Il
Sig. John May è un uomo meticoloso e gentile,
che affronta il suo lavoro con dedizione ed uno slancio teneramente
encomiabile: questo forse per le affinità che avverte con la sua
condotta di vita, da sempre riservata ed al riparo dal mondo esterno,
chiusa in un quotidiano e costante isolamento.
Lavora
per il “Servizio Utenti” del distretto Londinese di Kennington e
più precisamente si occupa dei defunti che scompaiono senza avere
nessuno al proprio fianco. Cerca di rintracciarne i parenti, indaga
tra le tracce di solitudine lasciate dagli estinti, compra per loro
l’ultimo vestito e la bara, la lapide, sceglie le musiche giuste e
scrive persino il discorso che leggerà l’officiante durante la
cerimonia funebre; poi segue il feretro e partecipa alla sepoltura.
Ma
John ha tempi lenti ed una preferenza per i funerali classici,
alquanto costosi rispetto alle più economiche e moderne cremazioni,
scelta questa che non fa certo risparmiare denaro alla sua
amministrazione. Così il principale, Mr.Pratchett, un bel giorno lo
mette alla porta, dopo ventidue anni di onorato servizio e di ligio
espletamento dei propri doveri.
Prima
di abbandonare il suo mestiere però il Sig. May porterà a termine –
non senza imbattersi in inattese
soprese - la ricerca necessaria
a dare degna sepoltura al suo ultimo caso: quello di un uomo solo
come tanti altri chiamato William “Billy” Stoke”.
“Still
Life” di Uberto Pasolini
(regista nato in Italia ma che ha conosciuto la sua fortuna
all’estero, cominciando come “galoppino” sul set di “Urla del
Silenzio” e finendo per incassare cifre da capogiro come produttore
di “Full Monthy”) è una
pellicola insolita e delicata, la cui tematica ci indurrebbe a
bollarla – sbagliando! - come triste ed inevitabilmente deprimente.
Invece
veniamo ad ogni passo conquistati
dalla semplicità del racconto e dal suo splendido protagonista Eddie
Marsan, che fin da subito comincia ad aprirsi un varco grazie ai suoi
occhi che si fanno per noi larghi e grandi, a quel suo sguardo
profondo e solo in apparenza sconsolato, traboccante invece di una
rara sensibilità verso l’altro.
Marsan
espugna con estrema facilità le roccaforti del nostro cuore,
con la sua dignitosa fierezza ed uno slancio pacificamente generoso,
iscrivendo immediatamente tra i
preferiti del nostro immaginario il personaggio di Mr.May,
singolare figura di uomo paziente e capace di regalare al suo
impiego - ed agli altri esseri umani - una dedizione d’altri
tempi.
La
sua è una forma di attaccamento – o di affetto - che trascende
il mero lavoro: forse è amore verso il prossimo o per il respiro
del mondo quello che lo porta
ad onorare ogni vita che abbia calpestato la terra, ossequiando chi
non c’è più ma anche concedendo il dovuto rispetto a chi lo
aveva conosciuto e potrebbe piangerne la mancanza.
Il
suo procedere metodico ma non privo di trasporto, la dolcezza zelante
con la quale profonde il suo impegno
nei confronti di persone estinte e del tutto sconosciute - per giunta
“orfane” in terra di qualcuno che possa reclamar per loro pace e
giustizia - insegnano molto a
tutti noi sul rispetto, la responsabilità ed il dovere, su quanto
anche piccole figure umane, persone solo apparentemente marginali,
possano donare molto agli altri e soprattutto nei modi più impensati
ed invisibili.
Pasolini
(il cui lavoro è stato premiato quest'anno a Venezia come miglior
Regia nella sezione “Orizzonti”) raccoglie al meglio il suo
racconto dentro inquadrature
garbate, accurate, di una precisione finissima che fa il paio con
quella del suo protagonista,
utilizzando uno stile compositivo molto aggraziato, adagiando la sua
pellicola tra “i diversi colori della vita” - e per conseguenza
naturale poi anche della morte - dando prevalenza alle tonalità di
bianco e d'azzurro che ben si prestano a questa storia
“glaciale” ma a suo modo “estremamente” romantica.
“Still
life” è molto di più che un
semplice giro di ricognizione tra tristezze varie e decessi: è
un educativo insegnamento su cosa siano l’amorevolezza e la
disinteressata considerazione degli altri.
Rende piu’ dolce al nostro sguardo il lungo corridoio della vita,
dandoci prova di come in fondo al suo percorso possa comunque
risplendere sempre una luce, solamente a condizione che ogni cosa
venga affrontata con la giusta passione ed una serena generosità.
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