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mercoledì 22 agosto 2012

L'ESTATE DI GIACOMO di Alessandro Comodin


“L’estate di Giacomo” segna l’esordio nel lungometraggio di Alessandro Comodin, giovane regista Friulano (Classe 1982), capace di aggiudicarsi subito con  la sua opera prima  il Pardo d’Oro nel concorso “Cineasti del presente” al  Festival di  Locarno 2011.  
Inestricabilmente sospesa tra documentario e finzione la pellicola è un ibrido amorevolmente genuino e capace di restituire significati, emozioni e sentimenti con le sole armi della semplicità e della grazia dell’immagine, del crogiolarsi nel tempo che scorre e del cedere il passo alla pura osservazione.
Per oltre un’ora dei settantacinque minuti totali i protagonisti sono solamente due: il giovane Giacomo Zulian (figlio di un amico del regista), un ragazzo con problemi di sordità il quale – lo desumiamo dai  pochi elementi che ci vengono offerti - sembra adesso avere sensibili miglioramenti con l’udito; assieme a lui la sua amica Stefania (Stefi), ovvero la sorella di Comodin.
L’obiettivo segue, invisibile ed imprescindibile terzo elemento,  ogni passo e parola di una loro innocente ed intima escursione fino alle rive del Tagliamento: il sentiero nel bosco, il fiume che d’improvviso appare a mutare il verde delle foglie in un azzurro limpido e fascinoso quasi fosse quello delle isole Maldive (o dell’  “Isola dei famosi”). Poi una passeggiata in bicicletta, con il sole alle spalle che tramonterà a breve ma intanto spande tutt’attorno la sua luce estiva, che poggia sapiente e gentile bagliori di vita tra rami e foglie;  e ancora la giostra in paese, il ballo al ritmo della fisarmonica.
La progressione degli avvenimenti è lineare, il montaggio pare quasi limitarsi a scremare le ridondanze ed a ridurre la giornata al tempo necessario per farne un film, certo avendo cura di cogliere i momenti essenziali e più significativi; i dialoghi all’impronta sembrano banali ma non sono per niente privi della possibilità di esser letti a diversi livelli dallo spettatore che vi si confronti, sorprendenti sia per l’atipico modo parlare di Giacomo e del suo timbro di voce – quello caratteristico di chi ha problemi con l’udito e  riabilita lentamente la parola, tra nuove sensazioni e sedute dal logopedista – così come per la spontaneità e la singolare purezza della quale sono intrisi.
Apparentemente inconcludente, senza una vera traccia da seguire o un suo evidente sviluppo drammatico – anzi gli elementi di riferimento sono volutamente ridotti al minimo indispensabile e vanno colti con perspicacia – “L’estate di Giacomo” è un “luogo del cinema” dove rovistare in cerca di piccole verità e minuscole tenerezze, una garbata intrusione in una adolescenza che, risvegliata nei sensi fino ad allora sopiti, scopre il “corpo nuovo” e l’affetto che da confuso e bambino diviene amore adulto.
In equilibrio perfetto tra sincerità e finzione, senza che per un solo istante se ne possa cogliere la benché minima differenza, la pellicola di Comodin è forse un pochino estenuante, un segmento di vita faticoso da seguire in finestra e ad una prima impressione piuttosto avara nel restituirci intima soddisfazione o una evidente gratificazione estetica, ma  trova in  realtà  una  precisa  ragione di essere anche soltanto nel suo rimandarci scorci di vita di una considerevole autenticità e pregni di una schiettezza ed una semplicità che potremmo definire quasi “regale”, tutti elementi notevoli e che sono per già per loro conto un degno motivo di attenzione.
Viene strappata via la corteccia che copre l’essenziale, spazzati via gli orpelli e messa a nudo ogni cosa conti per davvero, prescindendo dal percorso esistenziale e dalle capacità di ogni singolo e differente essere umano.
La vita bisogna saperla osservare,  esser poi capaci di raccontarla - o di filmarla – e tanto colui che narra o ridisegna l’esistente, tanto coloro che guardano o ascoltano, debbono essere in grado  poi di comprenderla o in qualche misura “allinearsi” ad essa, senza aver la presunzione che nulla di tutto questo sia né facile, né  scontato.
C’è un attimo sopra gli altri in cui ci arrivano, quasi palpabili, vivide e calde sensazioni, ed è quando Stefi scioglie i suoi capelli e Giacomo, leggermente intimidito, volge il suo viso di lato pur continuando  a puntarla con gli occhi,  forse folgorato  dal volto radioso della sua amica, forse dalla luce del sole o da quella non meno scintillante che comincia a farsi largo dentro di lui; poi sospira: “La vita è così… per tutti.”

1 commento:

ulisse ha detto...

pensa alla mia che sono anche venuto a vedere questo film.................