Il cinema può arrivare in luoghi conosciuti percorrendo strade mai viste, ricreare immagini per proporle ancora una volta ad occhi che vi abbiano già poggiato lo sguardo o esser capace di trovare nuove parole che rendano vivi discorsi già ascoltati.
Seguendo
la rotta indicata da una “bussola fatata” Andrea Segre
decide di andare dietro alle orme della crisi globale,
pedinandola per vie insolite e che, nello specifico del suo
“viaggio”, si snodano tutte in Grecia, una delle nazioni più
colpite in Europa dal tracollo dell’economia degli stati sovrani. A
condurlo in giro – per le strade di Atene - una guida “sui
generis”: il musicista Vinicio Capossela.
L’artista
di origine Irpina - che con il suo ultimo lavoro (“Rebetiko
Gimnastas”) si erà già avvicinato a questi luoghi - ci
accompagna tra locali e strade buie, facendoci ascoltare i rumori
che salgono al giungere della solidale compagnia della notte e le
voci che animano le taverne popolate da esseri umani che ancora
coltivano il desiderio di ricercare le proprie radici e condividere
assieme ad altri il sapore di ogni loro scoperta.
Capossela
porta con se un piccolo strumento a corde “figlio” del
bouzuki, il “baglamas”, simbolico e tenero legno dal quale
vibrano note come lamenti o struggenti richiami dell'anima. Lo
agita davanti a se come fosse il ramo di un rabdomante, in modo
che possa condurlo a scoprire storie nuove e vecchie, le tane degli
spettri o il nascondiglio di strani fantasmi; se lo porta
all'orecchio come fosse una conchiglia di mare dalla quale poter
ascoltare le voci dei “rebetes” morti, o che forse ci suonano
ancora dentro.
“Indebito”,
presentato fuori concorso al 66° Festival di Locarno, è
difatti - anche, o soprattutto - un viaggio nella musica
“Rebetiko”, quella dove le corde degli strumenti vengono
pizzicate direttamente come da un cuore primitivo e le melodie
struggenti che ne nascono – sulle quali vengono poggiate parole
semplici - parlano di questioni senza tempo, dell'amore, dei
rapporti umani, di sofferenza e povertà.
Rebetiko:
dal turco “ribelle”, perchè sono stati i profughi di Smirne
- scappati dai fuochi della guerra e da una diversa “crisi” - a
far germogliare le sue note in terra di Grecia. Musica “allevata”
poi dai “Rebeti”, ovvero dagli emarginati, gente fuori dalle
regole, che magari faceva uso di droghe e vino e giocava d'azzardo ma
non poteva fare a meno della “manghià”, ovvero la dignità.
Rebeti, forse dal verbo “remvo”, fantasticare”, e così ad
ogni passo la radice di questa parola sembra assumere poteri magici o
taumaturgici.
E'
uno strano viaggio verso le origini dell'essere umano quello di
Segre, Capossela e dei loro amici Greci e lungo il cammino scorre
linfa energizzante, buona per resistere e metter in campo nuove
rivoluzioni: perchè questa musica – dicono - “è rivoltosa”
e lo diviene proprio nel momento in cui riesce ad accendere in noi la
consapevolezza che ogni attimo è l'ultimo ed a farci comprendere che
- proprio per questo - non ha alcun senso sprecare la nostra vita.
“Indebito”
non è la crisi filtrata attraverso una accudente melodia e
nemmeno si sogna di spacciare la musica come panacea di tutti i
mali – purtroppo non è l’antidoto perfetto a depressione e
miseria - però sottolinea che attraverso la musica (qui si parla
del “rebetiko” in particolare) può riemergere l'anima e tornare
ad apparire limpido quel che ci è necessario.
Grazie
ad essa talvolta vediamo nuovamente con chiarezza la semplicità dei
nostri bisogni e le urgenze divengono forze propulsive che ci
traghetteranno ancora in avanti; nel cuore di una taverna o sul
gradino di una strada deserta, al netto dei nostri assurdi bisogni
consumistici, tutto adesso sembra volersi far guardare
sotto una luce diversa.
E’
ritmo e “musica vitale” anche il richiamo struggente all’antica
filosofia dell' ”esser felici con quel che è nella
disponibilità”: un pacchetto di sigarette, un bicchiere di
vino con gli amici o la propria donna: sono grandi rivelazioni al
tempo in cui i mercati sono più importanti delle persone e non deve
meravigliare che tutto questo giunga da un paese verso il quale siamo
da millenni debitori di molte cose, prima fra tutte l'alba della
nostra esplorazione interiore.
Segre
lascia che il suo film faccia rotta verso il cuore e la ragione,
senza perdersi in spiegazioni di troppo o raccordi che ne possano
alterare la sincerità e la purezza, macchiandolo di inutile
artefazione.
“Asseconda,
circoscrive, sottolinea”, accompagna Capossela nella sua trance
musicale ed infine traspone i segni della musica in cinema, di questa
musica che a sua volta è come se fosse figlia di vecchie foto in
bianco e nero ritrovate in chissà quale vecchia scatola di metallo,
che il passato ha conservato per noi.
“Indebito”
è come vino che non ci fa mai ubriacare: segue e ritrova le tracce
della “Mangas” e cioè della sincerità, di coloro che fanno il
bene senza dirlo e dunque sono davvero uomini! Contro il potere
costituito ed il conformismo è una boccata di ossigeno e di schietta
speranza, che diventa forza a guardare i volti coraggiosi e leali
che hanno incisi sulla pelle i segni del tempo ed il suo
insegnamento.
“Il
sole non è in crisi” - è scritto sulla vetrina di un negozio - e
nonostante ogni sconforto sarà parecchio difficile mandare del
tutto al tappeto anche il cuore e l'anima degli esseri umani,
perlomeno di coloro che opporranno la loro strenua resistenza,
respirando la vita di ogni giorno anche al tempo ed al ritmo della
musica.
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