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lunedì 3 dicembre 2012

E SE VIVESSIMO TUTTI INSIEME? di Stephane Robelin


Dalla Francia arriva una piccola e piacevole sorpresa ad opera di Stephane Robelin che con il suo “E se vivessimo tutti insieme?” porta sullo schermo una situazione accattivante ed inconsueta: cinque  amici di vecchia data sul viale del tramonto e della pensione (due coppie ed un inguaribile single) si ritrovano, quasi per caso ma niente affatto fortuitamente,  a vivere tutti  sotto lo stesso tetto.
Mentre affiatamento ed amicizia vengono messi alla prova dalla nuova circostanza di conviventi “inseparabili”, dai  bauli portati dai vecchi appartamenti riemergono antiche lettere rivelatrici di  tradimenti databili quarant’anni orsono che però  oramai, spogli del potenziale necessario ad innescare un forte risentimento,  risultano esser alla stregua, se non proprio di dolci ricordi, quantomeno di perdonabili errori.
Nonostante questo,  durante i  confronti e le richieste di chiarimento che, per urgenza o necessità, si manifesteranno all’improvviso -  attorno ad una tavola e “dentro la piscina” (…) -   con il vino versato nei bicchieri non si brinderà affatto ed anzi le bottiglie voleranno per l’aria.  
Robelin affronta con i toni della commedia ma senza superficialità un tema spesso al margine della narrazione cinematografica come quello della terza età e di tutte le sue implicazioni, come  ad esempio la solitudine o l’autosufficienza,  senza tralasciare nemmeno (o soprattutto) quel che riguarda la sfera sessuale ed i suoi desideri (al riguardo di questi ultimi, qualche anno fa si cimentò con l’erotismo senile,  avendo nella circostanza una  mano piuttosto felice, il regista Andreas Dresen con il suo “Settimo cielo”).
Gli anziani non sono angeli asessuati ed ancora di meno “vecchi arnesi” da depositare in infelici discariche umane quali risultano spesso essere le cliniche ed i pensionati;  proprio da una -  esilarante - “fuga dalla casa di riposo” ecco che subito dopo muterà in realtà il progetto di convivenza fino ad allora solo spensieratamente ipotizzato dal gruppo di amici protagonisti della pellicola.
Nel cast, oltre a Jane Fonda (Jeanne) e la padrona di casa Geraldine Chaplin (Annie) ci sono anche i mariti di queste, rispettivamente Albert (Pierre Richard) e Jean (Guy Bedos), assieme allo scapolo impenitente Claude (Claude Rich); in ultimo il giovane etnologo Dirk (Daniel Brühl), che li affianca durante la giornata per raccogliere elementi utili alla sua tesi di laurea.
Quel che senza dubbio accomuna gli esuberanti protagonisti è, con comportamenti differenti,  un approccio alla terza età niente affatto arreso al declino anticipato e definitivo della propria esistenza dal momento che ognuno di loro, con vera consapevolezza o meno, rigetta risolutamente l’ipotesi di doversi risolvere solamente ad essere il meno fastidioso possibile agli altri  per via dell’età avanzata o degli acciacchi ad ogni giorno più preoccupanti.
Non ci si negano quindi appuntamenti - a rischio cardiopatico - con le “allegre signorine” che praticano il mestiere più antico del mondo e, nonostante la memoria cominci ad esser labile ed il passo claudicante, si porta a spasso il cane rischiando di perder la strada di casa o di inciampare sul marciapiede; si fa “shopping” dentro negozi “sui generis” - non senza lasciar emergere una “inusuale nota di colore”-  allo scopo di avere una panoramica sugli impegnativi e “particolari” acquisti di domani (con data rigorosamente da destinarsi!).
Il tempo è prezioso ma la gente non ne ha più nemmeno per cucinare, così come ci si preoccupa di assicurare l’automobile e persino la vita ma nessuno pare davvero impensierito da quello che lo aspetterà negli ultimi anni di questa, tranne forse rendersene angosciosamente conto nel momento in cui l’appuntamento con la verità non risulterà piu’ rimandabile.
Quello che il regista Francese riesce a mettere a fuoco con il suo film sono alcune piccole sfumature di questa fine di percorso, scegliendo per farlo il set di una anomala situazione di convivenza capace di mettere in risalto tanto gli aspetti della piccola spontanea solidarietà come quelli del mutuo soccorso, tracciando magari una strada che nel futuro prossimo, chissà,  sarà più battuta che oggi per risolvere alcune “inderogabili questioni”.
Il suo racconto è leggero senza però la volontà di evitare gli accenti gravi, sui quali non ci si ferma a rimuginare o a scavar troppo in profondità,   rendendo comunque ben chiare le sensazioni e le conseguenze che ne derivano.
Non abdicate alla vita: rimanete vicini a chi vi è caro e davvero ha nel cuore le vostre sorti ed assieme troverete una soluzione. Sembra questo in fondo il messaggio che potremmo cogliere dal lavoro di Robelin e dal modo di affrontare l’esistenza dei suoi protagonisti, ben consci che alle volte anche gli eventi più tristi possono comunque “colorarsi di rosa” e che ogni brindisi deve rafforzare la voglia di restare uniti, anche se una volta poggiati i calici ci si dovesse accorgere che qualcuno mancava alla bevuta:  e allora non resterebbe altro da fare  che andare tutti assieme a cercarlo! 

1 commento:

ulisse ha detto...

NELLA VECCHIA FATTORIA IA-IA-OH C'è IL MAIALE..IALE IA IA IALE!