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venerdì 19 ottobre 2012

KILLER JOE di William Friedkin


Chris (Emile Hirsch) è un piccolo spacciatore che si è cacciato nei guai ed ha urgente bisogno di soldi per saldare un “debito pericoloso”, così per tirarsi fuori dall’impaccio decide di coinvolgere in un problema di dimensioni ancora più grandi suo padre Ansel (Thomas Haden Church), ovvero gli propone di far uccidere la sua ex-moglie per intascare i soldi dell’assicurazione sulla vita.

A beneficiarne sarebbe la sua sorellina Dottie (Juno Temple) che vive in casa con loro assieme alla nuova compagna del padre, la procace Sharla (Gina Gershon), una donna avvenente che certo non si fa scrupoli nel concedersi qualche lussuriosa avventura fuori dal letto abituale.

Viene chiamato a risolvere la faccenda uno sceriffo della polizia di Dallas, tale Joe Cooper (Matthew McConaughey), che per arrotondare uccide su commissione e pretende 25.000 dollari sull’unghia; ma stavolta, vista la difficoltà ad esser pagato in anticipo, farà un’eccezione, perchè folgorato in pochi minuti dal fascino intrigante e misterioso della piccola Dottie, della quale otterrà di poter disporre come “caparra” fino a che non verrà liquidato per intero.

Dall’omonima pièce teatrale di Tracey Letts, scrittore e sceneggiatore che può fregiarsi anche di un premio Pulitzer, la regia sempreverde del settantasettenne William Friedkin – quello de “L’esorcista” e “Vivere e morire a Los Angeles” – ci regala un film da metter davvero in cima alla lista di quelli da non perdere.

Cast al diapason, cucito a pelle sulla sceneggiatura e che interpreta alla perfezione personaggi singolari e solleticanti, che disegnano il volto d’insieme di un’America sordida, stracciona e costretta a vivere di espedienti; una “latrina” di disperati senza scrupoli e pronti a tutto, che “Killer Joe” ci mostra appena sotto la patina sottile di una costante ironia ed un alone di leggera surrealtà.

Friedkin punta forte soprattutto sulle sue due “punte di diamante” e sarebbe a dire lo spietato e signorile assassino su commissione Joe e la piccola Dottie, deliziosa ragazzina con la testa fra le nuvole ma assai veloce e perspicace quando deve (e saprà dimostrarlo all’occorrenza).

Ansel è un tontolone eccezionale e la sua faccia ad ogni passo piu’ rassegnata e presa da sconcerto è davvero memorabile.

Gli eventi, nemmeno a dirlo, non si incastreranno come dovrebbero: chi si credeva più furbo di tutti scoprirà di non esserlo stato a sufficienza; nessuno riuscirà a farsi beffe degli altri per intero ed ognuno avrà da risolvere grossi grattacapi.

Gran finale tra cosce di pollo fritto e pallottole vacanti; sul finire arriverà persino un annuncio davvero inaspettato e chi apprenderà la notizia in qualità di diretto interessato forse non avrà ben chiaro se esserne davvero felice o farsene un cruccio.

Ed a dire il vero questo, in particolare, non lo sapremo mai nemmeno noi spettatori, come del resto nessun altro; quel che al contrario riusciamo a percepire con grande nitidezza sono invece il senso di angoscia degli sconfitti e l’impossibilità della redenzione quando la vita marca di un nero indelebile la strada da percorrere, oltre al senso di latente tristezza che insistentemente si affaccia ed è difficile ignorare, nonostante sia stemperato ad arte da un efficacissimo humor.

1 commento:

ulisse ha detto...

le migliori chiappe cinematografiche?
SHAME-MAGIC MIKE-KILLER JOE
Non perdetele!