Una donna non abituata a chiedere ma ad ottenere: benestante, appartenente alla nuova piccola borghesia Romena ed amica di personaggi facoltosi, con denari sufficienti a ricacciare lontano ogni spiacevole inconveniente la possa tirar giù nel fango.
Nella notte il suo unico figlio Barbu (Bogdan Dumitrache) ha investito – uccidendolo – un bambino ed ora Cornelia deve tirarlo fuori dai guai: quando in commissariato, avvolte nelle loro pellicce, appaiono lei e sua sorella Olga (Natasa Raab), i poliziotti capiscono subito la bega che si trovano di fronte.
Proprio per il piglio deciso ed autoritario della madre, Barbu accetta da sempre malvolentieri l’ingerenza di questa nella sua esistenza e vive per proprio conto con la sua fidanzata Carmen (Llinca Goia).
Cornelia dal canto suo ha uno strano modo di dimostrargli l’affetto materno: quasi sempre in lei finisce per prevalere la volontà di riaffermare la sua influenza e raramente riesce a fare a meno di interferire su questioni che non la riguardano; così, per avere notizie di Barbu, è costretta a mendicarle dalla comune domestica di entrambi, che spolvera il comodino del figlio e le racconta quali libri legge.
Il tragico episodio, inizialmente, sembra esser per Cornelia quasi una questione esclusivamente personale e la donna, attraverso scorrettezze e favori, si ingegna per piegare anche questa situazione drammatica in suo favore e ribadire i ruoli di comando e subalternità, disinteressandosi peraltro totalmente alle ragioni della vittima ed al dolore dei suoi familiari.
Le circostanze però porteranno altrove e forse porranno le basi per un cambiamento dei protagonisti che, tra prese di coscienza ed inevitabili assunzioni di responsabilità, si troveranno costretti a guardare anche oltre i confini dei propri egoismi ed in generale a valutare le cose in maniera più adulta e razionale.
Orso d’Oro a Berlino 2013, il film di Calin Peter Netzer ruota attorno al rapporto sofferto ed irrisolto tra madre e flglio e “Pozitia copilului”, il suo titolo originale che fa riferimento alla posizione del feto nell’utero materno, meglio della traduzione italiana ne sottolinea la centralità.
“Il caso Kerenes” mostra anche la corruzione e la povertà cha fanno da sfondo alla vicenda, alcune vigliacche meschinità delle persone ed i loro caratteri rapaci oltre a rimarcare ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che la superiorità economica e sociale pone su piani differenti gli esseri umani.
Calin Peter Netzer filma ondeggiando nervosamente con la camera da un lato all’altro del campo e cingendo spesso in ravvicinati primi piani i volti dei protagonisti.
Il suo racconto si muove tra l’irritante arroganza di chi si crede superiore e l’ineludibilità del destino e dei fatti che ridisegnano a proprio piacimento le cose; il maggior pregio della pellicola è quello di riuscire a tenere a fuoco la storia principale tra madre e figlio senza perder d’occhio lo sfondo della Romania Post Comunista, offrendoci un dimensione a tutto tondo di verità e realismo, toccante e senza fronzoli.
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