conviene ad un artista - che sia esso un pittore sulla riva dell'acqua o un cineasta - Xiaowei vuole rendere fruibile ai nostri occhi un piccolo tassello di visioni e sottintesi, dare al mistero (o alla fede) forma ed immagine.
Apprezzabile, ma si digerisce presto senza lasciar traccia.

Voto ** 5½

MINESH di Shalin Sirkar
Versione Originale Senza Dialoghi (12 min.)



Interno/esterno nero familiare.
Il piccolo Minesh convive con la violenza tra le mura di casa e non può far altro che allontanarsene, per quanto più tempo gli è possibile.
Anche solo osservare le formiche ai suoi piedi è un piccolo momento di riconciliazione con la vita e la natura.
Poi ecco i ragazzi in strada, con i quali annusare colla ed altri odori forti per evadere da una realtà opprimente, lasciando che i cattivi pensieri abitino solo il suo mondo onirico.

Voto ** 6

TOUTES LES BELLES CHOSES di Cecile Bicler
Versione Originale Francese (17 min.)


Schermaglie post matrimoniali tra donne: stupidi scherzi, vecchi e nuovi rancori; piccole ginocchiate allo stomaco e feroci stilettate, finti sorrisi e ribaltamenti di fronte.
In fondo, a chi fanno male le protagoniste se non a loro stesse?
Scaramucce tra conoscenti di vecchia data con schizzi di veleno.
Molto femminile, tra rimpianti ed invidie.
Ah, quanto è bella l'amicizia!

Voto ** 6½

QUELLO CHE RESTA di Valeria Allievi
Versione Originale Italiano (20 min.)



Due uomini si muovono in ambienti vecchi ed abbandonati, custoditi nelle viscere della terra.
Sono gli ultimi manutentori de La Colonna”, il vecchio sito minerario di magnetite che si trova a Cogne in Valle d'Aosta, paese divenuto oramai una nota località turistica: a partire dall'inizio del secolo scorso arrivò ad ospitare fino a 400 persone, poi nel 1979 è stato dismesso.
In quel luogo, che in passato ha dato pasti e lavoro alle famiglie assai più della rigogliosa natura che prospera tutt'intorno, gli operai non solo lavoravano ma avevano anche le proprie abitazioni.
Una dedica affettuosa, un modo per perpetuare il ricordo non privo di una venatura di rimpianto, per un mondo certamente duro che comunque ha contribuito a condurci fino al nostro presente.
Un omaggio all'identità di una comunità che presto diverrà archeologia industriale, niente altro che memoria; una visita alla storia del nostro Paese, come la si farebbe ad un vecchio amico.

Voto *** 7

ANINGAAQ di Jonas Cuaron
Versione Originale Groenlandese/Inglese (7 min.)



Dallo spazio alla Groenlandia giunge una voce in cerca di aiuto.
Tra il nero invisibile dello spazio ed il bianco candore di ghiaccio e neve c'è la stessa distanza delle lingue differenti che faticano a comprendersi, lo stesso contrasto che offrono la vita e la morte poste l'una di fianco all'altra.
Un surrealeMayday di sette minuti tra fantasia, ironia ed una punta di riflessione: il (non)senso, ovviamente, è sopra le nostre teste, molto più in alto delle nuvole del cielo.

Voto *** 7

VENEZIA 70 – FUTURE RELOADED
70 Cortometraggi per i 70 anni della Mostra (120 min.)
Sala Volpi – 06 settembre 2013 – Ore 16.45



Per i settanta anni della Mostra di Venezia sono stati commissionati 70 Cortometraggi ad altrettanti registi famosi che hanno inviato/portato in laguna il loro contributo “(di riflessione) sul (futuro del) cinema, contenendo il loro lavoro tra i sessanta ed i novanta secondi: CineArte a ritmo di Spot!
Il presidente Bernardo Bertolucci è autobiografico.
Catherine Breillat è autoironica!
Atom Egoyan sa quando è il momento di separarsi da qualcosa e così decide di darcene conto.
Aleksej German Jr. immagina i nostri sogni di domani con sottotitoli mentre Kim Ki-duk ci presenta una vecchia signora: sua madre!
Pablo Larrain surfa sulle onde del mare: irriconoscibile!
Guido Lombardi è il più divertente ed il suo corto è allegro e....”Senza Fine”!
Con Hong SangSoo le possibilitàcinquanta&cinquantasi sommano anziché dividersi mentre Abbas Kiarostami non è mai stato così lieve e sembra fare il verso a Buster Keaton.
Franco Maresco invia la sua solita cartolina d'auguri cinica ma divertente, Brillante Mendoza urla ma non troppo contro chi gli ha rubato la macchina da presa.
Per Jasmin Lopez c'è un lungo bacio al femminile: come dire l'amore e basta!
Perchè non sono rimasto in bianco e nero se avevo già il colore, perchè non sono rimasto muto se avevo già la parola?” Conservatore ed antinarrativo Samuel Maoz celebra la morte del cinema non senza una irriverente ironia: “The End” (No Happy!).
Geniale, sintetica e potente laPotemkin reloadeddi Shirin Neshat, forse la migliore del gruppo.
Il nostro Michele Placido sciupa il suo tempo in un mare di inutili concetti stantii e verbosi: il peggiore!
Edgar Reitz manda Franz Kafka a commuoversi in sala, Paul Schrader sciorina una acuta e velocissima riflessione sucontenuto e forma”; Todd Solondz invece varia il suo stile ma mantiene - colorandolo di una differente creativitàl'abituale cinismo, precipitandolo in un ipotetico “3013 cinese”.
Pioggia come mare sul vetro dell'automobile per Apitchatpong Weeresethakul.
Chiude Krzysztof Zanussi ed il suoL'anno del sole quieto”.

Voto ** 6½

ES-STOUH (Les Terrasses) di Merzak Allouache
Versione Originale Arabo (91 min.)
PalaBiennale – 06 settembre 2013 – Ore 20.00



Cinque storie diverse scorrono davanti ai nostri occhi in parallelo.
La vita si affaccia sulle terrazze di Algeri scandita dalle preghiere del muezzin che dal buio dell'alba la condurranno fin oltre le luci del tramonto.
Storie di miseria, quotidianità e malavita intrecciano - senza incontrarsi - il passato ed il presente di una Nazione: due fratelli sono così vicini eppure così distanti; due ragazze - da palazzi diversi posti uno di fronte all'altro - si scambiano vicendevolmente sguardi interrogativi, separate da un minaccioso abisso; un vecchio partigiano voleva cambiare la storia ma forse questa ha avuto la meglio su di lui e adesso è “lo Jihad” il nuovo protagonista in Patria; un vecchio commissario in pensione arriva al momento giusto per dispensare buoni consigli ad una mamma ed alla sua sventurata prole; infine, in un altro luogo ancora, si festeggerà un matrimonio tra musiche e balli dove prima brulicavano altre storie di umanità disgraziata e solitaria.
Dalle terrazze, teatro di tutte le storie, splendida e abbagliante è sempre visibile la città di Algeri inquadrata dall'alto, che così diviene il naturale e complementare sfondo cinematografico del racconto e le suecartoline”, composte di sole, bianco e mare, donano energia luminosa e forza ulteriore all'ottimo lavoro di Merzak Allouache.

Voto *** 7½

CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICOScola racconta Fellini di Ettore Scola
Versione Originale Italiano (93 min.)
PalaBiennale – 06 settembre 2013 – Ore 22.00


1939: giunto a soli vent'anni dalla piccola Rimini fino a Roma, Federico Fellini bussa alla porta della rivista satiricaIl Marc'Aurelio, fucina digiovani atletie talenti che saranno quali - tra gli altri – Steno (Stefano Vanzina), Ruggero Maccari, Age (Agenore Incrocci) e (Furio) Scarpelli ed infine lo stesso Ettore Scola che a sedici anni vi giungerà, anch'egli come il suo futuro amico Federico, con i disegni sotto il braccio.
Scorrono sullo schermo le prime esperienze nei teatri con “Faville d'amorefirmatoMac&Fed” (Maccari&Fellini): al termine i lanci di ortaggi oppure gli applausi, a seconda della serata più o meno fortunata.
Poi il cinema e gli Oscar, ma anche le passeggiate fino a notte tarda caricando in auto qualchelucciolaintirizzita dal freddo.
Omaggio tra finzione e repertorio – assemblati con discreta originalità - con qualche chicca: i provini di Sordi, Tognazzi e Gassman perCasanovaoppure l'apparizione di Fellini neL'Amore, nel ruolo di attore assieme ad Anna Magnani e truccato, con evidente imbarazzo, nelle vesti di un improbabile San Giuseppe.
La vita (è)era una festa e l'arte affermava il maestro - niente altro che un oscuro abitatore del corpo al quale metter a disposizione il nostro lavoro di artigiani.
Che strano chiamarsi Federicoè un sentito omaggio al grandissimo regista Riminese il cui cognome è diventato suo malgrado un aggettivo (Felliniano), del quale lo stesso diretto interessato faticava a spiegarsi il significato.
La fuga finale di Fellini dalloStudio 5” di Cinecittà - che fu adibito a camera mortuaria per rendergli l'estremo salutocome un Pinocchio che scivola via correndo tra i set odierni della Capitale è una intuizione affettuosa e leggera che chiude il film.

Voto ** 6





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