Jasna
e le sue amiche: dai banchi della scuola alle feste passano le
giornate adocchiando e cercando di abbordare i ragazzi.
Sui
tacchi alti e colorati si nota meno la cellulite: l'atteggiamento è
spavaldo e la guisa scimmiotta quella delle puttane. Fumano, sniffano
cocaina, bevono e tra le mani hanno sempre l'immancabile telefonino.
Dalla
Serbia con squallore: “Clip” è un ritratto inquietante della
regista trentenne Maja Milos (premiato nel 2012 al Festival di
Rotterdam con il Tiger Award) che punta gli occhi sugli
adolescenti del suo Paese, stretti tra noia ed eccessi,
apparentemente forti e baldanzosi ma infinitamente vulnerabili a
causa dell'inesistente coscienza interiore e di una scarsa
consapevolezza del mondo che li circonda.
Protagonista
è Jasna (Isidora Simijonovic) che, come altre della sua età, cerca
di stimare il suo valore da quanto riesce ad esser provocante e
competitiva con le amiche postando le sue immagini sui
social-network oppure “accaparrandosi” il ragazzo più attraente
(Djole/Vukasin Jasnic), prendendoglielo in bocca nei bagni della
scuola senza stare troppo a pensarci sopra.
Intorno
a lei i coetanei non sono meno disorientati: fanno irruzione notturna
nei locali della scuola o tirano banchi dalle finestre alla luce del
giorno.
Balli
e cori, discussioni, risse o atti sessuali: ogni cosa o azione - che
sprigioni vitalità o sia totalmente priva di senso, non importa -
viene immortalata nei video girati attraverso l'obiettivo degli
inseparabili telefonini, in uno stato di noia (e)statica.
Dopo
il “Bling Ring” di Sofia Coppola, testimonianza cinematografica
di ragazzi che, come fossero state “gazze ladre” rubavano –
preda di qualcosa ben più preoccupante che un semplice raptus
ipnotico - oggetti luccicanti e griffati con il nome delle grandi
marche, ecco l'altra faccia della “civiltà dell'immagine e del
nulla” che cresce e
vorrebbe disperatamente prender forma senza riuscire a trovarla,
costretta ad accontentarsi di scadenti gratificazioni - reggiseni
appuntiti e magliette di bancarella – ed attesa al rientro a casa
da appartamenti poco accoglienti, dove li aspetta il confronto con
gli “irritanti” problemi familiari.
La
Milos descrive senza remore e con estrema efficacia questi giovani
“in latitanza permante da loro stessi”, incapaci di toccarsi
“dentro” o di ardere nel contatto fisico, ignari di come
comunicare o consolarsi e che sanno tirarsi su il morale solo
offrendosi l'un l'altro l'ennesima pista di cocaina, che usano il
loro corpo come fosse solo un accessorio, distante dal loro tessuto
arterioso e totalmente disconnesso dai propri sentimenti.
La
scelta stilistica di “Clip” è coraggiosa, estrema nella forma
per quel che sono i canoni consueti del cinema commerciale: mostra
senza paura il sesso orale e la crudezza dei rapporti di ogni tipo;
sosta insistentemente nel vuoto che abitano i suoi protagonisti,
mirando anche a trasmettercene il senso agghiacciante di monotonia e
spaesamento.
Lo
sguardo spietato nel descrivere il mondo dell'adolescenza ricorda
Larry Clark o Harmony Korine ma senza il loro compiacimento
voyeuristico, né l'appariscenza; in più qui si certifica il
bisogno crescente dei ragazzi - non sempre giustificato - di
riprendere ogni cosa, l'affermazione – come fosse indispensabile –
di un mondo alternativo virtuale, di un immateriale rifugio
dove “recarsi” per cercare effimere soddisfazioni, che diviene
consueto destinatario e nuovo custode designato di ogni frammento
pubblico o intimo del quotidiano.
Nel
vuoto pneumatico non sembrano scorgersi segnali di speranza ma dal
grigiore generale sentiamo salire flebili lamenti di dolore. Questi
ragazzi non sembrano privi di sentimento ma incapaci di averne
consapevolezza, del tutto inadatti a perseguire e realizzare le loro
stesse aspettative, disorientati nei desideri e nelle ambizioni e
costretti a trovare realizzazione e stima per se stessi o per gli
altri mediante atti confusi e ripetitivi, abitudinari, spesso
degradanti o privi di senso, connessione o continuità con il
contesto generale della loro realtà.
Bellezza
e felicità, desiderio e passioni, sembrano chimere o stelle comete
non solo distanti anni luce ma persino invisibili ai loro occhi
che - come quelli di Jasna quando vengono immortalati dalla camera
della Milos - comunicano un senso di impotenza e di tristezza che fa
male ed al tempo stesso ci rivolgono una implorante richiesta di
aiuto, che fuoriesce come da un assurdo ed apatico silenzio.
Belgrado
è lontana, ma non sarebbe per nulla fuori luogo identificare in quel
desolante paesaggio di nulla e di cemento un parallelo con le
periferie delle nostre metropoli, specchiarci dentro i disagi delle
nostre generazioni dal presente perduto e dal futuro
imperscrutabile, abbandonate da coloro che hanno ancora più colpa,
sarebbe a dire da una società egoista e distratta e da chi avrebbe
dovuto fornirgli il necessario aiuto a farsi strada nel mondo, in
primo luogo i genitori ed i parenti più stretti.
Adolescenti
teneramente spacconi, intrappolati nel reale come nel virtuale ma
soprattutto nell'incapacità di decodificare il mondo e se stessi,
mortificati nella ripetizione meccanica e dalle umiliazioni alle
quali si sottopongono senza nemmeno comprenderne appieno i danni,
per nulla interessati a sapere che giorno è oggi e quale anno sarà
domani.
Ragazzi
con la vita frammentata come le piccole “Clip” che girano e
continuamente depositano nel mondo parallelo di internet si dimenano
come in gabbia ma illusi di esser liberi, a volte collidono con
ferocia e usano violenza tra di loro; sboccano sangue e con le
labbra rosse di rabbia o che alitano desiderio ora si baciano:
certamente torneranno poi a picchiarsi oppure a baciarsi ancora.
Forse
davvero non avvertono nessun dolore, ma nemmeno hanno qualcuno
accanto che sia in grado di dirgli che potrebbero cominciare ad esser
felici se solo potessero provarne.
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