VISITATORI

giovedì 27 dicembre 2012

TUTTO TUTTO, NIENTE NIENTE di Giulio Manfredonia


Cetto La Qualunque, politico di lungo corso, è sempre lui: “il lupo perde il pelo ma non il pilu”, anche se stavolta per rinfrancare la sua virilità avrà bisogno di sdraiarsi sul lettino dello psicanalista. A dieci avvisi di garanzia si regalerà una mountain bike mentre si prepara serafico per un – breve – soggiorno nelle patrie galere.

All’eventualità di finire in prigione invece – anche se le cose andranno diversamente - nemmeno ci pensa il secondo dei tre personaggi interpretati da Antonio Albanese nel nuovo film girato ancora una volta con Giulio Manfredonia dal titolo “Tutto tutto, Niente niente”; trattasi dello sconvoltissimo Frengo Stoppato (vecchia conoscenza televisiva), candidato anch'esso - “in contumacia” - da una madre (Lunetta Savino) che per tenerselo vicino anziché farlo tornare nel lontano Sud-America farebbe letteralmente di tutto: anche farlo carcerare!

Un'altra buona strada per ottenere lo scopo potrebbe essere quella di riuscire a farlo beatificare in vita: la religione de “l'amore cosmico” cerca proseliti anche se vacilla di fronte al mistero della morte, senza poter sapere se nell'aldilà ci sarà un centro commerciale e, soprattutto, qualcuno che avrà da accendere!

Chiude la terna Rodolfo “Olfo” Favaretto, politicante e scafista per cui l'Italiano è una lingua superata: sbarca direttamente in laguna sotto il Ponte di Rialto barche piene di extra-comunitari pronti a prestare la loro manodopera in un campo di lavoro a basso costo e senza pause.

Ossessionato dalla secessione e da una bretella che possa collegare “Brachetto di sopra” con “Brachetto di sotto”, conoscerà il disagio del carcere per colpa del primo negro in grado di galleggiare sull'acqua: la “nemesi carceraria” sta nel nome dell'istituto ovvero il “Martin Luther King”.

In un rutilante tripudio di pacchiano e grottesco dai colori accesissimi – dal viola al rosa e fino al giallo canarino – i tre protagonisti abitano un mondo dove i ministri hanno acconciature improbabili (vedi Fabrizio Bentivoglio) e colletti d’altri tempi; svolgono le loro sedute in un parlamento dove si sventolano bandiere da stadio ed in terra  ci sono tappeti rossi da palasport, giocano in cortile con il pallone come bambini mentre un attimo dopo sembrano  ora degli sprovveduti massoni, ora senatori dell'antica Roma vestiti da Armani o Calvin Klein.

Ci sarebbe di che ridere e lo si vorrebbe anche molto mentre si  assiste alla proiezione, salvo rendersi conto che dopo un'ora comincia ad affacciarsi qualche sbadiglio e pare di esser ancora sul punto di partire.

Questo l'effetto dell’accatastarsi, una dietro l'altra, di gags tronche e senza nemmeno un briciolo di legame tra loro, meno che mai di aiuto all'evoluzione  ed alle dinamiche della storia nel suo insieme: puro sprizzare di fantasia senza meta, coraggiosa sfrontatezza senza alcuna direzione!

E dire che Frengo col suo personaggio fuori dalle righe ha persino licenza di sparare bordate pesanti su temi come la famiglia tradizionale e la fecondazione artificiale ma il meglio che riesce ad offrirci è poco più del suo vestito sgargiante che pare uscito da una foto di “LaChappelle”: come “delfino del Papa” propone abbellimenti per le encicliche e di aumentare dall'otto per mille all'otto per cento l'apporto dei contribuenti italiani alla chiesa.

L'acme potrebbe essere un dementissimo incubo al ritmo del “Tuca Tuca” della Carrà ma anche questa divertente intuizione ripiega presto le ali e non lascia particolare ricordo di se.

In un montaggio dove i personaggi si alternano per tutta la durata del film si spera che noia e delusione mutino almeno in simpatia ed affetto verso le tre impossibili ed esilaranti creazioni di Albanese ma la bravura del comico concede solo un pochino di accademia attorno alle caratteristiche dei suoi personaggi, senza mai azzeccare peraltro la battuta al fulmicotone da passare ai posteri.

Nessun soggetto solido ed interessante supporta i “soggetti allo sbando” che finiscono inevitabilmente per affogare nella ridondanza di stravaganze che li contornano, mentre probabilmente gran parte del pubblico nemmeno se ne accorge ma certo si domanda perchè non rida a crepapelle come sperato mentre acquistava il biglietto d'ingresso.

Occasione sprecata: un baule pieno di idee buone per un film che qualcuno ha dimenticato di costruire - dalla Maria Assunta Maddalena sorella di Frengo al campo militare dove si prepara un esercito cinese a secedere il Nord dal Sud - “Tutto tutto, Niente niente” è abbondanza comica allo sbando, ricchezza di proposte che delude, rimandando ad ogni istante alla prossima occasione; una promessa rinnovata e mancata di continuo ad ogni fotogramma, capace di regalare solo poche sporadiche e raffazzonate situazioni comiche, risate soffocate ed in controluce qualche sinistro bagliore di divertita amarezza.

Forse il meglio era già stato dato con il molto ben costruito “battage” pubblicitario delle “vere primarie” e che, ripensandolo a posteriori, fa rimpiangere che si sia proseguito oltre con il tentativo di questo sedicente lavoro  cinematografico.

Nessun commento: