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martedì 15 gennaio 2013

THE MASTER di Paul Thomas Anderson


Freddie Quell (Joaquin Phoenix) torna a casa terribilmente scosso nel sistema nervoso dopo la sua esperienza in marina militare durante la Seconda Guerra mondiale.

Le sue ferite psicologiche ora sbattono contro il muro del test diRorschach”, ultimo certificatore del fatto che la Patria non ha molto da offrire ai suoi soldati che tornano all'ovile dopo aver patito le pene di un terribile inferno.

Insicurezza, isolamento e vagheggiamenti a sfondo sessuale abitano la sua mente ed egli  cerca invano di anestetizzarli con misture alcoliche terribili, persino a base di solventi per vernici, vere e proprie pozioni che si prepara in maniera estemporanea - così come gli suggerisce la sua traballante psiche - e che finiranno per creargli ulteriori e gravi problemi, provocando danni non solo alla sua incolumità fisica.

Una sera, barcollando lungo il molo salirà su un barcone li ormeggiato ed incontrerà l'intrigante Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), una specie di stranosantone misticodai modi molto confidenziali e con un potere di fascinazione al quale Freddie, annientato dal suo presente disorientato e solitario, sarà incapace di resistere.

Da li in avanti i due divideranno assieme il cammino assieme alla moglie di Dodd, l'ambigua ed onnipresente Peggy (Amy Adams), divenendo quasi inseparabili: la strada che percorreranno aprirà il suo orizzonte verso incontri ogni giorno più inaspettati ed insoliti come ad esperienze fuori dell'ordinario.

Paul Thomas Anderson, pur senza dichiararlo apertamente, ispira il suo racconto alle vicende di  Ron Hubbard - lo scrittore di  Dianetics  e fondatore  di “Scientology” - ma non si ferma davvero a scoperchiare le magagne relative alle tecniche per irretire le persone o raggirarle per ottenerne denaro e vantaggi.

Grazie all'apporto di due attori straordinari come loro solito ma stavolta in vero stato di graziatanto Phoenix con il suo ghigno e la sua sghimbescia postura che Seymour Hoffman capace di conferire un magnetismo che sa di reale al suo ipnotico personaggiosi inoltra ad osservare l'ennesimo versante dellasuaAmerica, cogliendone infiniti particolari evecchi/nuoviaspettisiamo nel 1950 -  non tutti necessariamente legati alle tematiche della storia raccontata.

The Masterè difatti un film seducente che ad ogni passo rischia di farci perder l'orientamento, lineare ma anche assai spigoloso perchè poco compiacente nell'offrirsi ad una lettura univoca, niente affatto desideroso di rispondere con semplicità alle domande che inevitabilmente finisce per consegnare numerose allo spettatore ed anche  per queste sue caratteristiche si pone decisamente su un piano di eccellenza.

Inoltre, P.T. Anderson (anche sceneggiatore) disegna dei ruoli perfettamente assortiti per i due protagonisti principali: difatti, al fianco di un uomo smisurato arrivista, millantatore o chissà, addirittura realmente convinto di poter curare i mali (leucemie, pazzia e non solo) dei proseliti che si consegnano alle sue strane cure eprocedure” - parliamo per l'appunto della figura ispirata ad Hubbardecco che pone una altro interessante personaggio, ovvero il reduce Quell/Phoenix.

Freddie, con i suoi comportamenti folli e disarticolati, riesce a regalarci momenti di aspra ed umana tenerezza ed al tempo stesso ad esser una singolare cartina al tornasole per una lettura introspettiva di quanto accade davanti ai nostri occhi, arrivando persino a ribaltare molte ipotesi e convinzioni.

CosìThe Masterapre il recinto della sua narrazione per abbracciare molto più di quanto ci si aspetti: non solo potere e denaro, la fragilità della mente ed i suoi rifugi, ricatti psicologici ed imbrogli di varia caratura ma anche tutti gli invisibili ed inaspettati intrecci che scaturiscono dai rapporti umani e dalle loro storie, puntando la luce ad esempio sugli assillanti bisogni d'affetto e stima o le equivoche ricerche di riconoscimento e approvazione. 

Pacificamente granitico, il film di Anderson è come un veliero che senza paura e con suadente tranquillità solca il mare: accompagnato da un tempo di apparente bonaccia, che dietro il visibile del suo sereno nasconde fulmini e tempesta, fila presto via lontano mille miglia dalla navigazione di cabotaggio per inoltrarsi nell'oceano aperto e sconfinato, forse a dispetto persino di quanto non voglia il timone fermo e deciso del  suo capitano/regista.

Perchè questo è cinema che puo' approdare in ogni porto e guardare ad ogni dove, raggiungendo, senza sforzo, terre inarrivabili e  senza latitudine.

2 commenti:

Unknown ha detto...

La regia mi è piaciuta molto, l'immagine che più mi ha colpito è l'ultima, con Freddie Quell che abbraccia la sua donna di sabbia; però anch'io mi aspettavo qualcosa di meglio, non mi ha annoiato, ma devo ancora carburarlo; Magnolia, anche se non è corretto fare questi paragoni, mi aveva colpito ed emozionato molto di più

EFFEMME ha detto...

Ciao Pat...
Ho provato ad esternare qualche
SENSAZIONE NEL MERITO in separata sede sull'argomento... (avrai letto...credo...)

Qui aggiungerei solamente che MAGNOLIA, pur essendo un racconto solido ed un'ottima pellicola, paradossalmente è fin troppo lineare per potersi accostare alla DIFFERENTE BELLEZZA (E GRANDEZZA...) di THE MASTER....

E giustappunto, che si sappia anche da QUESTE PARTI (per i pochi che passeranno leggendo i commenti), quest'ultimo di Anderson è un CAPOLAVORO!!!...