“Il
capitale umano” è il titolo di un romanzo di Stephen Amidon.
Paolo
Virzì trae da questo libro le basi per il suo nuovo film,
trasferendone l'ambientazione dall'America del Connecticut al piccolo
paese – immaginario - di Ornate in Brianza, limando il
racconto e ricreandone i personaggi con l'aiuto in sceneggiatura di
Francesco Bruni e Francesco Piccolo.
Dei
cento colori scoppiettanti delle sue precedenti commedie il regista
Livornese trattiene solamente “un po' di giallo e di nero” e
confina il suo racconto in un perimetro delimitato, dentro il quale
si agitano “spiriti” claustrofobici ed invisibili: ansia,
competizione ed incertezze, mercati “volubili”, gli impatti
inaspettati delle “maggiorazioni sballate”, rendite instabili
per “posizioni” incerte.
Dino
(Fabrizio Bentivoglio), Carla (Valeria Bruni Tedeschi) e Serena
(Matilde Gioli) osservano il mondo con occhi diversi ed il loro
approccio alla realtà è quel che ne consegue. Il primo è
disposto a giocarsi tutto - persino il destino della propria
famiglia - pur di arrivare a guadagnare soldi facili: vanno bene le
“regole” che più possono fargli comodo a seconda dell'occasione,
senza curarsi minimamente della correttezza o della dignità. L'altra
rischia l'asfissia nel suo recinto ovattato e protetto e cerca di
uscirne muovendo passi incerti in direzione di smarrite sortite
filantropiche ed estemporanee escursioni sentimentali. Infine la più
giovane: ha assaggiato già il sapore scipito del denaro (con
annesso l'odore degli interni in pelle ed il canto del motore del
fuoristrada) e le è bastato guardarsi dentro un disegno - un
ritratto bello e crudele – per tornare indietro, verso l'istinto
sopito ed i palpiti del cuore.
Dino
Ossola, immobiliarista cinquantenne, è il padre di Serena ed è
sposato con Roberta (Valeria Golino), che non è la madre della
ragazza e di mestiere fa la psicologa. Carla invece è la moglie del
ricco e spregiudicato finanziere Giovanni Bernaschi (Fabrizio
Gifuni), il cui figlio Massimiliano (Guglielmo Pinelli) ha una
relazione con Serena.
La
loro storia gira attorno ad un incidente stradale notturno del quale
è stato vittima un cameriere che - tornando dal lavoro in
bicicletta - viene investito e lasciato agonizzante ai margini
dell'asfalto. Di come siano andati davvero i fatti occorsi a questo
personaggio “dimenticabile” (paradossalmente presto dimenticato
anche dallo spettatore, nonostante sia il fulcro della vicenda)
vengono rilasciati particolari “in piccole dosi” lungo la
pellicola, suddivisa in tre capitoli che ogni volta ripercorrono
quanto accaduto – e non soltanto – cogliendone la prospettiva
dalle diverse angolazioni dei protagonisti, fino ad arrivare
all'esito finale.
Lentamente
salgono in superficie suggestioni che creano malessere e piccole
malinconie di fronte alle quali ci sentiamo impotenti e prigionieri.
Virzì
più che cementare il filone dell'investigazione e del mistero - del
quale si occupa per lui un accigliato commissario dalla barba incolta
(Bebo Storti) - sfrutta tutto quanto la situazione generale
può offrirgli per osservare introspettivamente le persone dal
punto di vista umano ed offrire nel contempo un quadro complessivo
del Paese-Italia e delle azioni/relazioni di chi ci vive e ne disegna
il frastagliato profilo.
Auto
scure ed eleganti salgono in fila avanzando nella neve lucida e
bianca, portando al tavolo delle riunioni affaristi sempre più
somiglianti a giocatori d'azzardo; istituzioni distratte lasciano che
i teatri divengano fatiscenti, immaginando per locali gloriosi che
furono calcati da attori famosi ed ospitarono sul palco opere
importanti solamente improbabili suddivisioni in appartamenti da
vendere, l'ennesimo supermercato o frettolose ristrutturazioni dove
ospitare poi cori di “voci padane”: a discutere del futuro
incerto dell'arte aspiranti attrici che tempo addietro hanno
rinunciato alla loro occasione, “dilettanti della realtà”,
finti innamorati della prosa e falsi romantici della vita,
recensori annoiati e caustici della “Pre-Alpina”.
Virzì
si abbandona scientemente ad un fruttuoso “spaesamento”, lontano
da set e luoghi amici, da vecchi vezzi ed abitudini collaudate e si
incammina con successo verso un orizzonte stilistico differente,
colpendo il bersaglio nel tratteggiare nefandezze e debolezze,
schierando in campo buoni e cattivi senza distinzione alcuna di casta
o di classe sociale, lasciandoci osservare come la posta in gioco
venga vinta o perduta nel rimescolarsi di avvenimenti concatenati e
sui quali spesso non è possibile avere il controllo assoluto,
alludendo al “Capitale umano” non solo come la negoziazione
del valore trattato quale risarcimento dalle compagnie assicurative
ma anche come il prezzo salato che puo' trovarsi a pagare un singolo
ragazzo o persino una intera Nazione sulla cui rovina altri hanno
scommesso senza scrupoli.
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