Saper “leggere le cose, le persone” o la vita non è qualcosa che tutti abbiano la capacità di fare o, quando ad esempio si tratta di cinema, di saper descrivere per immagini.
Sidney Lumet, regista ultra-ottantenne, mantiene vivo il suo tocco di “Re Mida” e trasforma in rappresentazione del più alto lignaggio la nera essenza della realtà.
“Onora il padre e la madre” raffigura con crudo cinismo misto ad una fattura squisitamente accurata quanto si cela dietro gli sguardi quotidiani che incrociamo ogni giorno per strada, l’anima “buia e cattiva” che potrebbe albergare nel basso ventre del nostro collega di ufficio, la premonizione della pugnalata alle spalle che potrebbe infliggerci il nostro migliore amico, nostro fratello o il “seme” stesso che ci ha generato.
Due fratelli, Andy (Seymour Hoffman) ed Hank (Ethan Hawke) navigano in brutte acque, sommersi da debiti e angustiati dalla vita; Andy, il più grande e scaltro dei due “inventa” un colpo “facile e veloce” per risollevare la grigia situazione ed incamerare denaro “pronto uso”, ma questo avrà delle ricadute dirette e drammatiche sui due anziani genitori. I motivi di tutto questo non stiamo a spiegarli per non rovinare la “scoperta” di questa pellicola a chi avesse voglia di vederla.
Tutto andrà storto, complici determinanti il fato e l’inettitudine del fratello minore, Hank, ed il precipitare degli eventi metterà a nudo tutta la malvagità che stazionava appena sotto pelle e che tra disprezzo e freddezza inghiottirà vite e destini in poche precipitanti giornate.
Lumet visita con il suo occhio elegante, lucido e spietato tutto il campionario delle piccole e grandi bassezze umane, leggendole attraverso la dissoluzione del nucleo affettivo ritenuto piu’ importante, la famiglia, che altro non è che “pura formalità anagrafica” se non poggia anch’essa su solide basi umane di amore, solidarietà e scambio quotidiano.
Il mondo è cattivo e talvolta non v’e’ alcun rifugio sicuro, neanche nell’apparente caldo abbraccio dei nostri genitori o figli.
“Onora il padre e la madre” smaschera la totale assenza di etica che senza troppi scrupoli spesso mettiamo in campo quando siamo pressati dalle ansie del denaro, ma cala anche il sipario su tutto quello che “esiste già prima”, accennando non troppo fugacemente a come il trascinarsi “debilitante” di vite mediocri non si risolva per puro caso in una “esplosione improvvisa” di rabbia o di follia ma abbia invece “radici” ben definite e spiegazioni, purtroppo, ben chiare e rintracciabili.
Tocco di classe e di gran gusto, attori superbi, sceneggiatura “secca” e penetrante, grande “flusso di continuità” lungo tutta la storia..... poche “scene madri”: ad esempio i grattacieli della città visti da Andy dietro l’occhio appannato e disfatto dalla droga ed i grandi immensi vetri di una “stanza” che vorrebbe essere “un accudente rifugio impossibile” e sarà invece l’inizio del “gorgo mortale” che porterà alla fine..... E’ forse questa l’immagine che meglio puo’ fungere da “istantanea” rappresentativa di questo film.
Attraverso una ricostruzione temporale a base di “flashback” e riproposizione degli stessi eventi da diverse angolazioni, la storia di questa non proprio tipica famiglia americana riesce ad esser paradigmatica di un vasto repertorio delle debolezze e delle bassezze umane, sicuramente toccando estremi “poco quotidiani” ma ricordandoci quanto vicina e labile possa esser la linea di confine che apre al territorio dell’inferno in terra.
“Spera solo di arrivare in paradiso mezz’ora prima che il diavolo si accorga che sei morto”, pare sia la “formula” completa di un brindisi irlandese dal quale prende spunto il titolo originale “Before the Devil Kwnos you’re dead”....e Lumet, dal “seggio” distaccato dei suoi tanti anni e della sua regia di lungo corso, chiudendo questo film con un finale che dell’umano e del perdono contiene il “nulla piu’ assoluto e ci precipita addosso come un macigno, sembra volerci dire proprio quanto possa esser deleterio il vivere senza orientarsi tra giusti valori, quanto tutto questo sia molto più “comune e diffuso” di quanto crediamo, di come dietro i volti che incrociamo tutti i giorni ci siano “agghiaccianti realtà” e che quando “tutto questo” precipita tempo per fuggire e nascondersi davvero non ce n’e’ per nessuno.
FRANCO – 22 MAGGIO 2008
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