Nel
2009 Roman Polanski si reca in Svizzera per ritirare un premio al
Festival di Zurigo ma una volta atterrato in aeroporto viene tratto
in arresto per un capo d’accusa Americano di oltre trent'anni
prima.
Dopo
aver trascorso una decina di settimane in carcere gli vengono
concessi gli arresti domiciliari che trascorrerà tra
i boschi in una casa a Gstaad.
E'
qui che si reca a trovarlo l'amico e produttore Andrew Braunsberg,
suo conoscente da oltre 50 anni, per fare “un po' di conversazione”
e con il comune intento di trarne materiale dal quale sia possibile
montare una pellicola
che possa fornire la “versione di Polanski” riguardo la sua vita,
buona per sconfessare molti particolari e falsità raccontati negli
anni, in maniera controversa e confusa, dai mass media e da
personaggi d’ogni sorta.
Si
tratta di una una biografia talmente ricca e complessa che se la si
volesse proporre ad un produttore come materiale da sceneggiare per
il cinema stimolerebbe quanto incuterebbe preoccupazione: da prender
con le pinze ed alla debita distanza!
“A
film memoir” è il resoconto/intervista, corredato di amorevole
cura e dolcezza, di questo incontro.
Polanski
comincia a raccontare esattamente dall'inizio: nato a Parigi da una
famiglia di origine Polacca si trova a Cracovia giusto poco prima
dell'invasione Nazista del 1939; quando i tedeschi bombardano ha sei
anni.
Si
commuove, quando narra della madre prelevata dai nazisti per esser
condotta ad Auschwitz dove morirà presto gasata,
notizia che i familiari conosceranno però parecchio tempo più
tardi; anche
la sorella verrà presa dai tedeschi così come il padre, che finirà
a Mauthausen: entrambi sopravvivranno.
Conosce
il ghetto e vede costruire il muro che delimiterà i confini della
sua libertà; in quel periodo conoscerà anche il primo vero dolore
quando il nemico che ha invaso la sua nazione gli porterà via
l'amico Mietek, colui che per primo gli fece conoscere lo schermo di
un cinema.
Polanski
racconta questa fase della sua vita con molta franchezza e lucidità,
a tratti prostrato dai ricordi piu' che sconvolto, non senza
rischiare di esser travolto dall'emozione:
anni dopo fisserà nel suo cinema molti personali frammenti di questo
periodo, come ad esempio l'apparizione nella neve di un uomo che
sperava potesse essere suo padre di ritorno a casa “Mammals” del
1962 e poi, in maniera molto più ampia e con maggior ricchezza di
connotati autobiografici, nel premiatissimo “Il Pianista”,
vincitore a Cannes 2002 e miglior regia ed attore protagonista agli
Oscar dell’anno successivo.
Poi
un giorno, il ronzio degli insetti del bosco cresce fino a tramutarsi
nel rumore degli aerei alleati che arrivano a sbaragliare le truppe
tedesche: è la liberazione e subito dopo la fame ed il regime
comunista.
Quindi
con grande ritardo la scuola (arte, pittura e grafica a Cracovia),
dove per incominciare si porterà come scarno bagaglio di base un
alfabeto imparato dalla tastiera della macchina da scrivere e dai
sottotitoli del cinema.
Esperienza
fondamentale quella con gli “Scout”, dove Polanski prenderà
confidenza con il suo talento e sperimenterà la sua attitudine ad
essere al centro dell’attenzione,
cosa che gli tornerà utile poi per approcciare con la radio.
Tramite
una serie di combinazioni anche fortuite giungerà in sequenza prima
al teatro e nel volgere di poco tempo ad un miracoloso esordio
persino nel cinema, con il grande regista Andrzej Wajda.
Frequenterà
poi la scuola di cinematografia di Lodz negli anni '50
e dopo qualche prima fortunata esperienza (medaglia d’oro al
Festival del Cinema Sperimentale di Bruxelles con “Due uomini e un
armadio” – Anno 1958) girerà nel
1962 il suo primo lungometraggio “Il coltello nell'acqua”
che, proprio mentre la sua vita sta attraversando una fase negativa e
depressiva, comincerà a mieter successo a sua stessa insaputa, prima
in Baviera, poi a Londra e al Festival di Venezia, finendo
addirittura per esser candidato
all'Oscar come miglior film straniero.
Si
apre una fase nuova: è arrivata la notorietà!
Girerà
subito dopo “Repulsion”, un film che non amerà mai
particolarmente (lo definisce lui stesso come “l’unica marchetta
della sua carriera”) ma che vincendo l’Orso d’Argento a
Berlino consoliderà il suo successo e gli consentirà di realizzare
“Cul de Sac” (Orso d’Oro 1966), progetto precedente e pensato
assieme con Gerard Brach; poi “The fearless vampire killers”
(conosciuto anche come “Il ballo dei vampiri” e da noi tradotto
con “Per favore non mordermi sul collo”) durante le lavorazioni
del quale, su un set delle nostre dolomiti (Ortisei), conoscerà
Sharon Tate, che in breve tempo diverrà sua moglie.
“Rosemary's
Baby” gli spalanca le porte di Hollywood che si chiuderanno però
presto dopo i tragici episodi di “Cielo Drive – California”
(“la casa sbagliata al momento sbagliato”), dove la sua consorte
verrà assassinata, incinta, in un episodio drammatico quanto ancora
una volta dolorosamente decisivo per la vita di Polanski.
Il
regista ricorda ancora, relativamente alla strage che vide tra le
vittime l'amata Sharon, di quando subito dopo, in casa sua, si trovò
di fronte alla sofferenza e contemporaneamente a doversi difendere
da giornalisti ed inquirenti che addirittura lo ipotizzavano tra i
colpevoli, tra tanti indizi e nessuna verità.
Verrà
poi il momento di un altro episodio chiave nel 1977, con la
carcerazione e le accuse di violenza e pedofilia per aver fatto sesso
con la tredicenne Samantha Geiger:
dopo 42 giorni sarà costretto a lasciare definitivamente l'America;
nel periodo immediatamente successivo sarà braccato in Europa dai
giornalisti assetati di “scoop”, capaci di assediarlo bivaccando
persino sull’impalcatura del palazzo di fronte al suo.
Per
questo stesso episodio verrà poi arrestato in Svizzera in giorni più
recenti, ed è a questo punto che torniamo esattamente al momento
dove è cominciato il racconto di questa pellicola.
Oggi
Polanski è libero e vive finalmente un periodo più tranquillo e
felice della sua vita, forse con sua stessa incredulità. E’
sposato da quasi trent'anni con l'attrice Emmanuel Seigner dalla
quale ha avuto due figli.
“A
film memoir” è una corposa ed amichevole intrusione a cuore aperto
nella vita di un grande protagonista del cinema mondiale, in grado di
sottolinearne le sua capacità catartiche rispetto ad un destino
spesso contrario:
ad esempio la sua sorprendente attitudine a trasformare in un “ritiro
monastico” i lunghi giorni di detenzione carceraria (come ricorda
dalle sue memorie l’amico Braunsberg) o quella di reagire sempre
con ottimismo alle tante avversità della vita grazie ad una
accettazione pacifica ma mai passiva del corso degli eventi.
Alcuni
paralleli tra racconto ed immagini, uniti alle musiche di Alexander
Desplat, mostrano ancora una volta come la realtà non sia certo il
cinema ma, nonostante questo, le distanze talvolta si affievoliscano
notevolmente e mondi virtuali e reali spesso finiscano per
incontrarsi ed in una sorta di (im)prevedibile
osmosi si compenetrino.
3 commenti:
Visto Ieri, l'ho trovato molto delicato, una vita incredibile, certo con una certa propensione all'horror, non ho mai apprezzato Rosemary's baby, l'ho trovato sempre molto fosco ed esagerato
Troppi trovato!
Hi Pat...
Si...
Bel racconto di vita.
TUTTO HA UN SENSO, TALVOLTA...
Sto "studiando", nei ritagli
di tempo quanto piu' posso
sui "PiedNoirs" e appena
finito apporterò modifiche al
"periodo incriminato" di Amelio provando a non allungarlo nemmeno di una riga.
Grazie per la "collaborazione"...
...E per la VISITA!!!..
Come sempre...FRANCO
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