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lunedì 5 novembre 2012

UN'ESTATE DA GIGANTI di Bouli Lanners


Zak (Zacharie Chasseriaud) e Seth (Martin Nissen) hanno rispettivamente tredici e quindici anni.
Vivono da soli nella casa del nonno: del padre non abbiamo notizia mentre la madre è niente di più che una vocina lontana che sibila al cellulare di cose che non potrà finire in tempo e rimanda il suo ritorno all’ovile verso un indefinito “più avanti”.
Così i due ammazzano il tempo come possono: Seth ha imparato a guidare l'autovettura (sempre del nonno) e Zak ha trovato una vecchia pistola in un cassetto con una scatola di proiettili.
Si aggiunge a loro il coetaneo Danny (Paul Bartel II) che sa dove trovare della buona marijuana per sballarsi un po', per la precisione da un certo “Toro” (Didier Toupy), uno spacciatore presso il quale lavora anche il fratello di quest'ultimo, Angel (Karim Leklou), un tipo piuttosto sui nervi ed aggressivo.
I tre si getteranno di propria volontà tra le grinfie del poco raccomandabile “Toro” che gli sottrarrà i mobili, l’ auto e persino la casa, gettandoli di fatto in mezzo ad una strada ed altrettanto repentinamente e senza rete  fra le braccia della vita.
“Un'estate da giganti” di Bouli Lanners è un film che procede del suo passo, con una libertà espressiva che poco si cura di accudire lo spettatore, al pari del mondo che neanche lontanamente si preoccupa del destino dei tre ragazzi in cerca di novità e speranze.
E' un racconto di formazione a tappe dove tra gioco e sventatezza i tre protagonisti si troveranno rapidamente e loro malgrado a fare i conti con un mondo soverchiante e cattivo, che non li aspetta e non li rispetta ma anzi è pronto a fargli pagare molto caro ogni minimo errore.
I genitori assenti, ovvero la latitanza degli affetti, sono la molla che spinge lontano da casa e dalle supposte sicurezze  Zak, Seth e Danny, che in fondo nulla hanno da perdere anche se molto poco finiranno per guadagnare: se servisse a qualcosa  i tre urlerebbero ai quattro venti i loro bisogni ma nemmeno ci provano perché comprendono che  il mondo difficilmente finirebbe per prestargli attenzione.
In un susseguirsi di situazioni ora sconcertanti ora divertenti, tra una notte passata entrando furtivamente in casa d'altri a colorarsi i capelli di un biondo acceso ed all'indomani a casa di una gentile signora (Marthe Keller) a far biscotti con le formine, l'innocenza indifesa diverrà “smarrita consapevolezza” e sempre più pronta ad aspirare a qualcosa di simile alla maturità; navigando il fiume della vita, dalle sue acque gli adolescenti “in fuga” lasceranno  che venga inghiottito un telefonino che squilla, recidendo quel poco che rimaneva di un già troppo esile cordone ombelicale.
Bouli Lanners fa forte il suo film di una insolita capacità di affiancarsi al mondo dei giovani in erba, dosando le asprezze con il crudele divertimento di alcune situazioni, sempre percorrendo le strade del suo racconto in totale assenza di vincoli o triti messaggi steretotipati portando presto lo spettatore sullo stesso piano visivo e percettivo dei suoi giovani protagonisti.
Ogni bivio lo scegliamo assieme a loro, ogni scelta la condividiamo o più verosimilmente  ci troviamo a subirla in loro compagnia, così il confronto con il mondo che si apre attorno diventa una cosa anche nostra, quasi convissuta, ed in fondo questa, assieme alla sua ariosa emancipazione nel raccontare,  pare senza dubbio essere la vera forza di questo lavoro.

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