Pellicola del 2006, pluripremiata in patria (ma anche da noi al Festival di Roma), esce sui nostri schermi solamente oggi (…perché?...impossibile fornire una risposta che abbia un senso…), ma questo “This is England” sarebbe potuto uscire in una qualunque data lungo l’arco di un “mezzo secolo” a partire dal 1983 nel quale è ambientata, mantenendo probabilmente invariata la sua valenza “sociale e culturale”…
Shane Meadow (Classe 1972) parte da elementi autobiografici (da ragazzo ha vissuto personalmente la realtà delle bande di strada e skinheads), sa quindi di cosa parla e per raccontarcelo sceglie un protagonista dodicenne, paffutello e sfacciato (un simpatico e molto bravo Thomas Turgoose, semplicemente perfetto per la sua parte), gli si incolla addosso e seguendolo si prende la briga di mostrarci un panorama molto ampio di quello che era (…è?...) il suo paese natale, avendo forse in mente di porre davanti ai nostri occhi quasi gli albori dell’Inghilterra odierna, percorsa dai primi forti risentimenti razzisti e che veniva profondamente “adulterata e contraffatta” dalla “Lady di Ferro”, spinta irreversibilmente verso i conflitti sociali ed economici che esploderanno “violenti e mutanti” nel presente di oggi…
Da un fitto affastellarsi di apparecchi sui denti e trucchi improbabili, birra e sigarette, tatuaggi e basettoni, “Dr.Martens” ed iniziazioni (…e persino un piccolo machete…), Meadow “sviluppa” una nitidissima fotografia d’insieme della sua “Isola”, ovvero dell’Impero piu’ antico ancora esistente al mondo, sempre piu’ scosso dai tumulti della globalizzazione e del progresso, forse poco visibili trent’anni fa ma impossibili da sottovalutare adesso.
Con precisa tempistica di regia e di racconto (Meadow è anche sceneggiatore della sua pellicola) ed un uso misurato ed intenso di “primissimi” piani, viene proposto un campionario di “differenti ma affini tipologie umane”, concatenate con equilibrio e pure sufficiente ironia, senza approfondirne davvero nessuna (a parte quelle di Combo/Stephen Graham e Shaun/Thomas Turgoose) ma avendo cura di regalare ad ognuna una sua precisa credibilità e naturalezza, evitando abilmente la trappola degli stereotipi ed anzi riuscendo a passare in rassegna “motivazioni e difficoltà differenti” che spesso arrivano allo stesso “disperato approdo”, pur partendo da posizioni a volte dissimili…
Piu’ che “mondi a confronto” sono “mondi che coesistono e mutano e si contaminano assieme” e Meadow non “isola niente”, tiene ben saldo il quadro generale e fa in modo che ai nostri occhi ed alla nostra mente sfugga ben poco di quanto tenta di mostrarci, sottotraccia ed in superficie….
Una sputo……..e una linea da valicare o non oltrepassare…
Uno sputo…….ed una stretta di mano che porta verso il mondo “nero” degli adulti…
Frustrazioni, rabbie e delusioni convogliano verso il “Nazionalismo degli impauriti che tacciano gli altri di vigliaccheria e spavento” in un conflitto etnico/sociale di inquietante ma purtroppo prevedibilissima attualità, datato solamente dall’affacciarsi di tanto in tanto della voce di Margaret Tatcher e dalle navi al largo delle Falkland (…altre guerre, uguali drammi…)
“This is England” a tratti pare seguire spensierato le “marachelle” delle bande di giovani al limitare della criminalità, le loro prove di “rabbia” mascherate da divertimento…
… poi quando torna dal carcere un giovane divenuto adulto, assetato di “carezze e voglia di comandare”, nel tempo di un racconto su di un budino rubato si dissolve il “rispetto” (…!…) ed emergono tensioni che non scompariranno piu’, ovvero il film si “appropria definitivamente del suo vero registro” ed alternerà fino alla fine una “densa leggerezza” contrapponendola alle tinte forti del colore della violenza e dell’esclusione sociale ed affettiva…
Nessuno è veramente colpevole….nessuno è veramente innocente…
La vita non consente, spesso, di stilare gli elenchi separati dei cattivi e i buoni….
…E mentre la “Croce di San Giorgio” inabissa il suo bianco e rosso tra le onde del mare, (laddove dovrebbero forse “annacquare” e confondere la loro identità tutte le bandiere del mondo…) si delinea con nettezza la falsità dell’assunto che recita “Gli uomini veri non piangono mai”, che certo potrà ben divenire vero a stretto giro di posta, forse nemmeno in capo a troppi anni, quando questi di lacrime ne avranno versate talmente in abbondanza da averle terminate…
Shane Meadow (Classe 1972) parte da elementi autobiografici (da ragazzo ha vissuto personalmente la realtà delle bande di strada e skinheads), sa quindi di cosa parla e per raccontarcelo sceglie un protagonista dodicenne, paffutello e sfacciato (un simpatico e molto bravo Thomas Turgoose, semplicemente perfetto per la sua parte), gli si incolla addosso e seguendolo si prende la briga di mostrarci un panorama molto ampio di quello che era (…è?...) il suo paese natale, avendo forse in mente di porre davanti ai nostri occhi quasi gli albori dell’Inghilterra odierna, percorsa dai primi forti risentimenti razzisti e che veniva profondamente “adulterata e contraffatta” dalla “Lady di Ferro”, spinta irreversibilmente verso i conflitti sociali ed economici che esploderanno “violenti e mutanti” nel presente di oggi…
Da un fitto affastellarsi di apparecchi sui denti e trucchi improbabili, birra e sigarette, tatuaggi e basettoni, “Dr.Martens” ed iniziazioni (…e persino un piccolo machete…), Meadow “sviluppa” una nitidissima fotografia d’insieme della sua “Isola”, ovvero dell’Impero piu’ antico ancora esistente al mondo, sempre piu’ scosso dai tumulti della globalizzazione e del progresso, forse poco visibili trent’anni fa ma impossibili da sottovalutare adesso.
Con precisa tempistica di regia e di racconto (Meadow è anche sceneggiatore della sua pellicola) ed un uso misurato ed intenso di “primissimi” piani, viene proposto un campionario di “differenti ma affini tipologie umane”, concatenate con equilibrio e pure sufficiente ironia, senza approfondirne davvero nessuna (a parte quelle di Combo/Stephen Graham e Shaun/Thomas Turgoose) ma avendo cura di regalare ad ognuna una sua precisa credibilità e naturalezza, evitando abilmente la trappola degli stereotipi ed anzi riuscendo a passare in rassegna “motivazioni e difficoltà differenti” che spesso arrivano allo stesso “disperato approdo”, pur partendo da posizioni a volte dissimili…
Piu’ che “mondi a confronto” sono “mondi che coesistono e mutano e si contaminano assieme” e Meadow non “isola niente”, tiene ben saldo il quadro generale e fa in modo che ai nostri occhi ed alla nostra mente sfugga ben poco di quanto tenta di mostrarci, sottotraccia ed in superficie….
Una sputo……..e una linea da valicare o non oltrepassare…
Uno sputo…….ed una stretta di mano che porta verso il mondo “nero” degli adulti…
Frustrazioni, rabbie e delusioni convogliano verso il “Nazionalismo degli impauriti che tacciano gli altri di vigliaccheria e spavento” in un conflitto etnico/sociale di inquietante ma purtroppo prevedibilissima attualità, datato solamente dall’affacciarsi di tanto in tanto della voce di Margaret Tatcher e dalle navi al largo delle Falkland (…altre guerre, uguali drammi…)
“This is England” a tratti pare seguire spensierato le “marachelle” delle bande di giovani al limitare della criminalità, le loro prove di “rabbia” mascherate da divertimento…
… poi quando torna dal carcere un giovane divenuto adulto, assetato di “carezze e voglia di comandare”, nel tempo di un racconto su di un budino rubato si dissolve il “rispetto” (…!…) ed emergono tensioni che non scompariranno piu’, ovvero il film si “appropria definitivamente del suo vero registro” ed alternerà fino alla fine una “densa leggerezza” contrapponendola alle tinte forti del colore della violenza e dell’esclusione sociale ed affettiva…
Nessuno è veramente colpevole….nessuno è veramente innocente…
La vita non consente, spesso, di stilare gli elenchi separati dei cattivi e i buoni….
…E mentre la “Croce di San Giorgio” inabissa il suo bianco e rosso tra le onde del mare, (laddove dovrebbero forse “annacquare” e confondere la loro identità tutte le bandiere del mondo…) si delinea con nettezza la falsità dell’assunto che recita “Gli uomini veri non piangono mai”, che certo potrà ben divenire vero a stretto giro di posta, forse nemmeno in capo a troppi anni, quando questi di lacrime ne avranno versate talmente in abbondanza da averle terminate…
FRANCO - 31 AGOSTO 2011
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