Chris
(Emile Hirsch) è un piccolo spacciatore che si è cacciato nei guai
ed ha urgente bisogno di soldi per saldare un “debito pericoloso”,
così per tirarsi fuori dall’impaccio decide di coinvolgere in un
problema di dimensioni ancora più grandi suo padre Ansel (Thomas
Haden Church), ovvero gli propone di far uccidere la sua ex-moglie
per intascare i soldi dell’assicurazione sulla vita.
A
beneficiarne sarebbe la sua sorellina Dottie (Juno Temple) che vive
in casa con loro assieme alla nuova compagna del padre, la procace
Sharla (Gina Gershon), una donna avvenente che certo non si fa
scrupoli nel concedersi qualche lussuriosa avventura fuori dal letto
abituale.
Viene
chiamato a risolvere la faccenda uno sceriffo della polizia di
Dallas, tale Joe Cooper (Matthew McConaughey), che per arrotondare
uccide su commissione e pretende 25.000 dollari sull’unghia; ma
stavolta, vista la difficoltà ad esser pagato in anticipo, farà
un’eccezione, perchè folgorato in pochi minuti dal fascino
intrigante e misterioso della piccola Dottie, della quale otterrà di
poter disporre come “caparra” fino a che non verrà liquidato per
intero.
Dall’omonima
pièce teatrale di Tracey Letts, scrittore e sceneggiatore che può
fregiarsi anche di un premio Pulitzer,
la regia sempreverde del settantasettenne William Friedkin – quello
de “L’esorcista” e “Vivere e morire a Los Angeles” – ci
regala un film da metter davvero in cima alla lista di quelli da
non perdere.
Cast
al diapason, cucito a pelle sulla sceneggiatura e che interpreta alla
perfezione personaggi singolari e solleticanti,
che disegnano
il volto d’insieme di
un’America
sordida, stracciona
e costretta a vivere di espedienti; una “latrina” di disperati
senza scrupoli e pronti a tutto, che
“Killer Joe” ci mostra appena sotto la patina sottile di una
costante ironia ed un alone di leggera surrealtà.
Friedkin
punta forte soprattutto sulle sue due “punte di diamante” e
sarebbe a dire lo spietato e signorile assassino su commissione Joe e
la piccola Dottie, deliziosa ragazzina con la testa fra le nuvole ma
assai veloce e perspicace quando deve (e saprà dimostrarlo
all’occorrenza).
Ansel
è un tontolone eccezionale e la sua faccia ad ogni passo piu’
rassegnata e presa da sconcerto è davvero memorabile.
Gli
eventi, nemmeno a dirlo, non si incastreranno come dovrebbero: chi si
credeva più furbo di tutti scoprirà di non esserlo stato a
sufficienza; nessuno riuscirà a farsi beffe degli altri per intero
ed ognuno avrà da risolvere grossi grattacapi.
Gran
finale tra cosce di pollo fritto e pallottole vacanti;
sul finire arriverà persino un annuncio davvero inaspettato e chi
apprenderà la notizia in qualità di diretto interessato forse non
avrà ben chiaro se esserne davvero felice o farsene un cruccio.
Ed
a dire il vero questo, in particolare, non lo sapremo mai nemmeno noi
spettatori, come del resto nessun altro; quel che al contrario
riusciamo a percepire con grande nitidezza sono invece il senso di
angoscia degli sconfitti e l’impossibilità della redenzione
quando la vita marca di un nero indelebile la strada da percorrere,
oltre al senso di latente tristezza che insistentemente si affaccia
ed è difficile ignorare, nonostante sia stemperato ad arte da un
efficacissimo humor.
1 commento:
le migliori chiappe cinematografiche?
SHAME-MAGIC MIKE-KILLER JOE
Non perdetele!
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