Tre
donne occidentali (Francesi),
una dopo l'altra, si troveranno per motivi diversi a trascorrere del
tempo in una piccola località di mare della Corea del Sud: Mohang.
Portano
lo stesso nome (Anne), sono interpretate dalla stessa attrice
(Isabelle Huppert) ma hanno vite e storie diverse: eppure sembrano,
almeno caratterialmente, la stessa persona!
Le
loro vicende sono create dalla penna di una ragazza che stila le sue
sceneggiature direttamente dall'interno del film di Hong Sang-soo
“In another country”, che si scompone così da subito in
differenti piani di lettura, tutti da affrontare con animo
giocoso e romantico.
I
personaggi delle varie storie si sovrappongono, le situazioni si
ripetono in momenti diversi e marciano ogni volta verso un orizzonte
differente ma mantenendo elementi in comune fra loro.
Nel mezzo di questo intreccio di finzione, che diviene solo
parzialmente realtà, viene concesso persino un ulteriore intermezzo
temporale al sogno.
Confusione
illogica ed incomprensibile?
Niente
affatto: è nei piccoli dettagli che risiedono l'essenza ed il filo
conduttore della pellicola.
In
quelle gelosie e nelle piccole scaramucce amorose che ci viene
chiesto di seguire, nell'osservare gli uomini egosisti e marpioni o
invece lo strano bagnino in maglietta arancione che ha un modo tutto
suo di “proteggere” e di far la corte alle donne, sempre nella
stessa maniera diretta e spiazzante, ingenua e sincera; nel girare a
vuoto oppure in cerca di qualcosa, senza che sia davvero importante
trovarla o meno.
Hong
Sang-soo pedina i suoi “scampoli di storia”
con il suo obiettivo, cercando di metterci a nostro agio di fronte al
disorientamento dovuto agli scambi dei protagonisti ed agli intrecci
temporali da lui congegnati: usa movimenti di macchina
secchi e scattosi, minimi ed elementari,
che seguono da vicino soprattutto una Isabelle Huppert – ambita e
desiderata protagonista del suo lavoro – mai così soave e
sorridente, molto distante dai volti sofferenti ed emaciati che ne
hanno fatto l'etoile del cinema Francese.
Segni
e presagi: il faro è una
chimera introvabile; un biglietto amoroso
è scritto con un grafia incomprensibile (ma il destino tornerà
comunque indietro per svolgere il suo compito?); un monaco
come risposta alle domande ha solamente la sua umile sincerità.
“In
another country” è un film dove si parla di sentimenti e si
passeggia osservando la vita;
la narrazione è niente altro che una scusa per andarcene in giro
osservando i protagonisti bere “Soju” e curiosare tra le loro
parole e sensazioni.
Divertimento
d'autore, surreale ed astratto, godibile e strampalato: ma c'è molta
più classe ed emozione in questa pellicola che in mille altre
confezionate per circuire scientemente i nostri sensi e commuoverci
con artifici ed inganni da mestieranti.
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