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giovedì 21 febbraio 2013

VIVA LA LIBERTA' di Roberto Andò


Enrico Oliveri (Toni Servillo) è il segretario sfiduciato di un partito in crisi profonda. Una notte decide di allontanarsi dalla sua triste quotidianità fatta di sondaggi deludenti, incertezze e scelte difficili e si rifugia oltralpe da un suo vecchio amore di gioventù (Danielle/Valeria Bruni Tedeschi).
A Roma il “tuttofare” Andrea Bottini (Valerio Mastandrea) cerca di tappare le falle che si aprono copiose e di depistare la stampa incuriosita dall’improvvisa assenza di Oliveri e  affamata di notizie sul futuro del partito.
Sorpresa: il politico latitante ha un fratello gemello (ovviamente interpretato sempre da Servillo) che firma i suoi libri con lo pseudonimo di  Giovanni Ernani, un tipo eccentrico e un po’ filosofo, afflitto per giunta da delirio interpretativo della realtà ed al quale verrà affidato il compito di rimpiazzare il segretario in fuga:  dunque il partito in mano ad un “pazzo” marcerà verso la catastrofe o la rinascita?
Tratto dal libro “Il trono vacante” - scritto dallo stesso regista Roberto Ando’ - “Viva la libertà” è una pellicola godibile, che si diverte a giocare mettendo in campo temi corposi come il declino della politica e la perdita di passione civile nel praticarla, guardando soprattutto alle vicissitudini della Sinistra Italiana,  ben identificabile  quando si parla del “principale partito di opposizione” o quando durante una riunione internazionale notiamo campeggiare ad un lato del tavolo il cartellone “European Left”.
Ci vuole dunque un folle per ragionare finalmente sul serio,  con profondità d'animo e  rilanciare la linea politica di un partito inabissatosi in una lunghissima crisi di coraggio e di identità? Di questo c'è bisogno per sconfiggere quella paura che il protagonista stesso definisce,  rilasciando una “rischiosa” intervista,  “la musica della democrazia”?
Insomma, una sana follia sembrerebbe molto piu’ salutare di un grigio ragionare (e calcolare) e forse in grado di rivitalizzare una realtà declinante.
Servillo presta il suo volto al gioco interpretando tanto il ruolo del politico depresso - che in vita sua mai è riuscito ad esser se stesso - quanto quello del destabilizzante fratello che ne prende il posto ed a colpi di citazioni colte rianima i sondaggi ed i cuori degli elettori.
Ma intorno a lui, forse facendo eccezione per Mastandrea e la Bruni Tedeschi, tutti hanno i “minuti contati” e, nonostante l’attore napoletano sia davvero impeccabile nel suo sdoppiarsi per la causa, la sua prova convince solamente – anche se non è certo poco – senza arrivare ad esaltare un film che da qualche iniezione di “adrenalina d’autore” trarrebbe senz’altro giovamento.
Molte le  frasi “confezionate” – per quanto giuste – per dire che non si può  calpestare la dignità di coloro che non possono difendersi (i cittadini/elettori) o che esplicitano di come la sconfitta nasca dalla paura di vincere.
Infine l'acme del recitato in pubblico della poesia di Bertold Brecht - “A chi esita”  - durante un gremito comizio; accanto a questo trovano posto momenti allegorici e divertenti, come ad esempio un tango a piedi nudi con la cancelliera tedesca.
Il film di Andò si impegna a seguire anche la doppia linea, tanto del gemello in fuga che cerca di recuperare la sua vita che di quello che dovrebbe liberare l’Italia dalla paura e dai rincoglioniti, dai ladri e dai banchieri, ma nonostante riesca a destare interesse con la sua originale costruzione narrativa e colga pure nel segno puntando il dito nella piaga – oramai purulenta -  della moderna politica,  “Viva la libertà” non sembra disporre di armi sufficienti che siano in grado di affrancarlo dalla sua fragilità ed avvicinarlo ad un confronto sufficientemente efficace con le tematiche alle quali si accosta.
Certo rimane una considerazione condivisibile quella suggerita nei dialoghi, ovvero  che in politica “presto si dovrà tornare a praticare  l’unica alleanza possibile e  sarebbe a dire quella con la coscienza della gente”, ed è meritevole che il cinema si incarichi di sottolinearlo e se ne preoccupi con cuore.
Nonostante questo, al termine della visione, quel che davvero lascia in profondità il suo segno è solo un fugace inserto di  Federico Fellini che inveisce ed impreca affinchè l’indecenza non diventi un’abitudine e  che pare essere, anziché un filmato di repertorio ripescato tra quelli di decine di anni addietro,  una scoraggiante dichiarazione rilasciata giusto ieri.

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